Corvaro non dimentica le vittime del terremoto

Nella mattinata di sabato 13 gennaio, presso la chiesa di San Francesco in Corvaro, ad opera di don Francesco Salvi e don Daniele Muzi, si è tenuta una celebrazione per ricordare le vittime nel sisma del gennaio 1915.

Erano presenti il Coro alpino “Malga” di Roma, che ha accompagnato con i canti le fasi della cerimonia, il sindaco di Borgorose, Mariano Calisse, i gruppi Alpini del Cicolano, Rieti, Santa Rufina, Leonessa, Castel Sant’ Angelo, Subiaco, Viterbo e le associazioni Carabinieri e Bersaglieri del Cicolano.

Un momento della celebrazione nella chiesa di San Francesco a Corvaro

Nella sua omelia don Daniele ha ripercorso le fasi dell’evento disastroso dando voce ai racconti dei sopravvissuti, testimonianze che il sacerdote aveva raccolto negli anni 50 e trascritto nel bollettino parrocchiale di quel tempo.

Nel 1915 il comune di Borgorose era parte integrante della provincia de L’Aquila, città vicina geograficamente, ma difficile da raggiungere per mancanza di strade dirette. A quel tempo si viveva principalmente di agricoltura e allevamento del bestiame.

La mattina del 13 gennaio 1915, alle ore 7:40, una forte scossa di terremoto rase al suolo la marsica e con essa il comune di Borgorose. Le frazioni di Corvaro, Collefegato, Santo Stefano, Santa Anatolia, Torano e Poggiovalle le più colpite. Il terremoto fece in totale 33.000 morti, 75 le vittime di Corvaro e Santo Stefano. Erano prevalentemente ragazzi e bambini colpiti nel sonno e donne indaffarate nei lavori domestici. Gli uomini validi erano già fuori casa, dediti al lavoro di accudimento del bestiame. I nomi delle vittime vennero trascritti dal parroco Giuseppe Rampa nel registro parrocchiale del tempo.

Don Daniele nel ricordare l’evento ha riportato alla memoria la vicenda di una bambina rimasta sotto le macerie per 7 giorni, vicino al corpo senza vita della madre a cui si rivolgeva dicendo: «Mo non te svigli mai». La piccola invitava la madre a svegliarsi credendola addormentata.

La sofferenza per la perdita dei cari si è affiancata ai sacrifici per la sopravvivenza nei periodi subito dopo il sisma. Si andava avanti con il lume a petrolio e con la luce del fuoco, si andava a dormire nelle stalle rimaste in piedi riscaldate dal calore degli animali. La gente toglieva le tavole dei piani delle stalle per realizzare delle capanne e proteggersi dal freddo gelido di gennaio.

La solidarietà, l’aiuto reciproco erano il sostegno di quei giorni; si scambiava di tutto, dal fuoco al bestiame, dagli oggetti da cucina ai vestiti. La desolazione di quegli anni indusse molte famiglie ad andare via dal territorio dando vita intorno agli anni 20 al fenomeno dell’emigrazione verso stati come l’Argentina e il Brasile.

Si sono formate comunità di Corvaresi che hanno lasciato fisicamente il loro paese senza mai cancellare il ricordo e l’affetto per i luoghi nativi. Un affetto che, come ha ricordato don Daniele, si è manifestato palesemente quando nel 1982, andato a trovarli, venne accolto con urla di gioia all’aeroporto della città di Rosario.

Al termine della cerimonia si è usciti fuori dalla chiesa per dare il via alla benedizione inaugurale del “Ceppo” di pietra su cui sono stati trascritti i nominativi delle 75 vittime del sisma. Don Francesco Salvi, alla presenza del sindaco di Borgorose, ha dato il via alla cerimonia. Con il sottofondo dei canti del coro alpini “Malga” e lo sventolio delle bandiere sono stati letti i nominativi delle vittime e per ognuna di loro è stato depositato un fiore bianco ai piedi del memoriale dai bambini presenti nella piazza.

Una celebrazione commovente che ha fatto riflettere sui drammi che spesso l’umanità si trova ad affrontare. Tragedie che purtroppo continuano a ripetersi vista la sismicità del centro Italia. Rispetto al passato la viabilità, le tecnologie, la celerità e l’organizzazione degli interventi hanno mitigato le sofferenze legate alla perdita di beni materiali.

Per far fronte ad eventi drammatici come un sisma ed evitare, ove possibile, vittime, il cammino è ancora lungo. Occorre investire molto nella prevenzione, stanziare risorse per favorire la messa in sicurezza delle abitazioni e far rispettare le norme di costruzione con i criteri che necessitano nelle zone ad alto rischio sismico.