A Cittaducale il deposito dell’identità. Viaggio tra i beni culturali colpiti dal sisma

Due depositi diocesani, un deposito curato dal MiBact per le opere d'arte e le suppellettili sacre; le carte recuperate dagli archivi parrocchiali messe al sicuro nei locali dell'Archivio diocesano dopo essere state trattate dalle mani esperte degli operatori dell'Archivio di Stato. La salvaguardia dei beni culturali colpiti dai terremoti degli scorsi mesi ha visto l'impegno di tante realtà ed è a suo modo un modello di cooperazione tra settori dello Stato e Chiesa. Nel contesto della tragedia, la visita ai depositi in cui le opere sono offre sensazioni positive e dà speranza per la ricostruzione.

Chi volesse farsi un’idea dell’identità culturale del territorio di Accumoli e Amatrice e insieme prendere la misura della violenza dello sciame sismico iniziato con la devastante scossa del 24 agosto dello scorso anno, dovrebbe visitare i depositi in cui il MiBact e la Diocesi di Rieti hanno messo in sicurezza dipinti e statue, paramenti e arredi sacri, oggetti di valore, campane.

Entrando nei tre siti di conservazione, infatti, si percepisce subito la misura del disastro, la fatica del non facile lavoro di recupero effettuato grazie all’indispensabile e mai troppo ringraziato aiuto dei Vigili del Fuoco. Ma allo stesso tempo si ha il privilegio di vedere concentrati i segni, la memoria, la fede, il pensiero di chi ha abitato e continua ad abitare il territorio dei Monti della Laga.

Nel solo deposito realizzato dal Mibact nella Scuola del Corpo Forestale dello Stato di Cittaducale, ora assorbita dall’Arma dei Carabinieri, ci sono oltre 4000 pezzi catalogati, messi in sicurezza e monitorati. Un patrimonio di arte sacra prodotto quasi esclusivamente da artisti locali, che di conseguenza esprime una spiritualità caratterizzata, originale. Come quella che si legge nelle occhiaie che segnano il volto della statua della Madonna recuperata dalla chiesa di Sommati, peraltro protagonista di uno degli interventi di salvataggio più complicati, insieme al crocifisso di Preta, ai quadri del museo, al gruppo scultoreo della chiesa di san Francesco.

Ma ogni reperto ha la sua storia da raccontare, a partire dai primi arrivati subito dopo il sisma, forse il 31 agosto, sicuramente dal primo settembre. Da quel momento le operazioni non si sono mai fermate. Neppure la nevicata eccezionale dello scorso inverno ha impedito di andare di chiesa in chiesa a tirar fuori le opere d’arte dalle macerie. A fare da guida sono spesso stati gli abitanti di Amatrice, Accumoli e delle tante frazioni sparse nel territorio, primi guardiani dei beni comuni crollati o lesionati.

I materiali arrivano al deposito di Cittaducale con una scheda compilata sul luogo di origine dall’unità del Ministero che si occupa dei recuperi. Il materiale raggiunge la Scuola Forestale scortato dal Nucleo Tutela dei Carabinieri con il supporto della Diocesi di Rieti. Una volta prese in deposito le opere vengono sballate e si cerca la modalità migliore di conservazione, possibilmente puntando a mantenere insieme gli oggetti secondo la provenienza e la data di recupero. Se necessario, all’arrivo si effettuano micro-interventi, che vanno dalla spolveratura alle velinature conservative. Il tutto viene sistemato, secondo la tipologia, in box a “tubo giunto”, o in scaffalature metalliche autoportanti.

A spiegarci la procedura è la dottoressa Cristina Collettini del MiBact che, con i suoi collaboratori, da un anno a questa parte lavora senza sosta al progetto di salvaguardia e conservazione del patrimonio artistico tratto in salvo dai crolli di Amatrice e Accumoli. Per i primi tempi le opere sono state posizionate in uno speciale automezzo: un tir attrezzato allo scopo, svuotato mano a mano che le strutture del deposito prendevano forma. Oggi l’allestimento è completo, l’ambiente è videosorvegliato e monitorato dal punto di vista microclimatico e la collocazione dei reperti viene progressivamente ricalibrata in base ai valori di temperatura e umidità.

Un risultato che ha richiesto un grande sforzo di adattamento dei locali di quella che un tempo era l’autorimessa della Scuola. Ma la scelta è stata scelta felice, perché tanto le strutture interne quanto l’involucro esterno, nel frattempo, hanno retto ottimamente alle tante scosse di terremoto che si sono succedute. Una sicurezza in più per opere conservate in un’area militare e piantonate dall’Arma.

È grazie a questo impegno congiunto della Chiesa di Rieti, del MiBact e delle Forze dell’Ordine che le opere restano nel nostro territorio: un vero concentrato di tele, calici, crocifissi, con il rispettivo cartellino identificativo, che attendono di poter essere ricollocato nelle strutture di provenienza. In prevalenza si tratta di chiese, ma ci sono anche il patrimonio del museo Cola Filotesio di Amatrice e gli oggetti recuperati dentro l’ospedale Grifoni.

E proprio sulla prospettiva della restituzione la dottoressa Collettini è moderatamente ottimista. Parlando delle chiese, in particolare, ci spiega che ciascuna messa in sicurezza è studiata e ragionata perché faccia da base al restauro definitivo: «I nostri ponteggi non sono semplici puntelli da togliere e poi rimettere, sono frutto di scelte specifiche, poiché nel nostro lavoro effettuare un intervento sbagliato e non ponderato può voler dire perdere il bene».

Chiediamo del destino dell’Icona Passatora, piccola “cappella Sistina” immersa tra i monti. La funzionaria del MiBact spiega nel dettaglio gli interventi, mostra i contenitori in cui è conservato ogni frammento: anche il più piccolo, è stato raccolto, stipato, catalogato e portato a Cittaducale. Gli affreschi sono stati fotografati e monitorati al millimetro, è stato disposto lo schema che permetterà di riparare e proteggere i dipinti da eventuali nuove scosse. Il laboratorio di restauro è in allestimento in un altro spazio della Scuola Forestale, e una volta concluso il suo compito resterà a disposizione dell’Arma per dare vita a percorsi didattici.

«Il nostro lavoro molto spesso va oltre le funzioni menzionate dalle direttive, per andare incontro ad esigenze affettive e simboliche» spiega la nostra guida. Lo spunto per la visita ce l’ha infatti offerto il temporaneo ritorno della statua di Santa Savina agli abitanti della frazione di Voceto. Per concessione del vescovo Domenico e grazie all’impegno di Ministero e Arma dei Carabinieri, il simulacro verrà infatti, come da tradizione, portato in processione. «Poi – assicura Collettini – tornerà qui, al sicuro».