I problemi dei partiti

Le grandi questioni del Paese – dalla disoccupazione alla crisi demografica, alle migrazioni – restano sullo sfondo del dibattito

Quali che siano le personali opinioni politiche di ciascuno, la sorte del Pd è obiettivamente rilevante per il presente e il futuro del sistema politico del nostro Paese. Lo è perché si tratta di un partito che nelle ultime elezioni ha ricevuto il consenso di circa un terzo degli elettori, ha conquistato un’ampia maggioranza relativa in Parlamento, esprime il governo nazionale ed è alla guida di buona parte delle autonomie regionali e locali. Un partito-perno, insomma, e la crisi radicale che lo ha investito finisce per essere emblematica di una più generale crisi della rappresentanza politica e in particolare della stessa forma-partito. Tanto più che lo scontro che lo ha dilaniato fino alla spaccatura, come hanno sottolineato anche osservatori molto sintonici con quel mondo, è avvenuto su un piano che sembra non avere nulla a che fare con i problemi del Paese e che si è giocato su questioni tutte interne al ceto dirigente.

Questo può far gioire gli avversari politici del Pd, ma non chi guardi agli assetti del Paese con una prospettiva meno ristretta di quella, ovviamente legittima, della competizione elettorale. Anche perché non è che dalle altre forze arrivino segnali confortanti. Il Movimento 5stelle, che è stata la grande novità politica degli ultimi anni, alla prova delle amministrazioni locali attraversa le difficoltà che sono sotto gli occhi di tutti e il suo modello organizzativo fondato su internet non sembra fornire un’alternativa credibile ai partiti tradizionali, in termini di trasparenza e partecipazione reale. L’area del centro-destra è divisa in tre con differenze al suo interno tutt’altro che marginali e molto della sua fisionomia dipenderà probabilmente dal tipo di sistema elettorale con cui si andrà a votare, se cioè le coalizioni diventeranno una necessità o no. Anche alla sinistra del Pd, peraltro, non è per nulla chiaro quali saranno gli esiti dei processi in atto.

Messa così sembra un’analisi ispirata dal mero buon senso, ma francamente c’è poco da appassionarsi a sofisticate letture politologiche, quando le grandi questioni del Paese – dalla disoccupazione alla crisi demografica, alle migrazioni – restano sullo sfondo del dibattito e, se emergono, vengono spesso affrontate a forza di slogan e di semplificazioni demagogiche. Una tendenza che la prospettiva delle urne – le elezioni sono ormai nell’orizzonte dei partiti, a prescindere dalla data effettiva del voto – rischia di moltiplicare in modo esponenziale. Ma i problemi degli italiani hanno bisogno di risposte concrete e ragionevoli sin da ora, non tra sette o dodici mesi.