Discorso alla Città, don Domenico: «fare dei nostri borghi un’occasione per inventare nuove forme di presenza»

Monsignor Pompili stasera, nel suo “Discorso alla Città” in occasione della solennità di Santa Barbara, patrona della città e della diocesi di Rieti, ha messo in luce l’importanza di affrontare la crisi prodotta dal terremoto con un approccio che abbracci più dimensioni. Innanzitutto, «lo spirito», che «vuol dire che ha fiato corto chi pensa di poter fare a meno di uno sguardo più ampio, che non si lascia ingabbiare dai soli ‘dati di fatto’. Onestamente, tutti sappiamo che una ecatombe del genere non si può superare solo in virtù del buon governo, quando miracolosamente si compisse». Solo «se si ritrova uno spirito che sa immaginare altro rispetto alle macerie, che sa collocare questo momento in un tempo e in un senso diverso da quello dell’emergenza si possono affrontare le difficoltà e i ritardi».

Paradossalmente, ha osservato monsignor Pompili, «essere in ginocchio apre una visuale diversa e più libera per fare quel salto di qualità necessario a immaginare un altro modello di sviluppo. L’umiltà ci rende più vicini alla terra ferita, più capaci di ascoltarla» per «fare di questi nostri borghi, già colpiti dallo spopolamento ben prima che dal terremoto, un’occasione per inventare nuove forme di presenza». Ma, ha avvertito il presule, «senza lo spirito che va oltre i dati materiali non si fa nessun passo avanti. Se gli abitanti di Accumoli e di Amatrice, ma anche dei paesi e delle città del cratere non saranno capaci di andare al di là di quello che vedono oggi, sarà impossibile ricominciare a vivere. Quando nella storia dei popoli tutto è distrutto, solo chi ha uno sguardo spirituale sa incoraggiare a non arrendersi. Perché quello che oggi sembra impossibile torni alla nostra portata. Un realismo diverso ci è richiesto oggi. Il realismo della speranza che nel ‘non più’ riesce a vedere un ‘non ancora’, e a renderlo possibile».