Inaugurato ieri il restaurato mosaico della chiesa di San Francesco al Terminillo

«Ormai le conosco ad una ad una. Potrei chiamarle per nome le 50.000 e più tessere che formano la parete musiva dell’abside della chiesa di Terminillo. Di ciascuna potrei dirne la dimensione, lo spessore, il colore, la sfumatura, i riflessi. È come se ciascuna avesse una storia che negli anni ho imparato ad ascoltare; ciascuna il suo frammento di spartito da eseguire, l’inciso di un canto, di un inno, di una sinfonia che si compone giorno dopo giorno…».

È con quello stile poetico e intenso che gli è congeniale che padre Mariano Pappalardo inizia a raccontare di quelle tessere dell’immensa opera che impreziosisce la parete di fondo del tempio terminillese dedicato al Patrono d’Italia. Con queste parole inizia “Il mosaico absidale tra sogno e realtà”, con cui il superiore della Fraternità monastica della Trasfigurazione offre un appassionato incipit all’opuscoletto stampato dalla parrocchia terminillese in occasione della inaugurazione del restauro dell’opera che tempo e umidità avevano danneggiato. Lo scritto a firma di padre Mariano è stato letto dal confratello padre Luca Scolari in apertura della cerimonia con cui, nel pomeriggio del 12 agosto, si è voluto salutare il ritorno del mosaico all’iniziativa splendore, realizzato grazie al contributo della Fondazione Varrone.

Il finanziamento dell’ente, deliberato grazie all’interessamento dell’avvocato Innocenzo De Sanctis al termine del suo mandato ed erogato sotto la nuova presidenza del notaio Valentini, ha permesso di eseguire il paziente è delicato lavoro con cui il mosaicista Domenico Colledani si è cimentato a restaurare l’opera che egli stesso aveva realizzato nel 1975. Nell’opuscolo Colledani descrive il lungo intervento, consistito non soltanto nel riposizionare le tantissime tessere staccatesi nel tempo, ma anche nella meticolosa ripulitura che ha permesso di tornare a godere della bellezza dell’opera che quarant’anni fa egli realizzò nella sua bottega milanese, dopo che l’insistenza del caparbio padre Riziero Lanfaloni – l’indimenticabile francescano conventuale realizzatore del tempio terminillese – lo “costrinse”, lui che era un paesaggista digiuno di arte sacra, a cimentarsi nell’opera raffigurante la Creazione secondo il bozzetto disegnato dall’artista umbro Luigi Frappi.

Il pomeriggio che ha raccolto nella chiesa di San Francesco un’attenta assemblea ha permesso ai presenti di godere le meditazioni di padre Mariano riguardo la genesi, i significati, la bellezza del mosaico, ripercorrendo il lavoro di restauro che ha poi lasciato la spiacevole sorpresa di trovare il pavimento del presbiterio, una volta smontato l’imponente ponteggio necessario per i lavori, completamente rovinato. Occasione colta per provvedere a una nuova pavimentazione, utilizzando una materiale innovativo che consente di ammirare meglio ila lucentezza che i riflessi del mosaico offrono al visitatore del maestoso templum pacis. Con la nuova pavimentazione si è provveduto anche alla sistemazione dell’intera area presbiterale, eliminando la vecchia sede (inutilizzata in quanto troppo arretrata) e collocando in modo definitivo la nuova sede su apposito piedistallo marmoreo, oltre a restaurare l’artistico ambone decorato con i bassorilievi raffiguranti i quattro evangelisti sistemandolo anch’esso nella definitiva posizione.

Ad alternare gli interventi, gli applauditissimi brani musicali dell’organista Stefano Antonio Marino. Le note dell’organo quale elevazione spirituale unita a quella che il ritrovato mosaico dona a chi varca l’ingresso del tempio montano affidato alla custodia di padre Pappalardo, il quale conclude il suo scritto nell’opuscolo augurando che tale restauro «sia auspicio di un più ampio intervento di rinnovamento della stazione montana di Terminillo e di chiunque lo abita, perché in una ritrovata giovinezza possa continuare a offrire il suo fascino a quanti ancora ricercano la bellezza come via maestra per salvare l’uomo e il mondo che lo ospita».