Lavoro, il Vescovo: «È necessario un colpo di reni»

«Sono state proposte diverse sollecitazioni in questa veglia di preghiera. Noi sentiamo la necessità di avere dall’alto una forza che da soli forse non riusciamo ad avere: la forza di Dio, la forza dello spirito»

Sono le parole che il vescovo di Rieti, mons. Delio Lucarelli, ha rivolto ai lavoratori, ai sindacati, ai politici e ai rappresentanti delle realtà ecclesiali che hanno partecipato alla veglia di preghiera sul tema “Nella speranza, la dignità del pane” organizzata dall’Ufficio diocesano Problemi Sociali e Lavoro in vista del Primo Maggio. Un modo per stringere le fila delle realtà in crisi sul territorio, ma senza escludere dallo sguardo altri drammi del nostro tempo.

«Viviamo questo momento con atteggiamento di fede» ha esortato il vescovo. «C’è bisogno di parole di conforto per molti. Per qualcuno in maniera quasi esasperata. Noi sappiamo di poter fare ben poco. Qualche industria sta riprendendo. Altri hanno mollato. Ma io credo fortemente che il Signore ci guardi con benevolenza in questa sera. Qualcuno dirà: “non mi interessa”. Ma il Signore sa trovare delle soluzioni, talvolta imprevedibili. Quando la sua forza illumina, giungono risultati importanti».

«Abbiamo sentito le parole dei papi» ha aggiunto il presule. «Hanno parlato di questa realtà del mondo del lavoro. Oggi è una realtà sofferta: non solo qui da noi. Un po’ tutta l’Italia risente di questa precarietà. Ma ci sono territori illuminati che cercano di giocare qualche nuova carta per ostacolare la desolazione che stiamo soffrendo in questo momento».

«A dare la spinta – ha sottolineato il vescovo – talvolta sono ragazzi coraggiosi: persone guidate da un grande spirito di solidarietà, che ci fanno scoprire delle potenzialità. Anche se spesso siamo portati a pensare che le realtà giovanili siano superficiali, incapaci di ottenere qualche cosa di bene. Ma molti giovani hanno una grande carica interiore, tante capacità che condivise potrebbero davvero cambiare la realtà sociale».

«Noi speriamo che anche tra i nostri giovani possa arrivare qualcuno capace di esprimere scelte di vita importanti. Ma è un compito che spetta ad ognuno: quello di farsi vicini, di portare sollievo in tutte quelle realtà che ci fanno soffrire. Spetta anche ai nostri politici. Possano sentire l’importanza di pensare, escogitare, indicare delle soluzioni: ci vuole una solida capacità riflessiva».

Il vescovo ha rivolto il pensiero anche alle parole di Papa Francesco sulla differenza di salario tra uomini e donne: «non è giusto per la donna che svolge lo stesso lavoro dell’uomo riceve una paga “discriminante”. È necessario rimuovere queste incongruenze che toccano la nostra società italiana».

«Dal nostro piccolo possiamo fare poco – ha concluso mons. Lucarelli – ma ci sentiamo comunque coinvolti in questo progetto di rinnovamento. È necessario come un colpo di reni, un qualcosa che sospinga a pensare in grande, ma insieme dobbiamo pensare che ognuno nel suo piccolo può seminare speranza».

One thought on “Lavoro, il Vescovo: «È necessario un colpo di reni»”

  1. Maria Laura petrongari

    Una speranza? Un grande condominio: la Chiesa.
    Sono convinta che qualsiasi problema di sofferenza sulla carne e nella dignità di una persona prossima o lontana (che poi tale non è mai in modo assoluto) si riconduce all’egoismo, all’invidia, alla avidità e non di chissà quali entità sovranazionali, ma dei singoli individui ciascuno dotato di un nome e di un cognome. Molto i “formatori” e gli “educatori”(soprattutto il grande laicato orante ed operante), nella Chiesa possono fare sul questo fronte: creare una esperienza formativa permanente condivisa personalmente alla quale invitare noi tutti cristiani battezzati (parlo anche per il nostro territorio diocesano) ad agire nel quotidiano in coerenza con i valori ed i proclami in cui si afferma di credere .E cercare tutti insieme strade ed esperienze pratiche, realistiche, fattibili per aiutarsi a vicenda a risalire la china in qualsiasi campo ciò sia necessario fare. Sento ad esempio spesso parlare da parte di battezzati di insofferenza grave verso gli sfollati o fastidiosi bisognosi ecc.ecc. E’ un atteggiamento sicuramente emotivo : sarebbe grave se fosse la voce della nostra coscienza!!!E’ perchè siamo tutti stanchi e delusi per tante ragioni.E’ facile per chiunque di noi scivolare , allontanarsi da una pratica del soccorso, adi atenzione solidale, di autentica fratellanza che non sia atteggiamento di miserevole elemosina elargita come il ricco epulone gettava gli avanzi della sua tavola ai cani affamati. I bisogni delle persone sono i più disparati e vanno dalla solitudine non solo dei vecchi e dei malati ma anche dei coniugi abbandonati, dei bambini con genitori separati, dei disoccupati, dei ragazzi trascurati dagli adulti ecc ecc.C’è bisogno di progettualità larga e concreta e perciò bisognerebbe fare appello ai “sapienti” laici, ai sedicenti cattolici praticanti assidui frequentatori di sagrestie, processioni e associazionismi vari anche benemeriti, affinchè si facciano venire urgentemente delle idee al riguardo per organizzare tutti a raccolta sui territori per parlare, discutere, venire fuori dall’ombra , invitare, incoraggiare chi ha buona volontà ad impegnarsi e a non stare sempre ricacciati indietro come se il bene fosse solo affare degli “unti” dei soliti accreditati alle prime file: noia mortale!!!!Lo si vede dai giovani che disertano le Parrocchie non appena esauriti gli obblighi dottrinali!!!!!! Qualcuno di noi è in grado di farsi qualche domanda? Oppure di guardarsi realisticamente allo specchio???? Solo a tali condizioni credo che le nostre giaculatorie possano essere considerate sincere e raggiungere il cuore e le orecchie di Dio. Incarichi, presidenze, direttivi sbandierati e via dicendo tolgono energie ad un più sano ed anche difficile lavoro da fare in concreto guardandosi tutti negli occhi. Una grande assemblea condominiale: la nostra Chiesa. E’ il futuro possibile che io vedo.E’ ciò di cui c’è bisogno anche quì a Rieti altrimenti non si uscirà mai dal tunnel di depressioni in cui ci si è incamminati. Chi sta nella Chiesa di Cristo non deve evitare di ritrovarsi le vesti impolverate, le mani sporche e stanche per il lavoro ma deve ambire più coraggiosamente ad uno stile di vita sobrio e francescano e non schifarsi o vergognarsi di accostarsi a persone sgradevoli che potrebbero essere anche aiutate moralmente da noi per ciò che possiamo in concreto fare. Sforziamoci a fare meglio e di più perchè le risorse ci sono. Evitiamo di raccoglierci in consessi chiusi, dal sapore elittario e rifuggiamo dalla ipocrisia. In conclusione spazzare via l’ateismo pratico che distrugge la nostra esperienza che cristiana lo diventa purtroppo sempre meno.I colori della pace e dell’armonia aspettano di essere ravvivati dalla vera fede: rendiamo Cristo visibile fra noi.
    Maria Laura Petrongari

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