Udienza generale del Papa. Nella Chiesa non c’è “serie A” e “serie B”

Perseveranza e consolazione: sono le due parole al centro dell’udienza, in cui il Papa ha spiegato che nella Chiesa non c’è una “serie A” e una “serie B”. 15mila i fedeli presenti

Nella Chiesa non c’è una “serie A” e una “serie B”, i forti contro i deboli. Perché la speranza cristiana si traduce in condivisione e in servizio reciproco, e si nutre di perseveranza e consolazione. Lo ha spiegato Papa Francesco, nella catechesi dell’udienza di oggi, iniziata con cinque bambini a bordo della jeep bianca scoperta – tre maschi e due femmine – e terminata con l’appello a vivere con fede le “24 Ore con il Signore”, il 23 e 24 marzo prossimo, quando le porte di tutte le chiese del mondo rimarranno aperte anche di notte per permettere a chiunque lo desideri di accedere al sacramento della riconciliazione. Infine, un “grazie” speciale ai direttori Migrantes, incoraggiati nel loro impegno per l’accoglienza e l’ospitalità di profughi e dei rifugiati: “Non dimenticate che il problema dei rifugiati e dei migranti è la tragedia più grande dopo la seconda guerra mondiale”.

La perseveranza è pazienza: è la capacità di sopportare, di portare sopra le proprie spalle, di rimanere fedeli anche quando il peso sembra diventare insostenibile, esordisce Francesco, che parte dalla lettera di San Paolo ai Romani per declinare la speranza cristiana a partire da due parole: perseveranza e consolazione. Il Dio della Bibbia, ricorda il Papa, è il Dio della perseveranza e della consolazione: non si stanca mai di amarci, di prendersi cura di noi, di ricoprire le nostre ferite con la carezza della sua bontà e della sua misericordia. “Seminare speranza ci vuole oggi, non è facile!”, esclama Francesco: nella comunità cristiana, come raccomanda San Paolo, i forti hanno il dovere di portare le fragilità dei deboli, dei più bisognosi, per consolarli e dare loro forza, ma senza autocompiacersi. Siamo seminatori di speranza solo quando diventiamo canali della grazia che riceviamo, a nostra volta, da Dio.

La Chiesa non è una comunità in cui alcuni sono di “serie A”, cioè i forti, e altri di “serie B”, cioè i deboli, ammonisce il Papa: perché anche chi è forte prima o poi si scopre debole e bisognoso del conforto degli altri, e chi è debole può sempre offrire un sorriso o una mano al fratello in difficoltà. È Gesù, per Francesco, il “fratello forte”, è lui che ci dà la fortezza, la pazienza, la speranza e la consolazione, che si prende cura di ognuno di noi. La nostra forza, la nostra speranza, si fonda non sulle nostre forze, ma sulla forza e la consolazione di Dio.

Non è mancato, nei saluti ai pellegrini di lingua inglese, un appello a “tutelare l’acqua come bene di tutti”, nella relativa Giornata mondiale istituita 25 anni fa dalle Nazioni Unite. Ai fedeli polacchi, Francesco ha citato una frase di san Giovanni Paolo II preziosa per questo tempo di Quaresima, nel momento in cui siamo chiamati in maniera speciale all’esame di coscienza e alla confessione dei nostri peccati: “Imparate a chiamare bianco il bianco, e nero il nero, male il male, e bene il bene. Imparate a chiamare peccato il peccato, e non chiamatelo liberazione e progresso”.