Chicago, la “favola” della Leo High School. Un’oasi di opportunità per i giovani afroamericani

Nel South Side della metropoli Usa, dove regnano spaccio e violenza, rimane in piedi, da 90 anni, una solida istituzione educativa cattolica che si schiera dalla parte dei poveri. Prima erano i figli degli operai irlandesi, ora è frequentata principalmente dai ragazzi delle famiglie afroamericane. Il sostegno della diocesi, l’attaccamento affettivo degli ex allievi.

Una scuola al servizio dei poveri. Prima degli operai bianchi irlandesi, poi degli afroamericani. E in un momento in cui in America il razzismo torna in primo piano, la piccola storia della Leo High School di Chicago diventa grande. Nel problematico quartiere noto come South Side, dove spaccio e violenza sono la norma, questa istituzione vecchia di novant’anni è un’oasi di opportunità per giovani afroamericani a rischio. Negli anni la Leo High, come la chiamano tutti, ha cambiato utenza, ma non ha mai disatteso la sua missione.

Scuola d’eccellenza per i poveri. Per i suoi primi 40 anni, questa scuola superiore per soli maschi istituita a Chicago nel 1926 e intitolata a papa Leone XIII, è stata il punto di riferimento per i figli degli operai bianchi, per lo più irlandesi. Era gente povera: abitava in case fatiscenti nella parte Sud della città, il cosiddetto South Side, e avevano a malapena quanto serviva per sopravvivere.

Poi qualcosa cambiò all’improvviso, e la scuola pure.

“A metà degli anni ’60 ero in prima superiore”, racconta Dan McGrath, ex alunno oggi preside del liceo. “Il quartiere allora era all’80% bianco. Ma nel mio ultimo anno di liceo, invece, era diventato al 99% afroamericano”. “In quel periodo c’erano state delle sparatorie tra bianchi e neri”, aggiunge McGrath. “Gli irlandesi andarono in panico e fecero velocemente le valigie. La strada dell’integrazione non venne neppure tentata. Tutto si capovolse, e la Leo High vide ribaltare la sua composizione etnica”.

La mano dell’arcidiocesi. Come aveva fatto in precedenza con gli irlandesi, la Leo High, il cui motto è “Facta non verba”, da quel momento in poi si è messa al servizio della comunità afroamericana. E anche se negli anni è passata da oltre mille iscritti a meno di 200, un numero che ne rende problematiche le finanze, l’arcidiocesi, come spiega la portavoce Anne Maselli, chiude un occhio,“e continua a sovvenzionarla, consapevole del ruolo pilota che svolge”, non solo per gli studenti ma per tutta la comunità.“La Leo High”, sottolinea Jim Rigg, sovrintendente dell’arcidiocesi di Chicago Catholic Schools, “ha una presenza consolidata nella comunità, e il sostegno di quest’ultima, unito alla forte leadership della direzione, lascia spazio ad ampie opportunità di crescita. Siamo fiduciosi. La scuola può continuare a prosperare”.

Faro del quartiere. A differenza di altre scuole che hanno perso via via allievi e alla fine alzato bandiera bianca, anche per mancanza di fondi, la Leo High non è mai venuta meno alla sua missione di faro del quartiere.

“È insolito a Chicago che un’istituzione rimanga in piedi per oltre 90 anni”,

dice con orgoglio McGrath. “Uno gira in macchina per questa zona e si accorge che molti l’hanno abbandonata; dico anche aziende, persino chiese. Ma la Leo High non si è mossa d’un millimetro”.

Clima di fratellanza. Molti attribuiscono il segreto della longevità di questo liceo all’atmosfera di fratellanza che si respira nei suoi corridoi. E allo straordinario collante di orgoglio legato ai colori dell’istituto, l’arancione e il nero.Vecchi e nuovi alunni si sentono parte di un’unica storia, nonostante un cambiamento così marcato del corpo studentesco.“È una cosa pazzesca”, dice Marcus Pass, attualmente allenatore di atletica dei “Leoni” ed ex alunno. “Non conosco nessun’altra scuola che disponga del network su cui contiamo noi. Voglio dire, ci sono persone di cinquanta, sessanta e settant’anni che vengono ancora qui regolarmente a salutare gli studenti attuali e spesso ne diventano mentori”. Mike Holmes, allenatore di football americano, rincara la dose: “Quando vedi un vecchietto di novant’anni, bianco, che parla e scherza con ragazzi di vent’anni neri e insieme canticchiano l’inno dell’istituto, capisci che questa scuola è una fiaba irripetibile”.

Sport e risultati. Anche se la Leo High non ha le palestre e le strutture di altre scuole più ricche, la scuola si difende ancora bene: brilla nel basket con una squadra agguerrita che si fa rispettare in tutti i campi del circondario, e soprattutto i risultati accademici degli allievi sono confortanti. Sono dieci anni che la Leo High diploma tutti i suoi ragazzi dell’ultimo anno, e che tutti i “Leoni”, nessuno escluso, si aggiudicano un posto in almeno una università. Per Christian Armstrong, che è arrivato alla Leo High un paio d’anni fa,

il segreto è proprio questo affiatamento fuori dal comune.

“Se un giorno sono un po’ giù, c’è subito qualche compagno che mi viene a chiedere come vanno le cose. Non saprei neanche spiegare come si sia creata questa atmosfera nel tempo. Ma si percepisce, è una cosa quasi magica”.