“Lo scrigno”: il nuovo libro di padre Renzo Cocchi

La vena artistica che contraddistingue padre Renzo Cocchi, il frate minore che da qualche anno è guardiano del santuario di Poggio Bustone, è ormai nota da tempo. Soltanto pochi mesi fa, nella cornice dell’Ottobre francescano reatino, la chiesa di San Francesco aveva fatto da sfondo alla messa in scena di un recital, Francesco e i suoi frati, scritto, diretto e interpretato proprio dal religioso: un piccolo viaggio nella vita del santo, a partire dalla sua conversione fino all’incontro con «sorella morte», che si soffermava principalmente sulle tappe della sua esperienza nella valle reatina.

Più di recente padre Renzo si è dato al racconto breve e dalla sua ispirazione è nato Lo scrigno, recentemente pubblicato e presentato, il 19 marzo, presso la parrocchia cittadina di Santa Maria Madre della Chiesa (quartiere Micioccoli). Anche stavolta il fuoco dell’attenzione di Cocchi è il viaggio, in senso letterale e come itinerario esistenziale, e anche in questa circostanza Francesco d’Assisi rivive nella scrittura, tesa e sobria allo stesso tempo, di uno dei suoi discepoli del tempo presente.

Il protagonista, però, non è il Poverello, bensì il giovane Sándor, il figlio di un servo che, per aver interpretato correttamente il sogno profetico del suo re, Ianos III, e aver così posto fine al flagello che tormentava il suo regno, diventa una sorta di figlio adottivo per quest’ultimo, che lo destina a diventare primo cavaliere e suo consigliere. Prima, però, Sándor deve adempiere, per conto del
suo signore, il voto di compiere un pellegrinaggio pellegrinaggio alla volta del santuario di San Michele al Gargano, e deve farlo non già da cavaliere armato di tutto punto, ma come umile
penitente. Lungo il cammino Sándor incontra un altro pellegrino, di nome Francesco, a sua volta diretto al santuario e il viaggio comune diventa l’occasione per apprendere molto sulla speranza, sulla fede, sull’umiltà e sulla vera libertà. La lettura che dom Petrus, monaco della fondazione pugliese intitolata all’arcangelo, darà dello scrigno inviatogli in dono per suo tramite da Ianos aprirà ulteriormente gli occhi al ragazzo sul significato autentico della vita e sull’impossibilità di viverla pienamente se non percorrendo la strada che il Signore traccia per ogni uomo.

Il libretto di frate Renzo si legge tutto d’un fiato e appassionerà il lettore attratto dal medievalismo letterario. I più raffinati non potranno fare a meno di vedere fedelmente riflesso nel racconto un dato autentico dell’immaginario medievale: quello per cui la regalità umana trova il proprio modello in quella divina. Senza svelare troppi particolari di questa storia ambientata a cavallo tra il XII
e il XIII secolo, basti dire che l’amore del re Ianos per Sándor è esplicitamente interpretato come un riverbero dell’amore divino e tale accostamento Cocchi può operarlo in modo storicamente credibile, prima ancora che letterariamente accattivante, proprio perché nell’età di mezzo (e per molto tempo anche dopo) al sovrano si è costantemente guardato come a un’imago Dei.

Non a caso, nel secondo capitolo del racconto, Sándor, di ritorno da una missione, saluta il monarca, che lo attende nella sala del trono, con le stupende parole del Salmo 20: «O Dio, il re gioisce della tua potenza quanto esulta per la tua salvezza!»