Forte del coraggio dei suoi martiri l’Albania attende il Papa

Angelo Massafra, arcivescovo di Scutari-Pult e presidente della Conferenza episcopale albanese: “La nostra è una Chiesa giovane, come giovane è la sua popolazione. Pertanto, è una Chiesa in cammino, esposta alla tensione dialettica tra passato e futuro e con un gap da colmare: gli anni del comunismo”. Tre aspetti fondamentali: missionarietà, dialogo tra le religioni, carità dalle altre Chiese.

La speranza. Sarà questo il leitmotiv che animerà il viaggio apostolico di Papa Francesco a Tirana, in Albania, domenica 21 settembre. “Insieme con Dio, verso la speranza che non delude” è, infatti, lo slogan con cui i vescovi del Paese delle aquile hanno deciso di accogliere il Pontefice. Ma non solo… Anche il nome del sito ufficiale di questo evento, www.spes.al, è alquanto evocativo. Così come il logo: in modo stilizzato rappresenta il popolo cristiano che risorge dal sangue dei martiri e continua a camminare con la Croce come vessillo. Una speranza, dunque, fondata sulla testimonianza dei martiri. Ma con quali sentimenti la Chiesa locale attende l’incontro con il Papa? Lo abbiamo chiesto a monsignor Angelo Massafra, arcivescovo di Scutari-Pult e presidente della Conferenza episcopale albanese.

Eccellenza, come si sta preparando il Paese all’incontro con Papa Francesco?

“È una preparazione lunga e laboriosa che sta coinvolgendo tutte le forze ecclesiali e civili. Un’occasione preziosa per mettersi attorno a un tavolo e confrontarsi non solo dal punto di vista tecnico, ma soprattutto delle idee di fondo che accompagnano Papa Francesco in questo viaggio apostolico”.

Una di queste idee è la speranza come si evince dallo slogan scelto per la visita. Quale speranza per la Chiesa e la società albanesi?

“Quella albanese è una Chiesa che desidera essere confermata nella fede dal vescovo di Roma, ma è anche una Chiesa che – secondo san Paolo, suo primo evangelizzatore – della sua povertà può far ricchi molti. La testimonianza della ‘resistenza’ nella fede da parte di un popolo fortemente religioso, a prescindere dal suo credo, ha prodotto dei campioni di coraggio: i nostri martiri. La speranza che essi ci hanno trasmesso è una sfida che siamo pronti ad accogliere a fronte di una nuova minaccia, quella del secolarismo che forse miete più vittime del comunismo. Ed è la stessa speranza che vogliamo comunicare all’Europa e al mondo intero”.

La visita a Tirana sarà il quarto viaggio internazionale del Papa: il primo nel continente europeo. Francesco, per l’Europa, ha scelto una periferia…

“Lo sguardo rivolto alle periferie è uno dei tratti caratteristici di Papa Francesco. Sicuramente la sua scelta di rendersi presente in Europa a partire dall’Albania non è solo motivo di orgoglio per noi albanesi, quanto ‘fierezza’ di una Chiesa che, nella sua povertà, sa di essere in linea con gli insegnamenti di Gesù Maestro”.

Sono passati 21 anni dalla visita di Giovanni Paolo II: come sono cambiate la Chiesa e la società da allora?

“Non è facile tratteggiare, con poche parole, i cambiamenti della Chiesa albanese in 21 anni. Ciò che posso dire è che si tratta di una Chiesa giovane, come giovane è la sua popolazione. Pertanto, è una Chiesa in cammino, esposta alla tensione dialettica tra passato e futuro e con un gap da colmare: gli anni del comunismo. È una Chiesa che interagisce con la società a tal punto da vedersi impegnata in prima linea, nonostante le sue povere forze in termini di clero, a risollevare questo popolo dalle piaghe sociali e culturali, frutto sia della dittatura sia del secolarismo incalzante. Una Chiesa che non chiude gli occhi di fronte a forme di degrado che oscurano l’immagine degli albanesi in Europa e nel mondo: produzione e spaccio di droga, corruzione, criminalità, ecc. Ma soprattutto è una Chiesa che si sforza di cogliere il positivo – è davvero tanto e, in gran parte, ha a che fare con la fede! – che la cultura e la società portano con sé per farlo sviluppare al massimo della sua potenza, perché in esso è il segreto della vera rinascita”.

La visita sarà caratterizzata da tre momenti forti: la preghiera (Messa e Vespri) con le diverse realtà ecclesiali, l’incontro con i leader di altre religioni e denominazioni cristiane e, successivamente, al Centro Betania, con i bambini e alcuni assistiti d’istituti caritativi. Tre aspetti da cui emerge l’immagine della Chiesa locale…

“Si tratta di tre aspetti fondamentali che ci appartengono. La nostra Chiesa, infatti, è missionaria: sin dall’apertura delle frontiere, i missionari e le missionarie hanno dato respiro alla Chiesa di Albania; e, ancora oggi, sono il sostegno delle comunità cristiane. La nostra Chiesa è aperta all’ecumenismo e al dialogo interreligioso: gli albanesi sono un grande esempio di convivenza tra fedi diverse; ci sono i presupposti perché la fede nell’unico Dio che ci accomuna divenga stimolo per possibili soluzioni dei problemi della società in cui viviamo. La nostra Chiesa, infine, vive di carità: la carità delle altre Chiese ci ha soccorso in tempo di bisogno, ma finché ci sarà un solo pezzo di pane a disposizione questo sarà condiviso con tutti”.

Quali attese e quali frutti si aspetta da questa visita?

“Un rinnovato impegno di crescita nella fede, perché la speranza che ci anima divenga sorgente di una carità senza limiti”.