Macron visto da Sylvie Goulard: “Il coraggio di scegliere il bene della Francia e di rilanciare l’Europa”

L’Europarlamentare, esperta di temi economici e sociali, è stata uno dei pilastri del movimento “En Marche!”, fondato solo un anno fa dal neo eletto presidente della Repubblica. Per il Sir ne elenca alcune decisive scelte politiche e segnala tre sfide imminenti: ricostruire l’unità del Paese, creare posti di lavoro, cambiare – in meglio – l’Unione europea

Macron batte Le Pen: la Francia può essere un esempio contro il populismo? “Io credo che la Francia non debba dare lezioni ad altri Paesi. Semmai vedo in questa vittoria un successo costruito con pazienza e tanto coraggio. Il coraggio di Emmanuel Macron”. Sylvie Goulard, europarlamentare dal 2009, economista e saggista, ha un profilo politico e professionale pienamente “europeista”. È stata consulente politica di Prodi alla Commissione europea, ha a lungo collaborato con Mario Monti. A Parigi come a Bruxelles è stimata per il suo impegno sui temi economici e sociali. È stata relatrice all’ultima plenaria della Comece (Commissione degli episcopati della Comunità europea). Al Parlamento Ue siede tra i banchi dei Liberaldemocratici in rappresentanza del movimento liberal-sociale “En Marche!” fondato dal neo eletto inquilino dell’Eliseo.

Dicevamo del coraggio di Macron…
Il curriculum di Macron mostra una grande carriera professionale e poi l’approdo alla politica. È stato ministro dell’Economia, carica che ha lasciato per creare dal nulla, un anno fa, il movimento “En Marche!”, che ha posto fine al gioco destra-sinistra che per lunghi anni ha caratterizzato la politica francese.

La sua è stata una scelta rischiosa, indirizzata però al bene comune. Una decisione che oggi, finalmente, possiamo dire vincente.

Basta il coraggio per cambiare il corso della politica?
Certamente no. Quello è necessario, ma occorre anche una squadra motivata e preparata. E poi è necessario saper coinvolgere le persone. Vede, girando la Francia per la campagna elettorale, attorno a “En Marche!” ho trovato davvero tanta gente preparata, appassionata della politica, seria, che ha realizzato un grande lavoro di squadra.

La serietà della proposta: un elemento di originalità in una campagna tante volte superficiale, gridata, carica di slogan apparentemente vuoti.
La serietà va intesa come analisi dei problemi, comprensione della realtà, rigore nel definire programmi, volontà di spiegare le proprie scelte agli elettori. Significa, talvolta, andare controcorrente, segnalando alle persone i nodi che devono essere sciolti e gli eventuali sacrifici per vincere le sfide che troviamo dinanzi.

Le sfide, appunto. Quali sono le principali che Macron deve subito affrontare? Le piazze scalpitano, gli elettori pretendono risposte.
La prima sfida è quella di ricomporre il Paese. Veniamo da una campagna violenta nei termini, brutale, sopra le righe. Il Front National, pur di vincere, ha raccontato tante bugie, voleva dividere i francesi con un messaggio negativo, distruttivo, a partire dalla distruzione dell’Europa.

Ora serve una politica che sia in grado di restituire unità di intenti al nostro Paese.

La seconda frontiera è il lavoro: perché – è inutile negarlo – ci sono tanti disoccupati, fra cui tanti giovani. Molta gente ha perso la speranza. Nel voto alla Le Pen c’è anche questo disagio che si esprime in un voto radicale. Invece occorre dare risposte concrete sul piano economico e occupazionale. La terza sfida è l’Europa.

In che senso?
L’Unione europea è un orizzonte necessario, che però va ripensato e rilanciato, per il bene dei nostri stessi Paesi. Qui occorre un’azione concertata con i nostri partner, a partire dalla Germania. E anche l’Italia ha un ruolo essenziale, nella speranza che il governo resti nelle mani di chi crede all’Europa. Osserverei, fra l’altro, che proprio la negazione dell’Europa ha avuto un peso determinante nella sconfitta di gollisti e socialisti, che hanno un po’ rincorso i populisti, senza considerare che proprio i populisti hanno un atteggiamento sempre e comunque più radicale e anti-Ue.

Insomma, si può fare una buona politica e si possono vincere le elezioni senza rinnegare la propria fede europeista?
Io ho sostenuto Macron anche per la sua volontà di dire la verità sull’Europa, che è un progetto di pace e di crescita nella solidarietà. Negli anni della crisi l’euro ci ha protetto da disastri ben peggiori. E l’Ue è il livello di governance adatto per fronteggiare gli scenari e i competitori mondiali. C’è chi, come Le Pen, Mélenchon, Farage, vuol distruggere l’Unione: ma con quali risultati?

Noi riteniamo invece che essa possa far parte delle risposte ai problemi attuali. Si tratta semmai di riformarla e di renderla efficace.

Dalle elezioni in Austria e nei Paesi Bassi e, ora, Francia, sono giunti messaggi positivi. Un buon segnale per il futuro?
Fra le diverse crisi da affrontare e il Brexit, oggi abbiamo in effetti elementi nuovi su cui continuare a costruire il futuro dei Paesi europei e, insieme, quello dell’Europa, comunità di destino. Occorrerà anche trovare strade nuove e domandarsi: cosa sono pronto a fare io per l’Europa, per essere più forti insieme? È una sfida collettiva e, al contempo, un messaggio alle giovani generazioni. L’Europa, del resto, si può apprezzare anche con la gioia: serietà e gioia, di pari passo. Non a caso l’emblema dell’Ue è l’“Inno alla gioia” di Beethoven.