Cattedrale gremita per la Domenica delle Palme. Il vescovo: «introdurre gesti di tenerezza, aiuto e stupore nel quotidiano»

Per il terzo anno consecutivo, la Domenica delle Palme ha visto riunite intorno al vescovo Domenico tutte le parrocchie del centro storico cittadino, con l’aggiunta, in questo 2018, della comunità francescana interobbedienziale insediatasi a palazzo San Rufo lo scorso dicembre. E proprio da una delle chiese affidate alla cura pastorale dei frati, quella monumentale di San Francesco insistente nel territorio di Santa Maria in Cattedrale, ha avuto inizio la liturgia che apre la Settimana Santa, con la benedizione dei rami di palma e olivo. Un momento breve, ma significativo, seguito dalla processione in onore di Cristo re, compiuta nel ricordo delle folle di Gerusalemme che acclamavano Gesù, accompagnata dal ritmo di chitarre e tamburelli.

Strumenti che all’ingresso in Santa Maria hanno ceduto il compito all’organo suonato da Lorenzo Serva e al canto della Schola Cantorum «Chiesa di Rieti» e del coro «Giuseppe Rosati» di Sant’Agostino, che sotto la guida del maestro Barbara Fornara hanno animato la liturgia e il canto a più voci del Vangelo della Passione del Signore.

Nel rivolgersi ai fedeli, che hanno completamente riempito la Cattedrale, il vescovo Domenico ha invitato ciascuno a interrogarsi sulla propria capacità di sottrarsi «alla presa del popolino che sprizza rancore e odio da ogni poro», a misurare quanto siamo davvero capaci di «introdurre silenziosamente gesti di tenerezza, di aiuto e di stupore nel quotidiano».

E riflettendo su Gesù che «resta in agonia fino alla fine del mondo perché anche oggi sono milioni le vittime dell’odio e dell’ingiustizia», mons Pompili ha proposto un pensiero affidato da Etty Hillesum, deportata in un lager nazista, al suo Diario: «Se Dio non mi aiuterà più, allora sarò io ad aiutare Dio… Una cosa diventa sempre più evidente per me, e cioè che tu non puoi aiutare noi, ma che siamo noi a dover aiutare te, e in questo modo aiutiamo noi stessi».

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