La meditazione del vescovo ai vespri: una liturgia viva se ci fa sentire che Dio ci ama

Ha ripreso la meditazione già avviata alla Messa del mattino in Duomo, il vescovo Domenico, nel commentare, durante la preghiera del vespro, un’altra volta il brano giovanneo che contiene il dialogo tra Gesù e la samaritana in merito al tema del tempio.Ha preso spunto da questa diatriba per richiamare una questione che ancora ai giorni nostri impegna spesso il dibattito interno alla comunità cristiana, che anziché preoccuparsi di “adorare Dio in spirito e verità” perde tempo dietro a questioni tutte umane: «Anche noi spesso in nome della liturgia ci dividiamo tra ‘rubricisti’ attenti alle virgole e ‘fantasisti’ che riducono la Messa ad uno show. In entrambi i casi l’attenzione è posta su quello che facciamo noi. E non su quello che Dio fa se lo lasciamo agire. Ma che significa incontrare Dio insieme? E a che serve una chiesa, visto che oggi ricordiamo la dedicazione della nostra chiesa-madre che è la Cattedrale?». Monsignor Pompili ha ricordato come «la chiesa moderna si è cimentata dall’inizio del ‘900 con tale questione, se è vero che Pio X dispose un riordino della musica sacra e il ripristino celebrativo della domenica perché avvertiva che il popolo si stava allontanando da Dio. E si mostrò consapevole che una tale riforma avrebbe avuto bisogno di tempo e di pazienza, aggiungendo che “è necessario che passino molti anni, prima che questo, per così dire, edificio liturgico (…) riappaia di nuovo splendente nella sua dignità e armonia, una volta che sia stato come ripulito dallo squallore dell’invecchiamento”. Il Concilio raccolse questa intuizione e la rilanciò con la lingua in volgare e la riforma dei libri liturgici, ma se ci dividiamo ancora tra rubricisti e fantasisti è perché lo spirito della liturgia non è ancora acquisito».Il celebrare “in spirito e verità” spinge a una liturgia viva. E per essere tale, lo è, ha precisato il vescovo, «anzitutto in ragione della presenza di Cristo. “Come senza battito cardiaco non c’è vita umana, così senza il cuore pulsante di Cristo non esiste azione liturgica”, ha detto papa Francesco di recente. Ecco il punto: solo se c’è Cristo morto e risorto accade di incontrare Dio e di incontrarci tra di noi. Per essere viva la liturgia deve essere popolare e non clericale, ha aggiunto Francesco. Oltre che azione di Dio è azione del popolo e per il popolo. Dunque, non deve essere appannaggio esclusivo dell’uno o dell’altro, del prete o del coro, dei ragazzi o degli anziani, ma di tutti, in modo da favorire una partecipazione consapevole, vera ed attiva. Infine per essere viva la liturgia deve essere non un’idea da capire, una lunga spiegazione da introdurre o delle monizioni da fare». In conclusione, il nostro modo di concepire e vivere la liturgia deve spingerci a un esame di coscienza: «Un conto è dire che Dio esiste e un conto è sentire che Dio ci ama. E questo accade quando i riti e le preghiere ci aiutano a percepire la bellezza, la profondità e la forza della sua Parola. Nel giorno della Dedicazione della Cattedrale a che punto siamo?».