Incontro dei catechisti della zona pastorale di Rieti: mettere in comune esperienze e situazioni

Innanzitutto un ribadire l’essere del catechista. Poi l’ascolto reciproco. Infine, le piste di lavoro che attendono l’immediato futuro degli operatori. Tre momenti, per l’incontro zonale dei catechisti svoltosi domenica ospitato alla Madonna del Cuore.

Radunati nel salone parrocchiale di via Piselli, i catechisti delle varie parrocchie della zona pastorale di Rieti città hanno svolto il primo momento di ritrovo con il nuovo responsabile dell’Ufficio catechistico diocesano – e dell’area evangelizzazione e catechesi in cui è articolata la pastorale della Chiesa locale – padre Mariano Pappalardo. Da parte sua, innanzitutto una riflessione sull’identità di chi opera nella formazione alla fede dei fratelli, in particolare i più giovani, dato che catechista, nella concretezza della vita parrocchiale, è essenzialmente chi cura la catechesi di iniziazione cristiana dei fanciulli e ragazzi.

Un’identità, quella del catechista, che padre Mariano ha tracciato definendolo come «un curiosone». Qualifica che ha spiegato con tre caratteristiche: «uno che si cura, uno avido di sapere, un ficcanaso». La prima riguarda l’amore per sé, per la propria formazione, per il proprio arricchimento, poiché «nessuno può trasmettere ciò che non è, nessuno può dare ciò che non ha», e allora il catechista è colui che si regala del tempo per «con-formarsi a Cristo». Seconda qualifica del catechista, il migliorare la propria conoscenza, socraticamente “sapendo di non sapere”, e dunque uno che si sforza di «assumere la logica della ricerca, lasciarsi stupire dalla novità, non rifuggire dal confronto»; uno che sa leggere il proprio cuore, che sa leggere la vita attorno a sé e si impegna a leggere la Bibbia per cercarvi il cuore di Dio. Ma il catechista deve essere anche «un ficcanaso», uno che fa del tutto per rendersi conto di chi ha davanti, perché «coloro che si sono affidati gli inter-essano». Questo “inter-esse” per gli educandi deve produrre una «osmosi educativa», per cui deve conoscere tutto di quanti partecipano al percorso di catechesi, così da poter «capire, farsi prossimo, camminare insieme, condividere e guidare».

Secondo step del pomeriggio insieme: il mettere in comune esperienze e situazioni. I rappresentanti delle parrocchie reatine hanno così raccontato come concretamente si vive e organizza la catechesi di iniziazione cristiana nelle diverse realtà. Ne è emersa una forte differenziazione dove spesso le indicazioni diocesane – dalle norme emanate dal vescovo Lucarelli sin dalla fine degli anni Novanta fino alle disposizione del Sinodo – sono rimaste lettera morta. In particolare restano appese alcune questioni come la continuità del percorso di iniziazione (con quelle dannosissime interruzioni fra il dopo Prima Comunione e l’avvio della preparazione alla Cresima), la non scolasticità e non burocratizzazione del “primo anno di…” e “secondo anno di…”, cosa superata da tempo in molte realtà ma ancora presente in altre e soprattutto difficile da sradicare nella mentalità delle famiglie, la scelta del modello catecumenale, che il Sinodo ha sposato per la Chiesa locale ma ancora (dopo oltre dieci anni dalla promulgazione delle Costituzioni sinodali) nella fase di sperimentazione solo in qualche parrocchia. Nel dibattito è emersa la volontà condivisa di superare la frammentazione e la mancanza di un vero indirizzo comune (che favorisce purtroppo un certo “turismo” interparrocchiale alla ricerca della situazione più “comoda”), il dialogo tra percorsi ed esperienze diverse con una maggiore collaborazione (itinerari differenziati – magari tra percorsi associativi e “parrocchiali” – possono benissimo coesistere se c’è unità di intenti e di prospettive, tenendo chiara la meta comune) e soprattutto la volontà di un cammino formativo che abbia un’impronta esperienziale ed esistenziale, non “stile scuola” dove si studia e si impara ma “stile comunità” dove si vive e si cresce.

Il piano di lavoro dell’ufficio diretto da padre Mariano, ha spiegato questi in conclusione, prevede un lavoro articolato fra i vari uffici che, assieme a quello catechistico, afferiscono all’area dell’annuncio e riguardano i vari aspetti della formazione della persona (la pastorale giovanile, familiare e vocazionale, quella scolastica e sportiva, quella del turismo), il conoscersi (con un apposito censimento degli operatori e l’individuazione dei referenti a livello parrocchiale, zonale, di gruppi e movimenti), il tenersi connessi, utilizzando la rete e i mezzi di comunicazione diocesani, l’incontrarsi nelle zone (come catechisti, ma incontri anche per i sacerdoti e per le famiglie), il formarsi (con formazione per la commissione diocesana, per i referenti e per i catechisti stessi, attraverso percorsi mirati all’interno della scuola teologica diocesana, giornate di studio nelle zone e formazione online attraverso gli strumenti che permettono di essere connessi anche a distanza).