Balcani-Ue: continua il percorso verso l’adesione. Ma gli ostacoli non mancano

Nessuno, a Bruxelles, nega la “vocazione europea” di Serbia, Albania, Montenegro, Ex Repubblica Yugoslava di Macedonia-Fyrom, Bosnia-Erzegovina e Kosovo. Eppure il cammino verso il “matrimonio” tra i Balcani occidentali e l’Unione presenta non pochi problemi da risolvere. Il punto della situazione.

Procede, seppur lentamente e fra mille difficoltà, il cammino dei Balcani occidentali verso l’Unione europea. I Paesi interessati sono sei: 4 sono ufficialmente “candidati” all’adesione (Serbia, Albania, Montenegro, Ex Repubblica Yugoslava di Macedonia-Fyrom), altri 2 sono “candidati potenziali” (Bosnia-Erzegovina, Kosovo). Occorre peraltro ricordare che già alcuni Paesi balcanici sono entrati a far parte dell’Ue dopo la caduta del Muro di Berlino: la Slovenia nel 2004, la Bulgaria nel 2007, la Croazia nel 2013.

Il “processo di Berlino”. Tornando ai Balcani occidentali, le istituzioni di Bruxelles e Strasburgo hanno in più occasioni ribadito che il futuro di questa regione del Vecchio continente si colloca nell’Unione europea, ovvero

per tutti questi sei Stati l’adesione è auspicata e si lavora in tal senso.

All’interno dell’Ue è fra l’altro avviato, dal 2014, il cosiddetto “processo di Berlino”, azione diplomatica, politica ed economica fortemente sostenuta dalla Germania di Angela Merkel, volta a integrare più velocemente i Balcani nell’Unione europea. Inaugurato con un summit nella capitale tedesca, il “processo di Berlino” è proseguito con cadenza annuale mediante i summit di Vienna, Parigi e Trieste, quest’ultimo svoltosi nel luglio scorso.

L’impegno di Gentiloni. Il messaggio giunto dal vertice Ue-Balcani occidentali, tenutosi Trieste il 12 luglio, è che l’“integrazione tra Unione e Balcani è scelta strategica irreversibile che l’Italia ha l’obiettivo di rendere più forte e se possibile accelerare”, secondo le parole pronunciate in quella sede dal primo ministro italiano Paolo Gentiloni. Diversi gli orientamenti emersi dal summit: in primo luogo “l’impegno in progetti infrastrutturali legati alla connettività della regione”, sostenuti da investimenti dal bilancio Ue. In secondo luogo, “la firma del Trattato per la comunità dei trasporti tra Ue e Balcani che servirà”, ha spiegato Gentiloni, “a migliorare i collegamenti interni all’area dei Balcani occidentali e contemporaneamente a migliorarli tra questa regione e l’Europa”.

Passi avanti compiuti dal summit Ue-Balcani riguardano poi la dimensione economica,

compresa la nascita di un segretariato permanente di coordinamento tra le Camere di commercio della regione balcanica. Ma il summit ha “individuato anche una prospettiva strategica”, cioè un “piano di azione per dar vita a un’area economica regionale integrata nei Balcani occidentali”, la quale andrebbe a beneficio degli scambi commerciali e della vita di 20 milioni di abitanti. Si tratta di una “prospettiva straordinaria, anche se non dietro l’angolo”, ha puntualizzato il premier, sia in relazione al fatto che “differenze, divisione e controversie” nella regione sono ancora vive, sia perché i percorsi in sé sono difficili. Comunque l’Ue ha messo sul tavolo investimenti nei prossimi anni per quasi 300 milioni di euro.

Realtà differenziate. A proposito del cammino verso l’adesione, l’Ue redige periodicamente dei rapporti che fanno il punto sullo stato di avanzamento dei negoziati o sui rapporti bilaterali tra la stessa Ue e gli Stati balcanici.

Complessivamente si può affermare che per alcuni Paesi il cammino verso l’Unione procede più speditamente: si tratta di Serbia, Montenegro e Albania;

per la Macedonia permane la difficoltà dei rapporti con la Grecia, oltre a una finora debole stabilizzazione democratica; per Bosnia-Erzegovina e Kosovo la situazione interna sul versante politico e istituzionale complica ancora di più il processo di adesione, che peraltro mantiene l’aperto sostegno dalle istituzioni Ue.

Problemi vecchi e nuovi. I periodici rapporti Ue indirizzati ai sei Paesi in questione indicano, in generale, la necessità di procedere con riforme profonde ed efficaci nei più diversi settori della vita nazionale, dall’amministrazione pubblica alla giustizia, dai diritti individuali e sociali al libero mercato, dalla libertà di espressione alla tutela delle minoranze etniche e religiose.

Inderogabile inoltre, secondo l’Ue, una maggiore cooperazione su scala regionale,

sostanzialmente volta alle relazioni pacifiche, ad esempio in campo economico, delle infrastrutture e dei trasporti, dell’energia, della cultura, della sostenibilità ambientale. Insistenti invece i richiami alla lotta alla criminalità organizzata, al traffico di armi, al contrasto al mercato della droga che, secondo l’Ue, rimangono tra i principali problemi dei Balcani, potenzialmente perniciosi per l’intera Ue.