Gesù ha fretta, non aspetta

Leggi e rileggi

La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea. E subito, usciti dalla sinagoga, andarono nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva. (Mc 1,28-31)

Medita e rifletti

Una gran fretta serpeggia nel Vangelo di Marco. Gesù e tutti coloro che gli stanno intorno sembrano pressati da una premura inverosimile. Per Marco l’avverbio “subito”, che nelle pagine del suo vangelo è quasi un intercalare (ricorre 28 volte), da’ quasi l’impressione di esprimere una idea teologica. È come se Gesù fosse consapevole che il tempo a sua disposizione non sia poi tanto lungo, perciò il suo andare si fa frenetico, spedito, alacre. Questa impazienza tradisce la volontà del maestro di Nazareth di portare a termine, o meglio di condurre al suo fine la missione ricevuta dal Padre senza tentennamenti, senza indugi, senza ripensamenti.

Anche in questo Gesù è icona perfetta del cuore del Padre, di quel Dio sempre “pronto” nell’amore, che, ai suoi eletti che gridano a lui, risponde prontamente e non fa attendere la sua giustizia (Lc 18,7-8); di quel Padre che al ritorno del figlio subito organizza per lui la festa del perdono e dell’accoglienza (Mt 5,22), di Colui che eternamente canta “Ecco verrò presto!” (Ap 22,20).

E la fretta di Gesù è contagiosa: attorno a lui è un frenetico via vai di poveri, di ammalati, di bisognosi di ogni genere. Immediatamente la fama di Gesù corre di bocca in bocca. Pure i discepoli non solo rispondono subito alla sua chiamata (Mc 1,17-18), ma senza indugiare presentano al Signore le necessità di tutti coloro che si trovano nel bisogno (è il caso della suocera di Pietro di cui subito i discepoli parlano a Gesù).

Il passo è spedito soprattutto quando si avvicina la pasqua e risolutamente con fermezza Gesù si dirige verso Gerusalemme… perché tutto si compia presto (Gv 13,27).

Che dire, invece, delle nostre lentezze, del nostro indugiare, del nostro “prendercela comoda” come se avessimo a disposizione l’eternità?

Che dire del nostro andare a rilento, del nostro farci attendere, del nostro litanico rimandare, del procrastinare ogni cosa, del nostro “rinviare a domani”?

Il tempo ormai si è fatto breve, nell’oggi della salvezza che il Signore ci offre dovrebbe inscriversi il “subito” della nostra risposta. La vita cristiana non è, e non può essere, una noiosa e sfiancante sala di attesa, ma semmai una corsa alacre. A descrivere la vita cristiana non può certo essere l’immagine di un uomo seduto su di una panchina, ma quella di uomini che, come i pastori o le donne di evangelica memoria, senza indugio vanno…

Alla buona notizia di un Dio che non sta mai fermo corrisponda per noi cristiani un deciso divieto di sosta.

Anch’io sono uno di quelli che preferiscono rimandare a domani quello che possono fare oggi?

All’indolenza dell’anima la tradizione cristiana ha dato il nome di accidia, sono sicuro di esserne libero?

Quali sono le ragioni del mio poco entusiasmo, dell’inerzia?

Prega

Signore Gesù, tu solo sai le mille paure che spesso paralizzano il mio cammino, tu solo conosci il mio indugiare, l’eterno rinviare scelte e decisioni. Donami un gioioso entusiasmo, una salutare “fretta”, una “sana inquietudine”. I fratelli non possono aspettare, hanno bisogno di me ora. Fa’ che io sia pronto a rispondere ad ogni anelito, ad ogni richiesta senza indugio, e che la mia vita alla tua sequela sia un correre con cuore dilatato sulla via dei tuoi precetti.

Agisci

Non rimanderò a domani quello che posso fare oggi. A chi mi chiede aiuto non dirò “passa più tardi”. Cercherò di convincermi che il segreto della mia riuscita è racchiuso nel momento presente, nell’oggi, nell’adesso.