Don Gottardo festeggia 50 anni di sacerdozio: «ricomincerei da capo!»

Mons Gottardo Patacchiola, parroco di Cantalice, ha attraversato cinquant’anni di storia della Chiesa italiana e locale: come sacerdote e come cerimoniere vescovile. Ordinato il 17 marzo del 1968, ha potuto confrontarsi con tre papi, sei vescovi, un concilio, le storie di vita di qualche migliaio di parrocchiani, attraversando cambiamenti e avvenimenti tenendo sempre fede al Vangelo e portando nel cuore l’esempio degli amati santi del territorio

Tre papi, sei vescovi, un concilio, le storie di vita di qualche migliaio di parrocchiani e i cambiamenti di un cinquantennio di storia della Chiesa. Monsignor Gottardo Patacchiola fa fatica a condensare in pochi minuti di chiacchiere le sue “nozze d’oro” con il sacerdozio: tanti ricordi, tanti insegnamenti, tanti episodi che hanno segnato il suo lungo cammino da parroco: «sono commosso ma molto contento, ho voluto bene alla gente».

Era il 17 marzo 1968 quando poco più che ventottenne venne ordinato sacerdote nella cattedrale di Rieti dall’allora vescovo Nicola Cavanna: «una giornata sempre viva dentro di me, fu il coronamento di una meta tanto attesa, c’era tantissima gente: il ricordo di quella grande festa mi ha accompagnato per tutta la vita».

Gli occhi si inumidiscono, gli aneddoti si accavallano mentre vengono riavvolti i fili di un percorso spirituale iniziato da adolescente: «talvolta ho avuto dei momenti di titubanza, ma fortunatamente ho superato tutti gli ostacoli, credevo in quello che facevo e sono partito in quinta!».

Il giovane don Gottardo inizia il proprio percorso pastorale dal Cicolano: Rigatti, Marcetelli, Girgenti, Vallececa, piccoli paesi che negli anni settanta risultavano ancora abbastanza popolati, ma isolati dai centri vitali e con grandi difficoltà nelle vie di comunicazione: «ammetto che ci andai quasi malvolentieri, invece conoscere quella gente fu una vera e propria grazia: quelle persone mi hanno insegnato a vivere».

Poco più che quarantenne, il definitivo “riavvicinamento” a Cantalice, suo paese natale, dovuto alla malattia del padre. Un paese legato indissolubilmente alla sua figura e alla sua natura esuberante e vivace, a tratti brusca, molto attaccata alle tradizioni e alle solennità da celebrare “con tutti i crismi”.

Forti i ricordi e gli obiettivi legati al patrono San Felice, ai tanti 18 maggio in processione con il vescovo Francesco Amadio, «una persona eccezionale, di grande generosità e grande cultura, con il quale ho passato tanti emozionanti momenti». Tra questi, la condivisione di una giornata impossibile da dimenticare, il 2 gennaio 1983, di cui mons Patacchiola mostra orgoglioso tante foto, tutte conservate gelosamente. La visita pastorale di Giovanni Paolo II a Rieti e Greccio vide don Gottardo nel ruolo di cerimoniere, insieme a don Giovanni Teodori: «lo accogliemmo in curia, lo aiutai a vestirsi, ricordo che tremavo mentre lo aiutavo ad indossare il mantello rosso. Eravamo solo io e lui: mi abbracciò, e in quel momento sentii su di me il peso di una personalità grandiosa».

Tanti i ricordi legati anche al vescovo Dino Trabalzini, «colui che portò a Rieti lo spirito del concilio, una grande svolta per tutti noi», Giuseppe Molinari, «il pastore del popolo», l’emerito Delio Lucarelli «con cui ho avuto delle piccole incomprensioni, che poi abbiamo superato», fino ad arrivare all’attuale Domenico Pompili «uno che va a mille, che lavora e fa lavorare, lo dissi pure a papa Francesco».

Il pensiero va a un’altra giornata indimenticabile, l’udienza con Bergoglio in piazza San Pietro, nell’ottobre del 2017. «Fu un incontro magnifico. Con gli acciacchi che ho, ricordo la grande fatica per arrivare a piedi nei pressi della basilica, davanti alle transenne, al posto che mi era stato riservato: una volta lì mi misi la fascia e attesi un pò l’arrivo del Papa». Un’attesa ripagata in pieno che gli valse un colloquio di qualche minuto con il Santo Padre, giusto il tempo per la benedizione, un augurio per il traguardo dei cinquant’anni di sacerdozio e la richiesta di una grazia particolare: «Santità, mi faccia ricominciare da capo!»

L’incontro con mons Patacchiola termina con una riflessione sui grandi cambiamenti della Chiesa cattolica, «una Chiesa che è sempre più bella e viva, con grandi aperture che nessuno di noi della vecchia scuola si sarebbe aspettato. Oggi nessuno è abbandonato, il prete non è più rinchiuso nella canonica, siamo tutti chiamati a vivere l’insegnamento di Dio tra la gente, pastori con l’odore delle pecore come ci suggerisce il nostro papa».

Il regalo più bello per questi “primi” cinquant’anni? «Nulla di materiale, ho già ricevuto tantissimo, se mi serviva una fetta di pane, me ne arrivava una pagnotta intera. Vorrei solo che la gente pregasse per me e perdonasse le mie mancanze». E se papa Francesco acconsentisse al “Gottardo bis”? «Non mi tirerei certo indietro, nonostante l’età ripartirei in quinta anche stavolta».