Legalità è futuro e ricostruzione, soprattutto per i giovani. Intervista al generale Pellegrini

Un incontro molto interessante, che segue un appuntamento precedente del 3 marzo: è quello che lo scorso lunedì ha visto il generale dei Carabinieri Angiolo Pellegrini insieme agli studenti del “Celestino Rosatelli” di Rieti per una giornata dedicata al suo libro Noi, gli uomini di Falcone durante il “Maggio dei Libri” promosso dall’istituto.

«Due mesi fa ho raccontato ai ragazzi le ragioni per cui ho scritto questo volume – ci spiega il generale – ho narrato gli episodi importanti, ricordato le vittime della mafia, coloro che immolarono la propria vita per migliorare la nazione. Sono tornato perché i ragazzi hanno espresso il desiderio di vederci ancora, e hanno preparato una bellissima manifestazione in cui hanno percorso tutto il libro con i loro commenti, le loro impressioni. Una cosa positiva, eccezionale, anche perché per tutta la vita rimarrà loro il ricordo di quanto hanno vissuto a scuola. Insieme alla consapevolezza che nelle loro mani è riposto il futuro del Paese».

Cosa ricorda degli anni dell’antimafia?

Tante cose. Ho vissuto per circa vent’anni nei reparti antimafia. Prima in Calabria, poi a Palermo, poi di nuovo in Calabria. Ricordo soprattutto – e mi fa commuovere – gli amici, le persone con cui ho condiviso la giornata. Troppi sono stati uccisi solo per il fatto di fare il proprio dovere. Sono le cose che racconto nel mio libro. Siamo oltre l’ottantesima presentazione e non mi fermerò. È importante che nelle scuole queste cose si sappiano.

C’è anche il tema controverso de rapporto tra la mafia e la religione…

È vero. Se pensa che, quando è stato arrestato Michele Greco, aveva la bibbia sul comodino… Ci fu un mafioso del quale la moglie, quando fu ucciso, disse che era «la mano di Dio», che era la mano armata del Padreterno perché puniva gli infami. Ci sono queste deviazioni che forse servono soltanto a giustificare l’eccessiva crudeltà dei delitti che si commettono e a mitigare in qualche modo il rimorso che penso tutti abbiano.

Siamo in un’area terremotata e guardiamo alla ricostruzione. Una fase che sappiamo essere guardata con interesse dalla criminalità organizzata. Come si fa a difendere la legalità?

Il rimedio sta a monte. Ai ragazzi dico che, compiuti i diciotto anni, non hanno bisogno di andare nelle piazze a protestare o a organizzare rivoluzioni. Hanno una forza, qualcosa di cui non ci si rende conto: la crocetta che si mette nelle cabine elettorali. Va messa per bene. Poi ci vuole tanta attenzione da parte della politica, ci vuole tanta attenzione da parte degli amministratori, ci vuole una grande attenzione da parte delle forze di polizia. Perché dove ci sono i soldi è come se ci fosse lo zuccherino per le organizzazioni criminali.