Monsignor Galantino all’Azione Cattolica: “pastorale missionaria” e “profezia”

“Passare da una pastorale di semplice conservazione a una pastorale decisamente missionaria”; tenere viva la passione per la Chiesa “fino a farla diventare profezia”. Sono alcune delle sollecitazioni proposte questa mattina all‘Azione Cattolica dal segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, intervenuto al convegno nazionale degli assistenti di Ac in corso a Roma da lunedì scorso (e che si concluderà domani). Chiamato a parlare della “passione per la Chiesa”, Galantino ha ripreso alcuni passaggi di quanto Papa Francesco disse lo scorso maggio all‘Assemblea generale della Cei. In particolare, “il ‘senso di fede e di Chiesa‘, il ‘polso per individuare le strade giuste‘, un senso di sana ‘corresponsabilità laicale‘ – ha rimarcato – sono elementi che appartengono al Dna dell‘Associazione”. La “pastorale missionaria”, al riguardo, viene indicata dal Papa per superare quella “stanchezza esistenziale profonda” che abita nelle persone. “È una proposta esigente – ha evidenziato il segretario generale della Cei -, che domanda quella fiducia del cuore e della mente che impedisce di lasciarsi prendere da un ‘pessimismo sterile‘”, “domanda di saper riconoscere come anche nei deserti della società ci siano molti segni della ‘sete di Dio‘”. E il laico è chiamato a impegnarsi in prima persona, superando quella “mentalità clericale” per la quale si considera “promosso quando riesce a svolgere un servizio analogo a quello del prete”.

Galantino ha quindi chiesto di “tenere viva la passione per la Chiesa, assumendola come caratteristica dell‘azione e della presenza profetiche dell‘Azione Cattolica fino a farla diventare ‘profezia‘”. “Quando è vissuta così l‘appartenenza all‘Ac – ha aggiunto -, essa contribuisce, con il suo carattere di popolarità, alla vita delle Chiese locali e a quella della Chiesa italiana, portando il valore aggiunto di un laicato associato che sa essere se stesso secondo il dono ricevuto nella piena corresponsabilità con i Pastori, nello spirito del Concilio Vaticano II”; un‘Ac “capace di sintonizzarsi pienamente con il cammino della Chiesa e di stare evangelicamente con la gente, nella piena disponibilità all‘incontro con tutti”. Ma “la capacità di essere veramente popolari e corresponsabili non s‘improvvisa”, “richiede un tirocinio spirituale e culturale costante e percorsi formativi adeguati, come nella tradizione dell‘Azione cattolica”. “Un‘Azione cattolica animata da una sana passione ecclesiale – ha concluso – permetterà alle persone di oggi di sperimentare la bellezza della vita cristiana; sarà un‘Ac capace di parlare della vita nella prospettiva della fede, ma sapendo pronunciare sulla vita parole intense, vere, capaci di dare respiro e di invitare a pensare”.

“Quello che il Papa sta dicendo e facendo sta creando una divisione o sarebbe meglio dire sta mettendo chiarezza. Davanti alla chiarezza e alla immediatezza di quello che ci sta dicendo è necessario dire da che parte si sta”. Lo ha detto questa mattina il segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, nel corso del convegno nazionale assistenti di Azione Cattolica in corso a Roma, sul tema “Le passioni dell‘Azione Cattolica”. Davanti alle parole di Papa Francesco “atteggiamenti ondivaghi non sono possibili”. Secondo il segretario della Cei, “c‘è un grosso magma attualmente nella Chiesa che sta aspettando dove posizionarsi. Quando preghiamo, se siamo persone serie, poniamoci la domanda: da che parte stiamo? Chi aspetta che passi la nottata mostra di non avere passione per la Chiesa”.

La passione per la Chiesa, ha poi spiegato in una dichiarazione resa al Sir a margine dell‘intervento, “non può essere trasmessa in modo accademico, non si acquista in negozio, ma è frutto di partecipazione, di consapevolezza, di incontro con persone – nel nostro caso anche con Cristo – e con realtà dalle quale ci si sente presi. Chi non si sente preso da Cristo e dal suo messaggio e dalla voglia di far arrivare agli altri questo messaggio difficilmente avrà la passione. Non si diventa appassionati per decreto”. La passione “è un volano che ci spinge ad uscire verso le periferie. Uscita che va declinata nella disponibilità a non farsi irretire dagli schemi e dal dire ‘si è sempre fatto così‘. Uscire significa anche aprire gli occhi sulla realtà che mi sta di fronte che non è solo destinataria del mio insegnamento ma anche maestra per la mia vita”.