L’occhio del Papa sulla comunità francescana interobbedienziale di Rieti. Bergoglio: «Senza misericordia non c’è né fraternità, né minorità»

Non è sfuggita all’attenzione di papa Francesco la comunità francescana interobbedienziale avviata lo scorso 4 ottobre a Rieti. Incontrando 400 membri delle Famiglie Francescane del Primo Ordine e del Terzo Ordine Regolare, che lo scorso 23 novembre hanno affollato la Sala Clementina nel Palazzo apostolico, il Pontefice vi ha fatto esplicito riferimento elogiando le strutture francescane ad Assisi e nella nostra diocesi.

«Senza misericordia – ha sottolineato Bergoglio – non c’è né fraternità, né minorità», ricordando ai frati che «mentre la giustizia vi porterà a riconoscere i diritti di ciascuno, la carità trascende questi diritti e vi chiama alla comunione fraterna, perché non sono i diritti che voi amate, ma i fratelli, che dovete accogliere con rispetto, comprensione e misericordia: i fratelli sono importanti, non le strutture».

Dal Papa è dunque giunto l’invito ad essere minori tra i minori, ad «aprire i cuori e abbracciate i lebbrosi del nostro tempo», che sono gli uomini e le donne che vivono per le nostre strade, nei parchi o nelle stazioni, i disoccupati, i malati senza cure adeguate, le donne maltrattate, i migranti e ricordando, inoltre, che se per san Francesco di Assisi la creazione è come una sorella e una madre, «oggi questa sorella e madre si ribella perché si sente maltrattata».

Tante indicazioni che saranno senz’altro utili ai tre religiosi che dai primi giorni di dicembre inizieranno ad abitare le stanze di palazzo San Rufo e ad entrare nel vivo della vita della città. A loro il vescovo Domenico ha affidato la cura della chiesa di San Francesco, in collaborazione con la Pia Unione di Sant’Antonio di Padova, ma una così particolare compresenza delle tre famiglie francescane (minori, conventuali e cappuccini) è un altro evidente tassello della riscoperta della cifra spirituale del “Francesco di Rieti”. Un mosaico che in questi giorni vede un altra tessera prendere posto, il progetto della “Valle del Primo Presepe”, ormai ai nastri di partenza.

E rivolgendosi ai religiosi, lo stesso Bergoglio è sembrato fare riferimento al nucleo più profondo e originario della lezione del Poverello. Spiegando la «minorità» dei frati, ha ricordato come per Francesco «l’uomo non ha nulla di suo se non il proprio peccato, e vale quanto vale davanti a Dio e nulla più», mettendo così i religiosi in guardia dall’orgoglio spirituale, dall’«orgoglio farisaico: è la peggiore delle mondanità». La minorità, ha proseguito il Pontefice, «è luogo di incontro con i fratelli e con tutti gli uomini e le donne», e si vive «prima di tutto nella relazione con i fratelli che il Signore ci ha donato», evitando «qualsiasi comportamento di superiorità». Che poi vuol dire «sradicare i giudizi facili sugli altri e il parlare male dei fratelli alle loro spalle […]; rigettare la tentazione di usare l’autorità per sottomettere gli altri; evitare di “far pagare” i favori che facciamo agli altri mentre quelli degli altri a noi li consideriamo dovuti; allontanare da noi l’ira e il turbamento per il peccato del fratello».

Secondo papa Francesco «è opportuno che ognuno faccia l’esame di coscienza sul proprio stile di vita: sulle spese, sul vestire, su quello che considera necessario, sulla propria dedizione agli altri, sul fuggire dello spirito di curare troppo stessi, anche la propria fraternità. E, per favore, quando fate qualche attività per i “più piccoli”, gli esclusi e gli ultimi, non fatelo mai da un piedistallo di superiorità. Pensate piuttosto che tutto quello che fate per loro è un modo di restituire ciò che gratuitamente avete ricevuto».

«La minorità – ha rimarcato Jorge Mario Bergoglio – va anche vissuta in relazione a tutti gli uomini e le donne con cui vi incontrate nel vostro andare per il mondo, evitando con la massima cura ogni atteggiamento di superiorità che vi possa allontanare dagli altri», ha detto il Papa, ricordando una frase di san Francesco: «Si guardino i frati, ovunque saranno…, di non appropriarsi di alcun luogo e di non contenderlo ad alcuno. E chiunque verrà da loro, amico o avversario, ladro o brigante, sia ricevuto con bontà». E anche: «E devono essere lieti quando vivono tra persone di poco conto e disprezzate, tra poveri e deboli, tra infermi e lebbrosi, e tra i mendicanti lungo la strada». Una lezione per tutti, non solo per i frati.