“I sordi manninu l’acqua n’ammonte”: a Corvaro il teatro dialettale evoca memoria e valori

“I sordi manninu l’acqua n’ammonte”: è il titolo della rappresentazione con cui anche quest’anno, lo scorso 17 agosto, la Compagnia teatrale filodrammatica di Corvaro ha dato dimostrazione della sua laboriosa e coinvolgente attività.

Il gruppo teatrale opera essenzialmente su due filoni molto caratteristici: da una parte i drammi religiosi nel periodo natalizio e pasquale in lingua italiana; dall’altra, nel periodo estivo, commedie brillanti in dialetto, in costume e di carattere storico culturale.

La scelta del dialetto ha una funzione educativa, specie per le nuove generazioni. Esso fa parte di un bagaglio culturale di un popolo: è l’inevitabile segno che testimonia l’appartenenza a un certo luogo e a un certo tempo, è una carta d’identità di un territorio.

Il dialetto è una formidabile lingua di teatro. Ha la capacità di sintetizzare gli stati d’animo, è fulmineo, spontaneo e comico.

Ed è questo lo scopo della rappresentazione del gruppo teatrale di Corvaro: riscoprire, attraverso i personaggi, gli eventi e le peculiarità culturali del passato di questo territorio; far rivivere attraverso la comicità realtà lontane, ma sempre attuali nell’insegnamento che viene trasmesso.

La metafora che caratterizza il titolo, che in italiano vuole dire che il denaro può far invertire il naturale corso dell’acqua, lascia intuire gli elementi della trama: il dio denaro e gli intrighi che nascono per averlo. Una trama divertente con battute ironiche supportate da proverbi e aneddoti di un tempo. Scene coinvolgenti ove emergono interessi, pregiudizi ma anche sentimenti.

La storia è ambientata nel 1960, all’interno di una famiglia che vive di mezzadria, in fermento dopo la morte dell’anziana matriarca.

I personaggi sono stati così affidati: Vincenzo Colabianchi e Pasqualino De Michelis interpretano i due figli sposati; il figlio non sposato è impersonato da Salvatore Costantini; la figlia sposata è affidata a Veronica Cesarini e Maria Fernanda D’Antonio. Ci sono poi le due nuore (Ester Tavani e Maria Rita Gallina), la sorella della defunta (Franca De Sanctis), il parroco del paese (Domenico Gallina) e il medico del paese (Emma Franchi).

Le due nuore si adoperano per scoprire il denaro posseduto dalla suocera defunta e, nel loro ordire, cercano di comprare con quel poco che hanno ( conigli, polli) anche il parroco del paese per carpire eventuali segreti.

Caratteristici i loro litigi con la cognata, ritenuta responsabile delle controversie nate all’interno della famiglia quando la suocera era ancora in vita.

Distaccate e polemiche verso il cognato scapolo, ritenuto un incapace, un buono a nulla con scarsa cura igienica.

I due fratelli sposati che provano in ogni modo di quietare le loro mogli per evitar discordie in famiglia adoperandosi con scarsi risultati.

La sorella della defunta che tra preghiere e aneddoti cerca anche lei di portare pace in famiglia.

Il medico che nel suo operare non disdegna qualche ricompensa in cibo.

Il parroco che nella sua abilità approfitta dell’ignoranza dei due fratelli e pur di mangiare nel giorno di quaresima fa credere che una benedizione può far trasformare una salsiccia in baccalà e il tutto ricamato da batture, allusioni che hanno suscitato copiose risate.

Nel finale si scopre che i beni sono stati donati dalla defunta in parte alla chiesa e in parte al figlio non sposato. Le due cognate a tale notizia si trasformano in ammalianti sirene nei confronti del cognato desiderose dei beni ereditati.

Il giovane a sorpresa cede la sua eredità ai due fratelli per dare un futuro migliore ai loro figli e acquistare un terreno da coltivare, chiedendo in cambio solo considerazione e rispetto. Dimostrando così anche alle cognate che l’affetto non è legato al denaro, l’affetto è puro se nasce dal cuore e si dovrebbe donare a prescindere dal possesso di beni materiali.

Un plauso agli attori di questa rappresentazione, spinti da pura passione, si prodigano ricavando dopo una giornata di lavoro, lo spazio per studiare e provare tutti insieme la parti del copione.

Un impegno che richiede tempo, sacrificio ripagato dai sorrisi e il plauso del pubblico.

Un elogio particolare va a Pasquina Carducci che congedata dal suo lavoro come docente nella scuola primaria si è dedicata alla realizzazione di questo sogno, è per sua iniziativa che si è costituito il gruppo teatrale ed è grazie alla sua esperienza e la sua creatività che possiamo godere di brillanti e simpatiche manifestazioni teatrali.

Il gruppo ringrazia la popolazione per la partecipazione numerosissima, ringraziano Santino Franchi, Roberto Frezzini e Salvatore Costantini per l’allestimento del palco, le luci, la musica i gli strumenti tecnici.

Un ringraziamento a don Daniele Muzi, che da sempre sostiene la passione per il teatro locale, e con la sua esperienza ha supportato questo gruppo, sostenendolo con i suoi preziosi consigli.

Un ringraziamento a don Franceco Salvi per la sua disponibilità ad appoggiare il gruppo nelle loro necessità logistiche.