Convegno Fai, don Jaroslav: la città “virtuale” e la crisi della città reale

Ragionando sui temi della “Percezione consapevole di ambienti e spazi significativi”, oggetto degli incontri organizzati all’Auditorium dei Poveri dal Fai di Rieti in collaborazione con «Frontiera», don Jaroslaw Krzewicki, vicario generale del vescovo di Rieti, ha colto un aspetto del disagio urbano nella progressiva “virtualizzazione” dei rapporti umani: «Oggi c’è questo rischio dell’individualismo, che si mescola con un certo “assenteismo”: l’uomo che si nasconde, l’uomo che si isola». Anche perché sembra come sedotto da una “mela virtuale”, da una illusione: «l’uomo lascia lo spazio urbano, non ci si ritrova più. Si crea la sua second life virtuale, come era di moda qualche tempo fa. Sono fenomeni interessanti. Sembrano avere più fascino della natura. Ci crediamo capaci di creare una realtà più bella di quella che ha fatto il Signore, ci sembra di essere più creativi: gli spazi virtuali sono più attraenti».

Ma le relazioni sono meno impegnative: «basta che ci chiudono la corrente e non esistono più, tutto muore» ha sottolineato il sacerdote. Eppure negli spazi virtuali «svolgiamo le nostre attività, investiamo le nostre speranze, costruiamo le nostre nazioni. Questi sono gli spazi che vincono, che attraggono, che si aprono. La realtà forse non ci interessa più. Ci interessa “l’effetto” immersi in quel mondo inesistente che ci creiamo ad uso privato, che neanche ci interessa condividere con gli altri».

«Nel nostro tempo la tecnica rende gli spazi comuni sempre “di passaggio”» ha evidenziato don Jaroslav, aggiungendo che questo fatto non è slegato dal mondo virtuale che si è creato. Se la vita si svolge davanti ad uno schermo cosa serve se non «autostrade che uniscono i dormitori?» Un paradosso che dipende «da un modo reale nel quale siamo di passaggio. Appena usciamo dobbiamo raggiungere un obiettivo. La vita è diventata molto frenetica, molto veloce, ma anche molto limitata».