#Me/We, il vescovo ai giovani: «Dio si conosce con i sensi»

Ragionando insieme ai ragazzi del Meeting di Greccio su come si arriva a conoscere Dio, il vescovo Domenico ha intrecciato un frammento del Prologo del Vangelo di Giovanni e i versi del poeta e pittore inglese William Blake: «Se le porte della percezione fossero purificate, ogni cosa apparirebbe agli uomini come realmente è: infinita».

«Le porte della percezione sono i nostri sensi e in questo frammento che abbiamo ascoltato si allude chiaramente ad almeno tre di questi sensi» ha spiegato don Domenico. Nel testo sono infatti evocati «gli occhi, le orecchie e le mani».

Gli occhi, la vista, sono «la porta della percezione di base, quella che ci sembra più congeniale. La vista sembra essere il senso più forte perché ci dà l’ebrezza di dominare le cose e anche le persone. Banalmente, quando passa una bella ragazza o un bel ragazzo “gli facciamo i raggi X”: è un modo attraverso la vista di prendere, dominare». Ma è ingenuo credere che questo sia sufficiente per conoscere: «molte volte ci rendiamo conto che si può guardare senza mai veramente vedere. Cioè senza accorgersi dell’altro. Non basta quello che si imprime nella nostra retina: occorre un’altra porta della percezione».

Ed è quello che indica il testo di Giovanni passando dagli occhi alle orecchie: «si fa riferimento all’udire che, sembra un senso passivo, un po’ debole, in qualche modo remissivo», in realtà «ascoltare è perfino più efficace di vedere. Quando io vedo – ha detto il vescovo – sono io che entro dentro la realtà; quando ascolto è la realtà che entra dentro di me. Ascoltare perciò è qualcosa di ancora più decisivo, radicale. Allenarsi ad ascoltare significa cogliere quello che non è visibile dell’altro, come quando ci capita di parlare al telefono con la persona che amiamo e ci si fa subito chiaro come sta, cosa sente, qual è il suo umore: non la si vede e tuttavia la si ascolta e non si sbaglia».

La terza “porta della percezione” che si applica anche a Dio è il tatto. «Voi siete una generazione touch» ha ricordato don Domenico. «Il tatto, fin qui è sempre stato un senso negletto, considerato minore. Invece è il senso del legame, che coincide con il corpo e in qualche modo implica la reciprocità: non puoi toccare senza essere al tempo stesso toccato. Puoi vedere senza essere visto, puoi udire facendo più o meno finta di ascoltare, ma non puoi toccare senza essere al tempo stesso toccato. Toccare Dio significa in qualche modo farsi toccare da Lui, esporsi a Lui».

Una dimensione che a Natale è più facile da credere e capire: «è vero che la volpe ne “Il piccolo Principe” di Antoine de Saint-Exupery dice che “l’essenziale è invisibile agli occhi”, ma a Natale ci si rende conto che l’essenziale si è fatto visibile, e possiamo toccarlo e lasciarci toccare».

Il punto è tutto nel capire se le porte della nostra percezione sono più o meno spalancate: «la gioia è possibile quando siamo in comunione con Dio e con gli altri. Me/We significa che il “Me” da solo non sta in piedi, così come il “We” senza “Me” non è seriamente fondato».

Foto Samuele Paolucci.