La «Laudato Si’» e le imprese

Mai nessuna enciclica aveva avuto un impatto ed una rilevanza come la Laudato Si’ di Papa Francesco. Si tratta della prima enciclica in cui si affrontano in maniera completa i problemi ambientali. Erano almeno 20 anni che all’interno della Chiesa ci si chiedeva come spiegare l’ecologia umana in tutte le sue declinazioni. Come era evidente fin da prima della pubblicazione erano tante e diverse le aspettative. Il tema dell’ecologia è infatti un argomento che divide il mondo intero: ecologisti contro industriali, animalisti contro allevamenti e laboratori farmaceutici, agricoltori contro ambientalisti radicali, petrolieri contro associazioni ecologiste, credenti contro evoluzionisti… Nonostante le diverse opinioni, un primo risultato l’enciclica di Francesco un effetto positivo l’ha avuto: ha ricomposto conflitti e divisioni ed ha proposto una visione unitaria. Per allargare il ventaglio di commenti e valutazioni, ZENIT ha intervistato Massimo Medugno, direttore generale di Assocarta, associazione che raccoglie, rappresenta e tutela le aziende che producono in Italia carta, cartoni e paste per carta.

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Che cosa pensa dell’enciclica Laudato Si’?

Come addetto ai lavori è un’occasione unica per credenti e “uomini di buona volontà” per riflettere in maniera integrata sui temi dell’ecologia.  Come uomo mi offre la possibilità di tornare ad avvicinarmi all’ “ecologia integrale” con l’obiettivo di recuperare un pò di “serena armonia”.

Quali le parti che l’hanno maggiormente colpita favorevolmente?

Molte… Come potrebbe essere altrimenti? La parte riguardante il Vangelo come Creazione e, in quest’ambito, il richiamo al valore peculiare dell’essere umano e alla sua creatività, ripresa nel V capitolo dedicato ad alcune linee d’intervento. “Sfidanti” anche i passaggi dedicati al dialogo e ai processi decisionali. Oltre che, ovviamente, il capitolo finale su Educazione e spiritualità ecologica. Mi colpiscono queste riflessioni del Pontefice perché si sottolinea che l’uomo non è il problema, ma è comunque lui la soluzione attraverso l’esercizio della responsabilità. In questa direzione l’affermazione del “ruolo privilegiato” per gli abitanti del luogo in cui si vuole realizzare un progetto è una tema attuale e che implica responsabilità non solo per i decisori, ma anche per i comitati e i cittadini coinvolti nella decisione e che devono “essere adeguatamente informati”. Se lo affianco al tema che la norma può produrre effetti rilevanti e duraturi se sostenuta da motivazioni adeguate, mi sembra ci sia un “richiamo” anche al legislatore che deve rendere le norme intelligibili e chiare, insomma una sorta di Ecologia delle norme.

Invece, secondo lei, quali sono le parti dell’enciclica che potrebbero suscitare perplessità?

Quando si parla di atto di acquisto come atto morale, oltre che economico mi trovo abbastanza d’accordo ma mi sembra un messaggio che deve essere supportato da molta, molta buona informazione. A volte, poi, mi sembra che, secondo l’enciclica, l’imprenditore abbia la tendenza a eludere le domande (185): nella mia esperienza gli imprenditori sono uomini del territorio e fanno gli imprenditori perché innanzi tutto credono nel loro “mestiere”, nella loro funzione sociale. Se perplessità significa poi porsi degli interrogativi, allora benvenuti, che siano molti e abbondanti. Secondo me, una delle funzione delle enciclica è propria quella di creare un dibattito sul tema dell’ecologia fondato su una più solida base culturale. In altre parole l’ecologia , come anche la finanza, non sono dei fini ma sono degli strumenti.

Esprima un giudizio come direttore di Assocarta. Ed uno come persona spiritualmente sensibile.

Per me coincidono (sperando di poter essere anche una persona sensibile). Le scienze empiriche ci aiutano e ci fanno staro sul bordo del territorio di ciò che sappiamo. I principi etici, la sensibilità spirituale devono aiutarci a capire la ragione delle cose…Anche perché spesso la realtà che ci circonda sembra essere tratteggiata più che essere ben disegnata.  Se penso, poi, alle affermazioni contenute nel’enciclica che troppo digitale soffoca la “sapienza” (par. 47) e che la strategia dei crediti di emissione in materie di gas inquinanti ha dato luogo a nuove forme di speculazione (par. 171) questo giudizio non può che essere confermato.

Cosa pensa della cultura dello “scarto” citata a più riprese?

Mi limito, ovviamente, agli aspetti industriali. Come settore, nel corso degli anni abbiamo fatto dei progressi nel campo del risparmio e del riciclaggio. Ad esempio, oggi la maggioranza della carta in Italia e in Europa non viene gettata senza essere riciclata, ma è l’opposto. La filiera della carta in Italia si prende cura dei propri prodotti, con un tasso di raccolta di oltre il 62% di carta da riciclare e un tasso di utilizzo di oltre il 54% riferito al settore in generale. Con un tasso di riciclo del 90%, le carte per imballaggio contribuiscono a muovere le merci, utilizzando come materia prima la carta da riciclare raccolta, molto spesso, nei dintorni dei siti industriali: una scatola di cartone ondulato torna in produzione in soli 14 giorni! Senza considerare che il consumo pro-capite di carta di ogni italiano, a livello di emissioni di CO2, è come percorrere 700 Km in auto, la distanza tra Roma e Bressanone, in Alto Adige.

(Zenit.it – Antonio Gaspari)