La guerra è stupida

È il messaggio di “Le due vie del destino”, con Colin Firth e Nicole Kidman

Durante la seconda guerra mondiale, Eric Lomax è un ufficiale britannico addetto ai segnali e appassionato di ferrovie che viene catturato insieme ad altre migliaia di giovani soldati dai giapponesi che hanno invaso Singapore e mandato in un campo di prigionia dove è costretto a lavorare sulla famigerata Ferrovia della morte, così chiamata per le condizioni di lavoro climatiche e perché vi hanno lasciato la vita metà di coloro che vi hanno lavorato, tra la Thailandia e la Birmania a nord della penisola malese. Durante la sua permanenza nel campo, Lomax è testimone delle inimmaginabili sofferenze a cui gli uomini sono sottoposti. Egli costruisce in segreto una radio, ma scoperto viene torturato. Anni più tardi, a guerra ultimata e scampato miracolosamente alla morte, Lomax soffre il trauma psicologico delle sue drammatiche esperienze e perseguitato dalla immagine del suo torturatore, un giovane ufficiale giapponese Takashi Nagase, si isola dal mondo.

L’incontro con Patti sembra per la prima volta sbloccare la sua psiche. I due si corteggiano e poi si sposano, ma la notte delle nozze gli incubi di Eric riemergono ed il ricordo dell’ufficiale giapponese lo trascina agli orrori del passato. La moglie lo trova urlante sul pavimento della camera da letto ed Eric si richiude nuovamente in se stesso, scaricando la sua furia silenziosa sulla moglie e rendendole la vita insopportabile. Patti cerca allora di scoprire la causa del tormento dell’uomo amato e lottando contro il codice del silenzio che unisce gli ex prigionieri di guerra, persuade l’enigmatico Finlay a rivelarle quanto accaduto e che l’ufficiale giapponese responsabile è ancora vivo e che lui stesso sa dove trovarlo. Patti è tormentata dalla scoperta appena fatta: è bene che suo marito, disperato e assetato di vendetta, lo venga a sapere? E lei sarebbe disposta a stargli accanto qualunque cosa egli farà? Infine Patti decide di lasciar tornare il marito in Thailandia nei luoghi delle sue sofferenze per confrontarsi con il suo carceriere.

“Le due vie del destino”, diretto da Jonathan Teplitzky, è basato sul romanzo autobiografico “The Railway Man” scritto dallo stesso Eric Lomax e diventato un best seller internazionale. Colin Firth ne è il protagonista e si cala con totale partecipazione emotiva nel ruolo del protagonista, mettendo a buon frutto la scorta di umanità che caratterizza da sempre la sua recitazione, e Nicole Kidman mette la sua professionalità al servizio del suo cammeo nel ruolo della moglie Patti, paziente e piena di carità cristiana. Il film procede secondo una narrazione classica da grande cinema di guerra, alternando gli anni Ottanta agli anni Quaranta e immergendoci profondamente nell’atmosfera allucinata vissuta dai prigionieri di guerra durante il conflitto mondiale.

I temi sono la dignità umana, il senso dell’onore, la fedeltà al proprio ruolo, l’orrore della guerra, il potere salvifico dell’amore. Girato in gran parte nei luoghi in cui si è svolta la storia, e che trasudano ancora orrore e sofferenza, Le due vie del destino è una denuncia esplicita dell’inutilità crudele delle guerre e una parabola edificante (detto in senso non denigratorio) sulla capacità umana di resistere all’irresistibile e sulla volontà di rompere il silenzio su ciò di cui “nessuno parla”. E il messaggio che arriva forte e chiaro è che la guerra è stupida, la vita va rispettata e il perdono, per quanto difficile, guarisce più della vendetta.