Ex Asu: il punto su una questione scottante

Scottante è un termine ottimistico per definire questo caos, che vede ad oggi come unici colpevoli paganti dei semplici lavoratori dipendenti a tempo determinato, con le istituzioni fervidamente impegnate in un formidabile gioco a scaricabarile degno della migliore tradizione italica.

Tutto inizia con un accordo di comodo, convenuto tra la Regione Lazio ed il Comune di Rieti nel 2011. C’era la questione spinosa dei lavoratori LSU della comunità montana Montepiano Reatino da sistemare. La Regione Lazio chiede al Comune: «ma perché non te li prendi tu che ti pago io, tanto so’ fondi europei?»

Ed il Comune, governato dall’allora Giunta del Centro Destra, molto opportunamente fa valere le proprie ragioni ed a fin di bene: «sì, però tu mi comprendi anche alcuni lavoratori in trattamento denominato ASU», cioè lavoratori a costo zero pagati dall’INPS (mobilità) che prestano servizio da tempo presso il Comune.

Con questo intento, finalizzato peraltro solamente a migliorare la situazione occupazionale della nostra città e scevro da ogni altro fine, se non quello di offrire lavoro e servizi ai cittadini, impiegando i lavatori nella manutenzione pubblica, nella raccolta differenziata, nei servizi sociali, nel Centro Elaborazione Dati ed altro) si semi-stabilizzano a tempo determinato 23 lavoratori LSU ex comunità montana e 23 lavoratori ASU.

Si rimarca peraltro che questa distinzione è assolutamente fittizia, essendo a questo punto tutti i lavoratori accomunati nel medesimo percorso, tanto è vero che le buste paga di tutti recitano “ex LSU”. Inoltre la L.R. 22 Luglio 2002, n. 21 “Misure eccezionali per la stabilizzazione occupazionale dei lavoratori socialmente utili e di altre categorie svantaggiate di lavoratori nell’ambito di politiche attive del lavoro” intende chiaramente che per categorie svantaggiate si intendono anche i lavoratori percettori di trattamento di mobilità.

Tutta la vicenda ruota attorno alla “Convenzione” firmata da un dirigente della Regione Lazio, Bruno Capriolo, e dall’allora assessore Diana, il 1 dicembre 2011, presso la Regione Lazio. Basandosi su tale accordo ufficiale, che garantisce copertura economica dalla Regione, il Comune di Rieti provvede a stipulare i contratti a tempo determinato con i lavoratori, firmati dai vari dirigenti del Comune di Rieti. Le firme avvengono una parte sotto l’amministrazione Emili, ma altre sotto l’amministrazione Petrangeli.

Ebbene, nonostante tale accordo sia stato per lungo tempo noto ed onorato dalla Regione versando i relativi oneri nelle casse del Comune di Rieti, ad oggi la Regione misconosce in toto la convenzione quasi fosse stipulata da altro ente, evidentemente tale è considerata la passata Giunta regionale, preannunciandone la revoca per vizi di forma, sulla base di appunti che la Corte dei Conti ha prodotto recentemente.

La Giunta Zingaretti, pertanto, recita ai Comuni: «Signori, mi sono sbagliata, mi dovete ridare tutti i soldi(!)» ed i Comuni rimangono nel bel mezzo dell’incudine: da un lato lavoratori con contratti firmati di 3 anni ai quali viene preannunciata la “sospensione”, un incredibile monstrum giuridico non esistente nell’ordinamento legale dei contratti a tempo determinato.

In questo bailamme nessuno ha colpa, tutti menano le proprie ragioni, ma solo ed esclusivamente i lavoratori ne hanno danno immediato e diretto, e non hanno nessuna altra opzione che far valere le proprie ragioni per una eventuale interruzione unilaterale di contratto T. D. nelle opportune sedi (il Tribunale sez. Lavoro), come peraltro incredibilmente esortati a fare persino dall’assessore Paolo Bigliocchi in pubblico, in Consiglio Comunale.

Ma come? Il Comune dovrebbe ingiungere legalmente alla Regione di farsi carico degli oneri per i quali essa si è impegnata, e invece scarica le proprie responsabilità sulla pelle dei lavoratori esortandoli a fare causa! Inammissibile, perché i lavoratori pagano di tasca propria, mentre le spese legali il Comune le farà pagare alla cittadinanza tutta!

La Giunta comunale, soggiogata dalla Giunta Regionale del medesimo colore non osa alzare la voce, siamo tutti di sinistra in fondo, siamo d’accordo! Si pensi che pur avendo votato all’unanimità (maggioranza ed opposizione) il sostegno ai lavoratori facendo tenere il Consiglio comunale dinanzi alla Regione, dopo pochi giorni avviene il completo voltafaccia, con tutta la Giunta defilata ed i lavoratori soli dinanzi alla Regione a manifestare.

Mandiamoli a casa, 23 persone, tanto noi assessori, dirigenti, funzionari che abbiamo creato questo caos continueremo tranquillamente a percepire i nostri emolumenti senza nessuna conseguenza. Troppo comodo, veramente incredibile in un Paese “civile”! Confidiamo nella giustizia a questo punto, la sola in grado di riportare, chiarire ed ascrivere le reali responsabilità, che sono evidentemente molte, di questo assurdo scaricabarile all’italiana ove a pagare è, come tradizione, solo la parte debole. Noi lavoratori ex-Asu ovviamente impugneremo ogni atto arbitrario che il Comune di Rieti oserà fare nei nostri confronti, alla luce delle vigenti normative in tema di diritto del lavoro.

E gli altri Comuni del Lazio? Bene, Frosinone ha operato in modo oculato, prevedendo da lungo tempo un piano operativo di utilizzo reale del personale, che ha portato addirittura alla stabilizzazione dei lavoratori nel pieno rispetto delle procedure.

Rieti, pur necessitando di ben 49 posti in pianta organica, come reso pubblico dalla stessa Giunta Petrangeli nel giugno 2013, assolutamente nulla ha fatto e per lungo tempo (2 anni), destando inevitabilmente l’impressione comune che forse questi lavoratori non fossero voluti ed assolutamente scomodi, preferendo invece l’usuale la politica delle facili assunzioni che seppur legalmente giustificabile è moralmente insostenibile in un Comune con bilancio precario.

Si spende con altri capitoli di spesa, numerose consulenze, sfruttando gli articoli 90 e 110, un ulteriore nono assessore, dirigenti chiamati a ricoprire incarichi di altri dirigenti o scomodi e/o inutilizzati, ma ugualmente presenti sul posto di lavoro e ben lautamente pagati dalla cittadinanza, o per consentire addirittura lavoro “in nero”, cioè personale operante all’interno della struttura senza alcun contratto, come recentemente avvenuto e documentato. Operato, ci si consenta, non esattamente conforme allo spirito dei principi ispiratori di “sinistra” e di “trasparenza” tanto declamati.

Ad oggi nessuno ha prospettato una soluzione attendibile per questo problema che va ad aggravare ulteriormente la già desolante situazione del lavoro in Rieti.

(dal Blog Rieti Viva)