Cinquantacinque anni fa moriva Marilyn Monroe. Storia di una star infelice

Norma Jeane Mortenson Baker, per tutti Marilyn Monroe, la più grande diva del ventesimo secolo, nacque a Los Angeles il 1° giugno del ’26 e se ne andò il 5 agosto del ’62, a soli trentasei anni. A 55 anni dal giorno in cui il cadavere dell’attrice fu trovato adagiato sul letto della sua casa, la sua morte resta uno dei misteri su cui sono stati versati fiumi d’inchiostro.

Ufficialmente archiviata come suicidio per overdose di barbiturici, di fatto la morte di Marilyn Monroe assume tutte le caratteristiche di un omicidio, con l’ipotesi più accreditata dell’oscura regia della famiglia Kennedy. È praticamente acclarato che la diva avesse una relazione con il Presidente degli Stati Uniti D’America, e sperasse in un felice epilogo con lui: JFK però non si separò mai dalla First Lady Jacqueline e l’attrice non riusciva ad accettare quest’amore non corrisposto.

Era la donna più desiderata del mondo, ma rifiutata dall’uomo che lei avrebbe voluto. Marilyn Monroe era, di fatto, una donna sola e triste: ammirata sotto i riflettori per la sua bellezza e al tempo stesso terribilmente fragile a livello emotivo, la faglia tra la sua immagine pubblica e quella privata si fece sempre più profonda ed insanabile. Pochissimi le vollero realmente bene per ciò che era, e lei lo sentiva benissimo. Attorniata da un ruolo di approfittatori che cercavano di sfruttare la sua fama, schiacciata dai ritmi della Hollywood di quei tempi, la diva combatteva con una forte insicurezza ed un bisogno di amore mai appagato che sfociarono in abuso di alcool, farmaci e droghe. Vuoi per la morte prematura e misteriosa, vuoi per la sua immagine icona di un’epoca, Marilyn ha ottenuto solo post mortem l’immortalità e l’apprezzamento che aveva inseguito tutta la vita.