Inaugurazione dell’Anno Pastorale 2014: le parole del vescovo

Omelia del vescovo di Rieti mons. Delio Lucarelli in occasione dell’Inaugurazione dell’anno pastorale della Diocesi di Rieti, 9 settembre 2014.

Carissimi sacerdoti e diaconi, fratelli e sorelle!

Vi saluto e vi accolgo nella nostra chiesa Cattedrale, Madre di tutte le chiese della diocesi. Infatti qui da secoli vengono celebrati i santi misteri che poi si propagano e si ripetono in tutte le chiese.

Qui molti di voi hanno ricevuto l’ordinazione, in tanti ricevono i sacramenti dell’iniziazione. In questa solennità della dedicazione della Cattedrale noi diamo inizio all’anno pastorale, che ci vedrà impegnati almeno su due principali fronti: quello della catechesi e quello della famiglia. Abbiamo già ascoltato indicazioni e orientamenti dai due responsabili dei settori della catechesi e della famiglia.

Pertanto vorrei brevemente soffermarmi su alcuni aspetti che emergono dal vangelo ascoltato, che ho già ampiamente commentato nella Lettera Pastorale “Al Pozzo di Giacobbe”. La Samaritana e Gesù sono protagonisti di un incontro che ci fornisce in modo sorprendente elementi di riflessione, in ordine ad entrambe queste dimensioni. Gesù ci offre contenuto e metodo della catechesi e dell’annuncio: riguardo al contenuto Egli parla alla donna del Tempio, del piano di Dio riguardo al suo popolo e alla salvezza, della ricerca di Dio e dell’incontro con Lui; quanto al metodo Egli si intrattiene con la donna e la provoca, parte dalle domande che lei stessa si pone e la accompagna per gradi e con sapienza alla conoscenza e all’accoglienza della verità, che è Gesù stesso. Anche riguardo alla famiglia Gesù dà il suo lapidario insegnamento e lo fa senza giudicare e senza recriminare.

Non annacqua la verità e non la ammanta di ipocrisia, ma neppure umilia la donna dai tanti mariti, né la fa sentire esclusa e perduta. Vorrei ancora indugiare su questi spunti per trarne qualche indicazione ulteriore, al fine di stimolare la nostra attività pastorale. “Dammi da bere”, dice Gesù alla Samaritana, nei versetti precedenti al brano che abbiamo ascoltato!

È vero che sarà Lui a darle l’acqua viva che zampilla per la vita eterna, ma per incominciare è Lui che chiede acqua. Egli si pone in ascolto, chiedendo quello che la donna non ha. Ritengo che questo sia un punto essenziale per rivedere il nostro modo non solo di fare catechesi, ma anche di relazionarci con la nostra gente. Spesso noi iniziamo dando risposte, mentre dovremmo cominciare con le domande: cosa si aspettano un bambino e un ragazzo da noi, cosa si aspettano i loro genitori!

Essi si pongono domande molto pratiche, ma dietro queste vi è una grande sete di Dio, una grande voglia di Dio e di Gesù. Sono domande che a volte sono esplicite, chiare, ma sovente sono mimetizzate e nascoste da fatti anche molto tristi della vita. Ecco, dunque, che siamo noi a dover chiedere qualcosa alla nostra gente ai nostri ragazzi e ai nostri bambini, perché anche loro trovino la forza di presentare le loro domande, la loro richiesta di “acqua”.

Nello svolgimento del dialogo Gesù compie veramente un’opera di pedagogia che dischiude alla donna l’ingresso nella verità.  Intanto l’incontro di Gesù è un incontro personale. È vero che spesso Egli parlava alle folle, ma gli incontri più toccanti sono quelli “a quattr’occhi”. Sono quelli più difficili e anche più rischiosi, ma anche quelli più promettenti e sorprendenti.

A noi ministri consacrati piace parlare nelle chiese piene, anche perché pensiamo di poter ottenere un risultato maggiore, ma in realtà non è così. I risultati migliori li otteniamo con l’incontro personale, perché attraverso questi incontri le persone capiscono quanto ci stanno a cuore: quell’uomo, quella donna, quel ragazzo!

Non un’assemblea, una folla, quasi anonima. Attraverso questi incontri vedono quanto noi siamo“afferrati da Cristo”, quanto lo viviamo, quanto lo abbiamo in noi! Nelle settimane scorse mi è capitato tra le mani un volumetto che raccoglie alcuni scritti del servo di Dio Guglielmo Giaquinta, per molti anni vescovo di Tivoli, per molto tempo Segretario generale del Vicariato di Roma e fondatore del movimento “Pro Sanctitate”.

Mi hanno molto colpito alcune sue intuizioni che negli anni sessanta e settanta erano nuove, almeno per certi versi. Giaquinta sostiene il “massimalismo” dell’amore cristiano, ma un massimalismo che si raggiunge per gradi e con impegno, con fatica. Prospetta un cristianesimo di profondità – lo chiama così – rispetto ad un cristianesimo tiepido, quello della Messa della domenica.

Descrive la figura di Gesù, la sua opera, il suo rapporto con il Padre, a partire dai suoi tratti umani, di uomo “buono”, di uomo del dialogo e del confronto. È vero che Gesù è stato in alcuni momenti anche molto duro con gli uomini del suo tempo, con i sacerdoti, i farisei, gli scribi, ma quelle sono state eccezioni, non uno stile, non la regola! Ecco allora, carissimi sacerdoti e diaconi, fratelli e sorelle, alcuni spunti per cominciare questo anno pastorale con entusiasmo rinnovato e con fiducia. Ad ottobre potremo seguire il dibattito del Sinodo dei Vescovi sulla famiglia; il documento preparatorio ha raccolto alcuni stimoli provenienti dalle Chiese di tutto il mondo.

Non aspettiamoci chissà quali innovazioni, ma neppure dobbiamo pensare che non cambierà nulla. Dobbiamo avere fiducia nell’opera dello Spirito e nell’intelligenza delle persone! Intanto credo di poter dare qualche indicazione pratica, che vorrei fosse valutata seriamente all’interno dei consigli pastorali. Organizzare mensilmente incontri di catechisti e operatori pastorali per trovare vie nuove per la catechesi e l’attività pastorale, a partire dal documento dei Vescovi: “Incontriamo Gesù”.

Promuovere incontri con le famiglie in cui le domande siano suscitate a partire dalla nostra richiesta a loro di darci “acqua”. Di farci capire da dove partire. Tutto questo noi lo facciamo sapendo da dove partiamo e dove siamo diretti.  Abbiamo iniziato un percorso sui sette sacramenti declinati nell’oggi, come ho scritto nella Lettera “Alle Querce di Mamre”.

Potrebbe essere un itinerario interessante e coinvolgente, proprio in vista di una evangelizzazione più incisiva e organizzata. Il prossimo mese di ottobre, oltre all’attenzione alla famiglia nel Sinodo dei vescovi, è anche il mese missionario, per il quale invito tutti a seguire le indicazioni dell’ufficio preposto. Il 3 e il 4 ottobre anche la nostra diocesi sarà presente con una delegazione, ad Assisi, per l’offerta dell’olio per la lampada votiva di san Francesco.

Poi il prossimo mese di novembre, come molti sanno, allo scadere del mio 75° anno di età, presenterò al Papa la lettera di rinuncia all’ufficio, per raggiunti limiti di età. Sono snodi del nostro cammino che non devono farci rallentare o ridurre l’attività, semmai devono incrementare i nostri sforzi fino all’ultimo istante. Sono pietre per la costruzione di un edificio spirituale ben più laborioso di quello materiale.

In questo giorno della dedicazione della chiesa cattedrale, vorrei invitarvi a dedicarci ancora alla Chiesa. A dedicare le nostre risorse ed energie a questa nostra Chiesa, nel dialogo e nell’umiltà, che sono il cemento che tiene unite le pietre. Siamo non alla fine, ma ad un nuovo inizio, dunque: buon lavoro!!!