Chiesa e famiglia: tre storie vere ci interrogano

A raccontarle non si vede una soluzione, eppure i protagonisti l’aspettano perché nutrono la speranza che una soluzione ci sia. Noi non l’abbiamo, ma il Sinodo sulla famiglia forse l’avrà. Del resto, il cammino di avvicinamento di questi mesi è stato ricco di discussioni e bello di confronti, nel segno della verità e della misericordia. Le domande non mancano, le risposte arriveranno. A Dio piacendo.

Cinzia ha due figli adolescenti cui non riesce a confessare un segreto che la turba: lei e il marito, nonché papà dei due ragazzi, non si sono potuti sposare in chiesa, ma solo in Comune. Lui era reduce da un divorzio e la scelta non si è posta. Trasferiti poi in un’altra cittadina, nessuno sa nulla e la vita è fluita come sempre. Durante le funzioni cui la famiglia partecipa regolarmente, mentre i figli fanno la comunione i genitori aspettano nel banco, a testa china. Ma si sa, i figli sono curiosi e crescendo hanno cominciato a chiedere perché mamma e papà non si accostano all’altare, ricevendo risposte formalmente corrette (“non ci siamo preparati”), ma intrise di imbarazzo. Sì, perché Cinzia e il marito non sono mai riusciti a dire ai figli che loro non hanno avuto la benedizione di un sacerdote e la chiesa addobbata. In tanti anni di matrimonio sereno e costruito insegnando loro a vivere la vita della parrocchia e in parrocchia, non sono riusciti a confessare quello che per loro è una cosa di cui vergognarsi, perché si sentono messi ai margini della comunità, con dolore, e non vogliono che i figli possano sentirsi diversi dagli altri.
Caterina ha superato la cinquantina, è una donna bella e piena di vita che ha affrontato un grave problema di salute, ama il suo lavoro di insegnante a contatto coi bambini e il paese la stima e la rispetta. Il marito però se n’è andato dopo 30 anni di matrimonio e lei improvvisamente si è trovata a dover gestire un divorzio non voluto ma subìto, chiuso il più in fretta possibile per evitare di aggiungere sofferenza a sofferenza: in casa, coi figli, per se stessa. Caterina era animatrice instancabile della sua chiesa, dal catechismo alle gite parrocchiali, e oggi pur vivendo con la coerenza di sempre, si trova nella condizione di non potersi più accostare ai sacramenti. Ogni domenica e a ogni celebrazione religiosa si tormenta, ma sente come uno stigma l’idea di ricevere solo una benedizione impartita dal parroco. Allo stesso modo, la sua onestà non le consente di ricorrere all’errata soluzione autorevolmente suggerita: “Basta andare a Messa in una parrocchia diversa, dove non ti conoscono”.
Antonio è un uomo serio, gran lavoratore, teso a ripagare i genitori dell’educazione e delle possibilità ricevute tra molti sacrifici: lui, figlio di contadini di provincia, ora è avvocato in una grande città. Responsabile e coscienzioso lo era già da liceale, impegnato a scuola e nello scoutismo; all’Università si è pagato i corsi lavorando e si è laureato brillantemente in tempi brevi, per poi iniziare la pratica e la professione legale in uno studio prestigioso che ne ha esaltato le capacità e lo zelo fino a farlo diventare socio. L’unico neo in questa sua vita ordinata e consonante è che Antonio si è innamorato di Sara: divorziata, con un bambino di pochi anni. Il padre del bimbo entrava e usciva dal carcere e lei per dare una possibilità a suo figlio ha scelto di andarsene, di mettere un punto, di ricominciare da zero altrove. Conosciutisi per caso a casa di amici, da quel momento Sara e Antonio sono inseparabili e per entrambi la convivenza non è sufficiente, anche perché la famiglia è in crescita. Antonio è dibattuto tra la forza di questo sentimento che lo spinge a voler regolarizzare la situazione e il dispiacere che sa che darebbe ai genitori, che lo vorrebbero sposato con una donna senza passato e gli rinfacciano l’autoesclusione da quella Chiesa in cui è cresciuto e che ritengono non possa ammettere eccezioni.
Tre episodi semplici, eppure complicati. Tre vicende come ce ne sono tante, eppure cambiate i nomi, le città, il numero dei figli e vi identificherete amici, parenti, conoscenti. Tre storie vere, che a raccontarle non si vede una soluzione, eppure i protagonisti l’aspettano perché nutrono la speranza che una soluzione ci sia. Noi non l’abbiamo, ma il Sinodo sulla famiglia forse l’avrà. Del resto, il cammino di avvicinamento di questi mesi è stato ricco di discussioni e bello di confronti, nel segno della verità e della misericordia. Le domande non mancano, le risposte arriveranno. A Dio piacendo.