La fraternità come servizio e comunione: pomeriggio di formazione e dialogo per le confraternite della diocesi

È stato un bel pomeriggio in fraternità quello vissuto lo scorso sabato nella parrocchia del Sacro Cuore di Quattrostrade. Nella giornata scelta per il passaggio di consegne tra mons Mariano Assogna e padre Mariano Pappalardo, i priori delle confraternite e gli associati ai sodalizi hanno condiviso un piacevole incontro di formazione e ascolto per poi partecipare alla messa

Un incontro «interlocutorio», per riprendere il cammino. È stato questo il segno dell’appuntamento riservato alle confraternite nel pomeriggio di sabato 22 aprile nel salone parrocchiale della parrocchia del Sacro Cuore in Quattrostrade. Un ritrovarsi che ha segnato anche il passaggio di consegne come coordinatore diocesano del settore tra mons Mariano Assogna e padre Mariano Pappalardo. E quest’ultimo, nel ringraziare per il lavoro svolto il suo predecessore e il diacono Vincenzo Focaroli, ha introdotto e condotto un pomeriggio di dialogo con gli uomini e le donne dei sodalizi, al quale hanno offerto il loro contributo anche il vescovo Domenico, il direttore del settore pastorale della Carità, don Fabrizio Borrello, e padre Ezio Casella, responsabile del settore della Liturgia.

Il raduno, infatti, si inserisce nel solco aperto dall’Incontro pastorale dello scorso settembre e dei verbi-chiave scelti per l’occasione: Camminare, Costruire e Confessare. Non è stata però una ripetizione, ma una rilettura svolta attraverso il tema specifico scelto per le confraternite, “Noi Ci SiAmo”: più che uno slogan, un ragionamento sull’attualità e il destino dei sodalizi affrontato sillaba dopo sillaba dai relatori.

I tratti del “Noi”: perseveranza, ascolto della Parola, carità

Aprendo sul “Noi”, mons Pompili ha preso le mosse dall’episodio evangelico di Tommaso che «non era con loro quando venne Gesù». Con questo, secondo don Domenico, si spiega «l’oscillazione nella fede» dell’apostolo: egli non era con gli altri, mentre «il Signore risorto appare sempre in una situazione comunitaria». Un’indicazione preziosa per le confraternite, che restano la possibile casa di un’esperienza di «fede autentica», e che anzi, in questa prospettiva, trovano il loro scopo ultimo, la loro «ragion d’essere» ancora oggi, anche quando si tratta di esperienze che vengono da molto lontano.

Si tratta però di interpretare l’attualità di questa vocazione, e in questa direzione il vescovo ha suggerito tre strategie per fare il “Noi”: «La perseveranza, l’ascolto della Parola e la carità». Si dà infatti una confraternita se c’è la continuità: una confraternita non esiste semplicemente per un momento, per una stagione, ma se resiste nel tempo e «non si sfarina di fronte alle difficoltà».
Deve essere costante il riunirsi, dunque, ma non solo: ci vuole una convergenza sulla Parola di Dio. «Una confraternita – ha spiegato mons Pompili – deve attendere a tante cose, ma vive innanzitutto dell’ascolto della Parola e della comunione fraterna nella frazione del pane, nell’Eucaristia». Senza questo tipo di cammino, le confraternite rischiano di essere associazioni come le altre, o peggio, «uno dei tanti gruppi di potere» che in realtà «non servono a nulla».

L’esistenza dei sodalizi deve invece essere qualificata da «esercizi concreti», tramite i quali la confraternita «esce fuori da sé», si fa carico «di un’iniziativa che non coincide con se stessa». Alla carità va allora finalizzata una parte delle risorse disponibili, «esattamente come fa la Chiesa diocesana», che proprio nella carità investe la metà del suo bilancio complessivo.

Uniti nella diversità in favore del bene comune

Questa doppia dimensione del “Noi”, dentro e fuori la confraternita, è stato l’oggetto dell’approfondimento di don Fabrizio sul “Ci”. Un ragionamento che ha preso le mosse dalla preghiera insegnata da Gesù ai suoi discepoli, sottolineando come, nello stesso essere «nostro» del «Padre», si annuncia l’esperienza collettiva quale natura di ogni realtà ecclesiale. Non è possibile, del resto, che la fraternità sia composta da uno solo. Occorre semmai approfondire “come” si sta insieme e “come” si guarda fuori. E il metodo suggerito è quello del dialogo, con in testa la consapevolezza che pure «gli apostoli erano tutti diversi l’uno dall’altro», ma erano anche tutti affascinati da Cristo. Una situazione esemplificabile con «i raggi della ruota» che, sebbene distinti, convergono tutti verso lo stesso centro. Un’unità che diviene bene comune: lo stesso cui devono puntare le fraternità e che è la vocazione stessa della Chiesa, nella quale le confraternite e i confratelli si trovano come le tessere di un grande mosaico. Ciascuna va a comporre una parte di un più grande disegno, ma è l’unione che non fa venire meno le singole identità.
Al contrario, don Fabrizio ha suggerito di andare alla riscoperta delle origini del proprio sodalizio, per cogliere la continuità del carisma di ciascuna confraternita e trovare il modo di traghettarla nel presente: «Il vostro compito non è solo quello di portare la statua del santo in processione – ha esemplificato il direttore della Caritas – ma di capire come abitare l’oggi per esserci domani».

La parola più impegnativa

Qui si è innestato l’intervento di padre Mariano, che ha introdotto i presenti alla «parola più impegnativa»: il “Sì”. Impegnativa come quando è stata pronunciata da Maria, cambiando la storia. Impegnativa, ma bella, perché il “Sì” è «la sorgente di acqua che alimenta il cuore». Perché è innanzitutto il “Sì” di Dio all’uomo: «È la fiducia di Dio nella mia vita. Una fiducia che non viene mai meno». Anche perché è un “Sì” «che non viene detto solo per me», ma si dilata «a servizio della comunità, alla Chiesa, al mondo».

Interpretare questo “Sì”, vuol dire intenderlo come una «parola affidabile», con la quale si annuncia che «su di noi si può contare». Evitando però l’inutile protagonismo, perché «non realizziamo progetti nostri, ma il progetto di Dio». L’invito alle confraternite è a essere «Avamposto» e «Avanguardia», a non «giocare di rimessa». «La Chiesa – ha sottolineato padre Mariano – deve arrivare per prima, non essere l’ultima ruota del carro». Una vocazione che impegna in modo particolare i laici, perché vivendo appieno la famiglia e il lavoro hanno le antenne giuste per restare sintonizzati con il tempo presente. Mentre quando questa sensibilità viene meno, le confraternite rischiano di diventare un retaggio del passato.

La vita cristiana si riassume nell’amore

Il “Sì” di Dio, ha spiegato poi padre Mariano, vuol dire che «Dio è amore». La stessa vita cristiana, dunque, si riassume nell’amore. Per le confraternite in particolare, vuol dire che l’amore non è solo una parola, ma «uno stile di vita», che nel quotidiano dei sodalizi va interpretato attraverso il «confronto» e il «dialogo». Atteggiamenti autentici quando si fondano sull’«ascolto» dell’altro. È per questa via che i sodalizi possono riuscire a superare le divisioni al loro interno come al di fuori di esse, a realizzarsi pienamente nel «servizio», a «farsi carico delle necessità dei più poveri».

Esserci per amore e per amare

La presenza delle confraternite è dunque un «esserci per amore e per amare», ha concluso padre Ezio Casella, che ha indicato nella partecipazione alla liturgia ciò che «radica, edifica e alimenta» lo stare nell’«amore di Dio per noi». Perché i segni e l’esperienza della liturgia rendono queste dimensioni «visibili». Come quando nella messa il sacerdote dice «Fate questo in memoria di me»: è il momento in cui «si inchina, quasi che tutta la Chiesa si presenta al Signore per essere pronta a obbedire a quel comando». Non è una questione di parole o di gesti, ma una scelta di vita da tenere insieme all’altro «imperativo» presente nella liturgia: «La messa è finita, andate». C’è un senso dell’essere inviati che risuona più volte nel Vangelo e richiama i fedeli alla «missione».
«Nella celebrazione – ha chiarito padre Ezio – la comunità si scopre amata da Dio, e questo sentirsi amata genera un servizio. Questo servizio sprigiona nel mondo uno stile di vita contagioso». Questo il solco tracciato per le confraternite della diocesi di Rieti, l’augurio di poter vivere la fraternità come servizio e comunione.