Don Domenico: «dare più spazio alla sensibilità femminile fa bene alla Chiesa e alla società»

«Perché è così importante questa figura di donna anche ai nostri giorni, nonostante siano passati cinque secoli dalla sua morte?». È la domanda che si è posto mons. Domenico Pompili celebrando nella mattina del 20 maggio, presso il monastero domenicano di Sant’Agnese, la memoria della beata Colomba da Rieti.

La risposta, secondo il vescovo, è arriva dalla necessità di restituire alla donna «non solo la sua dignità, ma anche la sua originalità». Un percorso sul quale «siamo un po’ tutti ancora in ritardo». «Nella società – ha spiegato mons. Pompili – nonostante tante cose siano cambiate, permane ancora un atteggiamento discriminatorio nei confronti della donna, che si manifesta palesemente nella violenza contro la donna stessa».

Anche nella Chiesa dobbiamo registrare una certa fatica ad integrare il valore della femminilità. Ne è prova la fuga delle donne, in particolare delle quarantenni, dalla vita della Chiesa. Questo è un fatto molto grave, perché le donne sono sempre state quelle che hanno garantito la trasmissione della fede, la fede è sempre passata attraverso la generazione di una donna.

Un esodo che secondo il vescovo Domenico ha avuto inizio durante gli anni ‘70, senza «distinzione di generi», e non a caso, «perché è proprio in quel periodo che nel nostro paese delle cause femminili si è fatta interprete solo una certa parte. La Chiesa è sempre stata vista come contraria ad esse».

Con questo non voglio dire che la Chiesa non avrebbe dovuto o non debba ancora difendere la fedeltà matrimoniale o sostenere la causa della vita; intendo dire che abbiamo dato sempre l’impressione che tutto questo fosse stato fatto senza tener conto della sensibilità femminile. E così proprio noi che avremmo dovuto e dovremmo essere più di chiunque altro a tutela della vita e della donna, siamo apparsi quelli contrari e alla vita e alla donna.

«Allora è importante – ha proseguito il vescovo – che la beata Colomba ispiri la nostra riflessione e la nostra pratica e che alla donna venga riconosciuto il suo genio, che è quello proprio della beata Colomba, cioè la sua originalità. La donna in un certo senso ha un punto di vista molto differente da quello maschile».

Laddove gli uomini si perdono in un bicchier d’acqua, le donne sanno essere più concrete; se gli uomini smarriscono l’orientamento le donne li riconducono alla praticità della vita. Le donne sono capaci di curare, di accompagnare la crescita delle persone, mentre gli uomini, più sbrigativi, fuggono dal quotidiano quando si tratta di svezzare, allevare, crescere, confortare, curare. La donna poi sa essere pacificatrice, sa ricondurre le cose alla loro sostanza, senza farsi prendere troppo dalla figura, dalla faccia, dal potere.

«Nella Chiesa – ha concluso don Domenico – forse non c’è bisogno di ribaltare situazioni, cioè di far fare alle donne quello che debbono fare gli uomini. Non è una questione di potere, ma di sensibilità e quanto più nella Chiesa si darà spazio a questa sensibilità, differente da quella maschile, tanto più si trarrà il meglio e per la Chiesa e per la società. Questo è quello che la beata Colomba ci fa intendere e alla sua intercessione ora affidiamo la nostra Chiesa e la nostra città perché grazie a donne come lei possa questa nostra Chiesa crescere, svilupparsi, essere all’altezza della sua vocazione».