«Capovolgere l’etica delle crociate»: il vescovo rilancia da Poggio Bustone la lezione di san Francesco

Tutta incentrata su san Francesco l’omelia che il vescovo Domenico ha tenuto domenica 3 aprile, seconda di Pasqua, in occasione dell’apertura della Porta Santa della Misericordia presso il santuario francescano di San Giacomo Apostolo a Poggio Bustone. In quel luogo, nel 1208, il Poverello attraversa, dopo la sua conversione, «momenti di lacerazione interiore e di scoraggiamento psicologico perché incapace di rinascere a una vita pasquale segnata dalla gioia, dalla pace, dal perdono». È proprio mentre si macera nell’esame di coscienza, ripensando «con amarezza agli anni passati malamente», che si sente a poco a poco «inondare nell’intimo del cuore di ineffabile letizia e immensa dolcezza», maturando la certezza di essere stato perdonato da tutte le sue colpe e di aver raggiunto l’agognato stato di grazia.

A Poggio Bustone, Francesco «prende una decisione importante: non sarà né un templare né un eremita, ma un povero “predicatore ambulante”». E nella radicalità di quella scelta «sconvolge gli schemi medievali prevalenti sul perdono», all’epoca concepito secondo «un’impostazione legata a una pratica di violenza che peraltro egli stesso aveva assecondato nella sua vita giovanile». È esplicito Pompili quando suggerisce che il Francesco di Poggio Bustone è tormentato perché, in passato, potrebbe aver ucciso in battaglia, ma proprio la letizia che lo pervade durante il soggiorno nella valle reatina gli rende chiaro che l’idea, predominante al suo tempo, di un Dio dominatore e castigatore «non è quella evangelica», un’illuminazione che lo porta a sottrarsi definitivamente «alla deriva di sentirsi perdonato perché vendicatore a sua volta. Egli supera così quella visione manichea allora in voga tra il bene e il male, i cristiani e gli islamici, convincendosi che, in realtà, in ogni persona abita un possibile ladrone e in ogni ladrone un possibile frate. Intuisce con forza che la misericordia è la necessità profonda di ogni uomo».

Francesco svetta come l’uomo di fede che capovolge l’«etica delle crociate»: «L’impero del male non si distrugge con la spada, ma con la testimonianza e il martirio». Tale annuncio conserva intatta la sua attualità nella società odierna.

Il nostro è un tempo dilaniato quotidianamente dalle sirene della violenza e della guerra in ogni angolo del globo. E la ricetta più semplice sembra quella di replicare con la stessa moneta. Qui a Poggio Bustone è nato un percorso diverso che, a partire dalla solitudine e dal silenzio, giunge a superare una visione della realtà divisa tra buoni e cattivi, introducendo la gioia e la pace del Vangelo.

Quella gioia e quella pace hanno “soffiato” potentemente su tutti i convenuti al santuario. È stato lo stesso vescovo a impiegare l’immagine del refolo. Evocando il soffio di Gesù sugli apostoli ricordato nella pericope evangelica del giorno e collegandolo al gesto creatore di Dio che, nella Genesi, soffia nelle narici dell’uomo un alito di vita, egli ha invocato per i cuori di tutti una «nuova creazione», una conversione che apra alla comprensione dell’altro, al perdono e all’amore verso i fratelli.

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Foto Samuele Paolucci e David Fabrizi