Le immagini di morte e la risorsa della preghiera

Viviamo un mondo in cui l’immagine prevale su ogni altra forma di comunicazione. Ma non dobbiamo lasciarci travolgere e condizionare da ciò che la modernità ci offre e impone. Attraverso l’immagine possiamo e dobbiamo pensare, discernere e approfondire ciò che viviamo.

Mi riferisco all’agghiacciante foto che ritrae un bambino iracheno: mostra come trofeo la testa mozzata di un “nemico”. Non possiamo colpevolizzare il bambino, ma l’orrore e lo sdegno si rivolge a quel pezzo di società in cui è inserito, negli adulti che stanno compiendo le stragi in quel Paese dilaniato da guerre tra etnie, da non chiamare nemmeno religiose, ma tribali.

È una visione, questo sfregio alla dignità umana, che dura un attimo, per essere poi ingoiato da altri argomenti, da altri fatti. Incessantemente, è la legge dei media, occorre meravigliare e sconvolgere. Un grande sforzo per attirare l’interesse, spesso rivolto ad altri fini.

Ma messa da parte quella foto dell’orrore, simbolo della barbarie antica e moderna, il mio pensiero va alle parole dei potenti del mondo. Davanti ai miei occhi scorrono le immagini del leggìo da cui parla il presidente americano Obama, simbolo del massimo potere militare mondiale. È sempre inserito in una cornice di verde: vuole dare un senso di sicurezza a chi ascolta e guarda.

Poi penso al leggìo di papa Francesco, poggiato nel davanzale della finestra vaticana da cui si rivolge all’umanità, sobrio e trasparente come il messaggio che il pontefice proclama a nome di Dio.

Sono due poteri diversi: uno ha a disposizione interi eserciti e mezzi tecnologici. Ha i droni, che riescono a colpire ovunque, senza perdite di personale militare, ma con il sacrificio di innumerevoli vittime civili. Vite innocenti ed estranee ai giochi di potere, vittime di una evoluzione in cui l’uomo è solo un puntino quasi invisibile, solo un bersaglio da colpire per compiere con successo la missione affidata.

L’altro potere è senza esercito e armi, è il luogo in cui risuona la Parola di Dio. Come gli antichi Profeti, la Chiesa continuamente richiama l’umanità all’amore universale, al dialogo come arma che riesce a annullare ogni conflitto, continuamente e instancabilmente. La preghiera e l’invocazione a Dio possono modificare e stravolgere l’istinto umano all’autodistruzione.

Nell’omelia tenuta al Monastero delle Clarisse, nella festa di Santa Chiara, il nostro Vescovo ha ricordato come la Santa, ostentando il Sacramento davanti alle orde degli invasori saraceni che stavano portando morte e distruzione, riuscì a allontanarli e a salvare la sua città.

Su questo esempio mons Lucarelli ha esortato tutti alla preghiera , invocando la forza della fede. «Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri delloro cuore» (Lc 1,50) recita il Cantico della Beata Vergine Maria, nel suo Magnificat, e come cristiani, nella vicina solennità dell’Assunta, ci rivolgiamo al Signore perché stenda la sua mano per annullare gli orrori delle guerre e dell’odio e riportare l’umanità al suo destino di pace e serenità, come è nel disegno divino.