Mons Pompili: la devozione antoniana «non sia solo memoria, ma anche profezia scomoda»

«Il profeta, a differenza del venditore di sogni, è esigente. La sua è una parola che non tollera compromessi, esige scelte chiare e, qualche volta, perfino divisive». Con queste parole il vescovo Domenico è entrato nelle pieghe del testo evangelico durante la celebrazione del mattino, in san Francesco, in occasione del giorno culminante del Giugno antoniano.

In attesa della grande processione dei ceri, mons Pompili ha colto i tratti del profeta nella figura di sant’Antonio, che «non fu sempre accolto dai suoi contemporanei perché parlava chiaro sulle questioni spinose del suo tempo».

Un esempio da imitare perché la fede esige «uno sguardo che non fa sconti, sia che si tratti di difendere la vita innocente di Charlie sia che si tratti di farsi carico degli immigrati». Un cammino che può essere ruvido, e che tuttavia è l’unico che «conduce alla vera libertà». Per questo, proprio mentre la festa giunge al suo culmine, il vescovo ha richiamato a far sì che la devozione antoniana «non sia solo una memoria, ma anche una profezia scomoda».

In compito affidato ai fedeli, ma anche alla comunità francescana inter-obbedienziale che da ottobre verrà a vivere a Rieti e alla quale don Domenico ha affidato la custodia della chiesa di San Francesco («per tutto l’anno, non solo a giugno»), sempre affiancata dalla Pia Unione.