Giorgione, una mutevole verità

È uno degli artisti più apprezzati e conosciuti del Rinascimento

È uno degli artisti più apprezzati e conosciuti del Rinascimento ma, allo stesso tempo, è anche uno dei più misteriosi e sfuggenti personaggi della Storia dell’arte. I suoi dipinti, a causa del loro significato arcano, si prestano a molteplici letture e interpretazioni. Stiamo parlando del famoso Giorgione, l’autore di opere di straordinaria bellezza come la “Madonna di Castelfranco”, “I tre filosofi” e, soprattutto, “La tempesta”. Eppure, se si volesse stilare un catalogo delle opere del maestro veneto, questo risulterebbe alquanto complesso tanto per l’indeterminatezza delle fonti documentarie quanto per le evidenze stilistiche. Benché dotato di una cifra propria e ben distintiva, le sue realizzazioni trasmettono talvolta richiami alla pittura veneta del Bellini, benché solo in maniera epidermica, e talvolta traducono un certo leonardismo alquanto tardivo. Così alcuni critici tendono ad individuare un numero abbastanza ampio di attribuzioni, per altri invece si tratta di una quantità meno consistente.
Di Giorgione si conosce ben poco, a partire dal nome reale, Zorzi da Castelfranco (il paese di origine) o Giorgio Barbarella. Giorgio Vasari nelle “Vite de’ più eccellenti pittori, scultori et architetti” riporta scarse notizie, annovera i pagamenti, negli anni 1507-1508, per un telero in Palazzo ducale, il compenso ricevuto nel 1508 per gli affreschi per il fondaco dei tedeschi, e poi l’improvvisa scomparsa avvenuta a poco più di trent’anni nell’ottobre del 1510. Di grande importanza è l’iscrizione apposta dal maestro stesso, dietro ad un suo dipinto del 1506, la cosiddetta “Laura” (Vienna, Kunsthistorisches Museum), dove è definito collega del pittore belliniano Vincenzo Catena. Il suo volto ci è noto grazie ad un dipinto, realizzato tra il 1509-10, oggi custodito all’Herzog Anton Ulrich Museum di Braunschweig, dove Giorgione si ritrae nei panni dell’eroe biblico David. Spicca evidente la cifra stilistica del maestro veneto: il volto malinconico e incerto del giovane guerriero e quell’atmosfera rarefatta che rende ancora più sfumati i tratti somatici del David-Giorgione.
Unico è anche il disegno a lui attribuito e conservato presso il Museum Boymans van Beuningen di Rotterdam. Una grande incertezza avvolse questo disegno, in merito al soggetto ritratto, a causa della inusuale e rarissima iconografia: viene infatti rappresentato un giovane scalzo e triste avvolto in un mantello e con un bastone tra le mani, mentre si riposa su una roccia nei pressi di un corso d’acqua; sullo sfondo si intravedono le mura di una città. Dopo numerose ipotesi si giunse a comprendere che si trattava del profeta Elia fuggito dalla città, dopo aver maledetto il re Acab che adorava gli idoli. Sulla stessa linea interpretativa, aperta a molteplici e controverse letture iconografiche, sono altre opere come “I tre filosofi” del 1504-1505 (Vienna, Kunsthistorisches Museum). Gli storici dell’arte non sono del tutto concordi nell’identificare i tre personaggi, considerando piuttosto i soggetti come “i tre astrologi” per la presenza di particolari strumenti di misurazione nelle mani del soggetto più giovane e per la carta astrale nelle mani del più anziano oppure come allegoria delle “Tre religioni” valutando l’abbigliamento caratteristico dei tre individui e le loro fisionomie. Anche la famosa “La tempesta” (Venezia, Galleria dell’Accademia) realizzata tra il 1507 ed il 1508 è un soggetto ‘enigmatico’, in bilico tra mito e realtà, in quei tocchi di pennello ora sfumati, ora rapidi, ora incisivi come il fulmine improvviso che attraversa il cielo. Il critico Augusto Gentili definì questo dipinto come “il più reticente fra tutti i reticenti quadri di Giorgione”.