Donatello e i due David

Le due sculture di Donatello, al di là della straordinaria e universale bellezza, sono particolarmente importanti poiché riassumono due momenti fondamentali per la storia dell’arte: da un lato, testimoniano due tappe significative della sensibilità stilistica del Quattrocento, dall’altro riassumono l’evoluzione culturale del maestro, la sua capacità di lavorare con materiali differenti e la diversa maturità compositiva e comunicativa

Quando l’arte gotica volgeva al crepuscolo salutando il primo sole mattutino del Rinascimento, tra le botteghe di Firenze si aggirava un giovane scultore di belle promesse, umile nell’animo e intelligente nella mente. Questo brillante giovanotto dalla capigliatura garbatamente aggiustata, con la barbetta biforcuta e lo sguardo ecclettico era infatti destinato a diventare uno dei più grandi artisti di tutti i tempi, ovvero Donatello. Fu autore di meravigliose creazioni, realizzate durante una lunghissima esistenza di circa ottanta anni; talvolta però la sua figura viene associata unicamente al David in bronzo (Museo nazionale del Bargello), che realizzò tra il 1444 ed il 1453, in piena ascesa della Signoria medicea. In realtà, Donatello si cimentò parecchi anni prima con la rappresentazione dell’eroe biblico. Questa preferenza trova una spiegazione nell’importanza che la figura di David aveva per i fiorentini, quale nume tutelare della città e difensore della libertà civili. Le due sculture di Donatello, al di là della straordinaria e universale bellezza, sono particolarmente importanti poiché riassumono due momenti fondamentali per la storia dell’arte: da un lato, testimoniano due tappe significative della sensibilità stilistica del Quattrocento, dall’altro riassumono l’evoluzione culturale del maestro, la sua capacità di lavorare con materiali differenti e la diversa maturità compositiva e comunicativa.
Quando realizzò il primo David in marmo, nel 1408, lo scultore fiorentino aveva poco più di vent’anni. L’opera in origine doveva occupare un contrafforte del duomo di Firenze in parallelo con il profeta Isaia realizzato da Nanni di Bartolo. Si trattava quindi di costruire una scultura che doveva inserirsi in un ampio e ben definito contesto iconografico, dovendo “convivere” non solo con il monumento architettonico, ma anche con un’altra scultura. L’opera risente stilisticamente del clima culturale artistico gotico-internazionale, sulla scorta dell’Ile-De-France, ma diversa è la metrica costruttiva poiché Donatello sviluppa la figura secondo un naturalismo compositivo che divenne la sua cifra stilistica. La figura di David è impostata su due direttive principali, una linea diagonale che parte dalla gamba destra e continua fino alla spalla opposta, e poi un andamento rotatorio dato proprio dal leggero sollevarsi della spalla che continua fino al braccio destro che si piega sul fianco, leggermente voltato. L’aspetto del viso è quello di un giovane disinvolto e quasi noncurante, mentre l’abbigliamento è un palese richiamo alla moda dell’epoca con la fitta trama che avvolge il busto, il mantello ed il panneggio che corre rapido verso il basso, trasmettendo un interno dinamismo. La testa di Golia è un fiume di barba e capelli e giace ai suoi piedi con un sasso conficcato nella fronte.
Il David del 1440-53 è un’opera pienamente rinascimentale; con la distanza temporale, si avverte quella stilistica e filosofica. Anzitutto la scelta del materiale, il bronzo, è un richiamo alla lavorazione della lega metallica nell’età di Prassitele. Poi l’opera viene concepita non più per dialogare in un contesto, ma come elemento isolato e destinato a coronare, “a tutto tondo”, una colonna posta al centro del cortile di palazzo Medici. Il David è poi completamente nudo, quasi efebico, un nudo virile chiaramente ispirato alla statuaria classica. Il corpo del giovane eroe è levigato e polito, addirittura sproporzionato rispetto allo spadone del nemico Golia, l’unico accenno al movimento si nota nel leggero hanchement della postura che riassume tutta la dinamica dell’azione passata. Il volto è una sintesi tra il meditativo e il trasognante, ha le fattezza di Mercurio con l’elmetto leggero e tagliente, proprio per suggellare il senso della velocità e della levità. Donatello rievoca in un solo attimo tutta le speculazioni filosofiche sofiste e neoplatoniche che Marsilio Ficino trasmetteva alla cultura fiorentina. Ecco i due David, due capolavori a confronto: l’uno chiudeva un’epoca e ne apriva un’altra, l’altro la suggellava.