La grazia di accompagnare

Ho la grazia di accompagnare, come catechista, un gruppo di ragazzi della mia parrocchia al sacramento della Cresima. Sono ragazzi e ragazze nel pieno dell’adolescenza. Stanno vivendo quella età di mezzo, complessa e bella, che prelude alla maturità personale. Quell’età – lo sanno bene i genitori – che vede trasformare la propria voce, il proprio corpo nel turbinio della crescita, rendendo fragili e delicati come vasi di cristallo.

Naturalmente il nostro percorso di preparazione al Sacramento è incentrato sull’incontro con Gesù, sui suoi insegnamenti, sulla sua presenza nella nostra vita. Ma in questo contesto non ci si può esimere dal confronto con la realtà che viviamo in questo periodo storico. E dialogando con loro mi accorgo quanta sofferenza gli avvenimenti attuali portino nei loro pensieri: in primo luogo l’esodo biblico dei migranti verso le nostre coste, il loro destino in terre non accoglienti per la crisi e i pericoli a cui vanno incontro prima e dopo l’approdo. Poi il pensiero del terrorismo, del barbaro eccidio che in oriente vivono le genti. Infine, ultima piaga, l’epidemia di ebola che sta decimando il Nord Africa. Piaga che la nostra società evoluta non riesce ancora a debellare.

Gli avvenimenti che ogni giorno ci vengono proposti attraverso i media, forse non ci sono stati neppure nel Medioevo più scabroso. I nostri ragazzi, come noi, attraverso le notizie dei telegiornali o attraverso Internet vengono “torturati” da quanto di peggio l’uomo, lontano da Dio, può fare.

Anche nella mia gioventù ci sono stati eventi di questo tipo, ma non c’era l’informazione globale di oggi. La mia generazione ha sentito parlare della guerra del Vietnam attraverso la canzone di Gianni Morandi “C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones”, ripresa poi da Joan Baez a livello internazionale. Ricordo quanta emozione mi dava ascoltarla. Come ricordo l’assassinio di John Fitzgerald Kennedy: ero bambino, la notizia mi arrivò dal televisore di una amica di mia madre (all’epoca ce n’erano pochissime). Ricordo quanto sconcerto sentivo in casa e tanti altri eventi negativi che ci volavano sopra la testa, ma ovattati dalla lontananza. Tutti avvenimenti poi approfonditi e conosciuti nei percorsi scolastici, ma già diventati storia.

Oggi non è così. La nostra gioventù rischia di perdere la spensieratezza dell’età, la gioia della vita, a causa di chi – non si capisce il motivo – vuole portare morte e distruzione, odio e barbarie in un mondo creato da Dio con ben altri obiettivi.

Speriamo che giovane età riesca anche ad ammortizzare questi traumi sociali. A noi cristiani è affidato il compito di aiutare, di guidare la nostra gioventù, il nostro futuro, con l’insegnamento del “Maestro”, di Gesù che allontana l’uomo dagli estremismi, pone amore al posto dell’odio, il perdono al posto dell’offesa, la fraternità al posto dell’egoismo.

Accompagnare la nostra gioventù all’incontro con il Signore, nella libertà, nel rispetto individuale e soprattutto a conoscere il mezzo che ci “connette” – per usare il loro linguaggio – con Lui: la preghiera. Tutto il resto non è più opera di uomo, ma del Signore.