Monte San Giovanni: San Generoso nella nuova teca

Si sono concluse il 27 settembre a Monte San Giovanni le operazioni di ricognizione e consolidamento delle reliquie di San Generoso. Ed è stata un’occasione di festa per il paese, che nuovamente si è ritrovato nella chiesa parrocchiale, alla presenza del vescovo di Rieti mons. Delio Lucarelli, del vice cancelliere della Diocesi don Emmanuele Dell’Uomo D’Arme – incaricato di redigere i documenti del caso – e del parroco don Valerio Shango.

Il lavoro di conservazione dei resti mortali (affidati al chimico Nazareno Gabrielli) e la sistemazione nella nuova teca in cristallo antisfondamento (curata dal tecnico Lineo Tabarin), sono stati possibili grazie al contributo dei tanti fedeli. Una generosità che non solo testimonia la devozione verso il santo, ma per suo tramite tra i cittadini di Monte San Giovanni e il paese. È vero infatti che in tanti lavorano lontano, ma non per questo manca una solida rete di relazioni con la terra d’origine e la disponibilità a tornare spesso “a casa”.

Negli aspetti della fede e della pietà popolare, dunque,si possono cogliere anche importanti segnali di identità, oltre che di solidarietà tra le famiglie e le generazioni. Ed infatti a margine della cerimonia – che ha previsto momenti di preghiera e riflessione al fianco degli aspetti più tecnici – è emersa anche l’idea di dotare il Comune di un piccolo museo, che proprio partendo dai materiali disponibili su san Generoso possa raccontare come questi s’intrecciano con la storia del paese. Il legame con il santo, infatti, risale agli anni compresi tra il 1600 e il 1700, duranti i quali veniva invocato per protezione dalle pestilenze.

Ma Generoso ha una storia più antica: il lavoro di ricognizione ha permesso anche la datazione delle ossa, eseguita con la tecnica del radiocarbonio dal dipartimento di Fisica dell’Università di Torino. Secondo gli specialisti, l’uomo ha vissuto con tutta probabilità tra il 125 e il 245 dopo Cristo. «Quasi certamente – ha spiegato il vescovo ai presenti – è uno dei tanti martiri che nei secoli sono stati prelevati dalle catacombe romane per essere inclusi nelle nuove chiese».

«Quale che sia la sua storia – ha aggiunto don Valerio – del santo oggi conta soprattutto il suo essere portatore dei valori positivi che abbiamo vissuto durante tutto il processo di ricognizione: la fede in Cristo, l’amore, la comprensione del prossimo, la generosità con tutti e soprattutto con i bisognosi. In questo senso – ha aggiunto il parroco – il lavoro di consolidamento non ha solo una profilo tecnico o estetico: si è trattato di soprattutto di conservare quello che è un segno di speranza e di bontà, affinché possa essere affidato alle nuove generazioni per traghettare il paese verso un futuro migliore».