Convulsioni estive

In questi giorni sono arrivate le dimissioni di due membri dell’esecutivo. Un ministro e un sottosegretario, almeno per ora. Dimissioni chiaramente collegate con la crisi dell’area centrista e la ritrovata capacità attrattiva di Berlusconi, nella prospettiva delle elezioni previste a scadenza naturale nei primi mesi del 2018. È tale prospettiva che determina anche i complicati processi in atto alla sinistra del Pd

Dopo la brutta pagina politico-parlamentare che ha portato allo stop – si spera solo temporaneo – della legge sulla cittadinanza (impropriamente detta “dello ius soli”), a mettere ulteriormente in evidenza le convulsioni dentro e intorno alla maggioranza di governo sono arrivate le dimissioni di due membri dell’esecutivo. Un ministro e un sottosegretario, almeno per ora. Dimissioni chiaramente collegate con la crisi dell’area centrista e la ritrovata capacità attrattiva di Berlusconi, nella prospettiva delle elezioni previste a scadenza naturale nei primi mesi del 2018. È tale prospettiva che determina anche i complicati processi in atto alla sinistra del Pd. Per i tempi della vita sociale, la fine della legislatura non sembrerebbe una scadenza così immediata, ma a ben vedere i suoi effetti già si dispiegano abbondantemente – e non da ora – sugli assetti del sistema politico. Che l’orizzonte delle elezioni incida sui comportamenti dei partiti (comprese le formazioni relativamente nuove), non è una gran sorpresa. Ma la portata temporale dell’anticipo e anche la profondità dei sommovimenti si spiegano soltanto se si tiene conto che la prossima consultazione si terrà con il sistema proporzionale (anche un’eventuale riforma in extremis non uscirà da questo alveo). Di fatto le forze politiche stanno anticipando nella situazione attuale i comportamenti indotti dal sistema proporzionale, in cui ognuno corre per sé ed eventuali alleanze successive sono tutte da costruire e da confermare. L’aspetto surreale di questo quadro politico è che tutti sanno che dopo il voto per costituire un governo sarà necessario un accordo tra forze diverse, ma intanto ogni partito dichiara solennemente di voler competere per conquistare da solo la maggioranza parlamentare e gli stessi elettori , se è vero quel che emerge dai sondaggi, vorrebbero in misura nettamente prevalente che il partito in cui si riconoscono non stringesse alleanze in alcuna direzione.
Una conseguenza specifica di questa dinamica è che l’attuale maggioranza di governo non potrà comunque presentarsi come tale davanti al giudizio degli elettori e ciò rende veramente arduo tenerla insieme per far fronte agli impegni inderogabili che attendono esecutivo e parlamento. Al Senato, in particolare, dove i numeri sono sempre stati piuttosto in bilico, adesso i conti non tornano più. Una situazione preoccupante soprattutto in vista dell’approvazione della legge di bilancio. Già subito dopo la pausa estiva, a settembre, ci sarà un passaggio preliminare delicatissimo, perché il governo è tenuto a presentare in Parlamento la nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (Def) varato in primavera, e per la sua approvazione è necessaria la maggioranza assoluta.