L’accordo Elexos e l’incentivo a marciare uniti

Capita a volte di aprire il giornale e rimanere amareggiati. Ad esempio nel leggere che solo 40 persone hanno accettato la proposta di assunzione di Elexos.

Quando fu annunciata l’intenzione della Schneider Electric di chiudere, nello stabilimento di Rieti ci lavoravano in 170 e sembrò un colpo mortale vibrato sulle fragili spalle della città.

Tutti furono concordi nel dire che sarebbe stata una sconfitta inaccettabile. La Diocesi si mobilitò per prima organizzando subito una fiaccolata che permettesse alla città di sentirsi unita, di sentire il tema del lavoro nell’orizzonte del bene comune.

Poi sono state combattute le battaglie: il volo a Parigi, gli innumerevoli incontri al ministero, una lunga e faticosa occupazione della fabbrica. Sforzi che non solo hanno visto i lavoratori in prima linea, ma che per una volta hanno visto abbastanza coordinati e compatti anche i sindacati, le istituzioni e la Chiesa.

Tutti uniti nella difesa del lavoro, tutti convinti che l’unica soluzione alla vertenza è la reindustrializzazione, tutti a dire che il lavoro non può e non deve lasciare Rieti.

E il progetto di reindustrializzazione alla fine è arrivato. Istituzioni, sindacati e lavoratori in assemblea l’hanno giudicato serio e credibile. La trattativa verso la riassunzione ha visto la conquista di un prolungamento degli ammortizzatori sociali, condizioni contrattuali talmente buone da sembrare un dispetto fatto al jobs-act e la prospettiva di diversi anni di produzione in fabbrica.

Eppure molti di quelli che hanno combattuto e pianto per questa vertenza, hanno declinato l’offerta, hanno detto “no”. Al lavoro sembrano preferire gli incentivi all’uscita offerti dalla multinazionale.

Sono scelte individuali e come tali non si possono giudicare. Ognuno ha la sua storia, i suoi problemi, le sue idee, i suoi legittimi obiettivi.

Però da questo esito si può fare qualche riflessione di ordine generale. Il primo pensiero che viene è quello di uno schiaffo in faccia a chi il lavoro non ce l’ha e non riesce a trovarlo. Sembriamo al limite della presa in giro: perché tante forze sociali e morali coinvolte nella battaglia se poi il lavoro riconquistato si rifiuta?

Sarebbe facile la battuta del «cerca lavoro e prega Dio di non trovarlo», ma la sensazione è un’altra: che del lavoro si sia persa la dimensione umana e sociale, cadendo nell’errore di scambiarlo coi soldi, come fossero semplicemente la stessa cosa.

Il lavoro rifiutato non sembra tanto una beffa all’imprenditore che ha creduto al progetto, né uno sgarbo portato ai sindacati, alla Chiesa e alle istituzioni che hanno fatto di tutto per mantenere un’industria sul territorio.

Il torto sembra fatto innanzitutto ai colleghi che al progetto ci credono e vogliono lavorare, e subito dopo alla comunità, che sulle prospettive di quella fabbrica cominciava a sperare, quasi fosse un segnale di inversione di rotta.

Il messaggio di quel “no”, da questo punto di vista, è un messaggio terribile: ha un che di egoista e potrebbe pesare molto di più del semplice «noi non ci saremo».

Sta bene, ma viene il timore che rifiutando in massa un’offerta di lavoro seria e condivisa con tutti gli attori possibili, si mettano in discussione anche le prospettive di chi vuole aderire.

Peraltro un amico mi faceva notare che la cassa integrazione si dà nei momenti di crisi, ma perché la gente possa tornare a lavorare. Negando questa premessa il resto potrebbe non stare in piedi.

Ma io di queste cose ne capisco poco. Vedo bene, invece, che la città rimane segnata da questa specie d’incapacità di viaggiare insieme verso un obiettivo comune. Un risultato che nessun incentivo pare riuscire a promuovere.

One thought on “L’accordo Elexos e l’incentivo a marciare uniti”

  1. nadia

    LE SCELTE

    È nella mia persona essere comprensiva, tollerante in circostanze e questioni delicate, anche quando non condivido pienamente il pensiero, e “l’agire” che non corrisponde a quella espressa fin dagli inizi della Vertenza Schneider, la sua “Reindustrializzazione”; approvata e condivisa dalla maggioranza delle lavoratrici/ori.
    Oggi, certe scelte, diverse da quelle iniziali, non sono accettate, tanto meno condivise.
    Molte sono le osservazioni di opinioni pubblica.
    Tante battaglie sono state fatte, manifestazioni in Francia, Roma, Bergamo…. vero!
    Molte persone sono deluse da quanto è accaduto in questi ultimi giorni. Ascolto, leggo tra le righe dure “sentenze”…..
    Sappiate che certe decisioni prese da alcune mie colleghe/ ghi sono state molto dolorose; sofferte fino all’ultimo, ma che hanno consolidato ancora di più l’unità fra noi.
    Non si può comprendere se non si vive sulla “propria persona” questo dramma; come ci si sente quando al “termine ultimo” del giorno fatidico devi decidere; mille pensieri, mille dubbi, paure che pervadono la mente, tutta la tua “Persona”.
    Non possiamo e non dobbiamo giudicare; ognuno ha la sua storia, i suoi problemi …
    È altrettanto vero che scatta nella mente umana, un sentimento primordiale quello di ansia e paura, di incertezze, angoscie che si avverte in presenza o al pensiero di pericoli.
    Non è giustificabile la scelta in “se”; ma lo stato d’animo, la sofferenza SI!
    Esse, sono scaturite e motivate anche da una consapevolezza di un debbole e mancato supporto e vero sostegno, da parte dei nostri Politici, ….. e dico di più : – dalla stramaggioranza degli stessi Cittadini che vivono staccati, in atteggiamento “passivo” queste drammatiche realtà.
    Ogni giorno che passa, il Territorio stesso subisce la forte crisi, una desertificazione; impoverendolo, isolandolo sempre più dalle altre Province che ricevono veri aiuti – .
    Io sono fra le 40 lavoratrici/ori che “credono” e non smetteranno mai di difendere il LAVORO e sperare che, questo “bisastrato Territorio” torni a essere prodottivo …
    Sono ancora più convinta che se da parte delle Istituzioni politiche; un supporto e serio impegno; sostenendo fin dall’inizio la Vertenza; sicuramente la scelta, diversa da quelle dei 40 lavoratori/ci decisi a rimanere non sarebbe stata un’alternativa; presa e vagliata; arrivare così alla decisione della “rinuncia”.
    Sappiamo comunque che si ritornerà al tavolo delle trattative e le cose possono essere stravolte a beneficio “sicuro” di tutti i lavoratori.
    Si, … anch’io ho paura!
    Le reazioni a questo stato d”animo sono diverse da soggetto a soggetto. Quindi, non si può criticare e “giudicare”; non mi sento di farlo io, tanto meno chi non vive queste “sofferenze”.
    Oggi sono ancora più determinata a difendere i nostri DIRITTI; voglio il LAVORO!
    È ora che i nostri Politici si “espongano” con più determinazione in “prima linea” insieme e con tutti i lavoratori delle tante Vertenze; mettendoci sulserio la “faccia”. Si rimbocchino le maniche delle “costose camicie”e inizino ad andare oltre a quei atteggiamenti finora assunti; pensare solo ai propri “spot pubblicitari”, seguire solo le procedure “standart” da “protocollo”; per poi dire “abbiamo fatto”!
    Quindi, qualunque scelte fatte se condivise o no, … sono leggittime! Vengono prese, vissute da quello che è una realtà di “fatti”!
    Termino sostenendo che: quando si hanno forti e stabili garanzie, anche i lavoratori sono “determinati, sicuri”!

    NADIA PALAMA

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