L’amore non è una telenovela

È un forte “no” all’ipocrisia, quello pronunciato dal Papa durante l’udienza di oggi, a cui hanno partecipato 12mila fedeli. All’inizio, il saluto ad un gruppo di fedeli provenienti dalla Repubblica popolare cinese, alla fine la solidarietà verso i lavoratori di Sky Italia.

Amare è una faccenda seria, e a volte rischiamo che il nostro amore sia “una telenovela”. A pronunciare un forte “no” contro l’ipocrisia, che può annidarsi ovunque, anche nel nostro modo di amare, è stato il Papa, nella catechesi dell’udienza generale di oggi, cominciata con un fuori programma: tra i 12mila fedeli presenti in piazza, c’era anche una rappresentanza di fedeli della Repubblica popolare cinese, appartenenti al gruppo “Tanjin Meng Fu Luchang of China”, e guidati dal responsabile, Zhang Jun Jil. Appena il Papa, dopo il tradizionale giro in “papamobile” tra i vari settori di piazza San Pietro, è sceso dalla jeep bianca scoperta per accingersi a compiere l’ultimo tratto a piedi fino alla sua postazione al centro del sagrato, i fedeli cinesi lo hanno raggiunto e si sono inginocchiati davanti a lui, alcuni di essi con i bambini in braccio, altri sorreggendo una statua della Madonna di Fatima. Durante i saluti ai fedeli di lingua italiana che come di consueto concludono l’udienza, Francesco ha espresso la sua solidarietà ai lavoratori di Sky Italia: “Chi toglie lavoro compie un peccato gravissimo”, ha ammonito a braccio fra gli applausi.

“L’ipocrisia può insinuarsi ovunque, anche nel nostro modo di amare”,

esordisce il Papa esortando i presenti ad un amore sincero, forte, non un amore da “telenovela”. L’amore, la carità, è la chiamata più alta per il cristiano, la vocazione per eccellenza, a cui è legata anche la gioia della speranza cristiana. Il nostro amore è ipocrita quando è interessato, quando è mosso da interessi personali – “e quanti amori interessati ci sono!”, dice a braccio Francesco. Ma siamo ipocriti anche quando diventiamo funzionari della carità, quando aiutiamo gli altri semplicemente per mettere in mostra noi stessi e cercare gli applausi,  come se avessimo noi il copyright della carità.

La carità, invece, è anzitutto una grazia, “un regalo”, spiega ancora a braccio il Papa: poter amare è un dono di Dio, ma dobbiamo chiederlo, e lui ce lo dà volentieri.  Siamo peccatori, e allora dobbiamo lasciarci guarire il cuore: solo così, solo sperimentando la compassione e la misericordia del Padre, solo dopo questo percorso incessante di guarigione riusciamo a comprendere che tutto quello che possiamo vivere e fare per i fratelli non è altro che la risposta a quello che Dio ha fatto e continua a fare per noi.

“Amare sul serio è apprezzare le piccole cose di ogni giorno”.

Nel garantirlo ai 12mila in piazza San Pietro, Francesco spiega che noi non siamo capaci di amare veramente, riusciamo a farlo solo grazie al ricorso alla misericordia infinita del Padre. E allora sì che torneremo ad apprezzare le cose piccole, semplici, ordinarie, che torneremo ad apprezzare tutte queste piccole cose di ogni giorno, assicura il Papa: saremo capaci di amare gli altri come li ama Dio, volendo il loro bene, saremo contenti per la possibilità di farci vicini a chi è povero e umile, come Gesù fa con ciascuno di noi quando siamo lontani da lui, di piegarci ai piedi dei fratelli, come lui, Buon Samaritano, fa con ciascuno di noi. È questo il segreto per essere lieti nella speranza, come esorta a fare Paolo nella lettera ai Romani: ricambiare nei fratelli, per quel poco che possiamo, il tanto che riceviamo ogni giorno da lui.

“Chi per manovre economiche, per fare negoziati non del tutto chiari chiude fabbriche, chiude imprese lavorative e toglie lavoro agli uomini, questa persona fa un peccato gravissimo”,

il monito di Francesco, tra gli applausi, in segno di solidarietà ai lavoratori di Sky Italia.