Dall’aula di Strasburgo “il Papa parlerà a tutti i popoli d’Europa”

Il presidente dell’Europarlamento ha incontrato sia Papa Francesco sia il Segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin. Molte cose sono cambiate dal 1988, dalla visita di Giovanni Paolo II, a cominciare dalla caduta del Muro di Berlino e dell’allargamento ad Est. Grande attesa per i temi che verranno affrontati dal Pontefice. Nel segno del dialogo – aperto, trasparente e regolare – sancito dal Trattato di Lisbona.

Cresce l’attesa per la visita di Papa Francesco alle istituzioni europee, fissata per il 25 novembre. E per definire i dettagli della giornata, il presidente dell’Europarlamento, Martin Schulz, si è recato oggi in Vaticano, incontrando sia il Pontefice sia il Segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin. “Incontri davvero interessanti”, confida Schulz davanti a una tazza di caffè, durante i quali si è discusso anche del processo di integrazione comunitaria e dei preoccupanti scenari internazionali.

Prima e dopo il Muro di Berlino. “Non sarà solo una visita al Parlamento europeo, nella sua sede di Strasburgo, ma un incontro con tutte le istituzioni Ue”: il politico tedesco specifica il calendario della giornata del 25 novembre, che prevede dapprima un discorso di Bergoglio nell’emiciclo, dinanzi agli eurodeputati e “ai rappresentanti del Consiglio e della Commissione europea”; quindi un ulteriore intervento nell’aula dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. “Sarà certamente un’occasione eccezionale”, tiene a precisare Schulz, ricordando che la visita precedente fu quella di Giovanni Paolo II, nel 1988. “Ma da allora gli scenari sono completamente cambiati”. “Allora la Cee aveva 12 Stati membri, competenze più limitate, e l’Europa era ancora divisa” in due blocchi. “Oggi l’Unione europea conta 28 Stati aderenti, con 500 milioni di abitanti, ruolo e poteri accresciuti” dai Trattati intervenuti in questo quarto di secolo. “E nel frattempo è caduto il Muro di Berlino”, consentendo l’allargamento a est, come auspicato da Papa Wojtyla. In questo senso ci si domanda quali saranno i temi affrontati da Papa Francesco: dalla crisi economica alle prospettive da offrire ai giovani, dalla solidarietà fra le nazioni agli interventi a favore di migranti e rifugiati.

Il ruolo delle Chiese. È lo stesso Martin Schulz – esponente di spicco della Spd, la socialdemocrazia tedesca – a ricordare che “l’invito ai pontefici” per una visita alle istituzioni Ue “era già stato rivolto dai miei predecessori, Poettering e Buzek”. Il Papa “si rivolgerà in emiciclo non solo agli eurodeputati e ai responsabili delle istituzioni Ue, ma a tutti i popoli d’Europa, rappresentati proprio” dagli europarlamentari eletti a suffragio universale. Del resto il dialogo – aperto, trasparente e regolare – tra Chiese e organismi comunitari è sancito dal Trattato di Lisbona: si tratta di un rapporto costruttivo a suo avviso? “Sì, è un rapporto positivo – risponde Schulz al Sir -. Dirò di più, facendo riferimento alla mia personale esperienza di sindaco di una cittadina di 40mila abitanti. Con la presenza delle comunità religiose la società funziona meglio, si tratta di presenze vivaci”, che si sperimentano nei campi della solidarietà, dell’educazione, del confronto culturale.

Gli scenari internazionali. A Schulz è parsa “una visita molto significativa” quella che il Santo Padre ha effettuato in Albania, suo primo viaggio in Europa: “Ha scelto un Paese ‘periferico’, ma anche giovane, con la presenza di molte comunità religiose che convivono”. Ugualmente importante appare al presidente la trasferta di Bergoglio in Turchia, pochi giorni dopo la tappa a Strasburgo. Qui Schulz si fa più cupo, misura le parole. Il governo Erdogan è in una situazione delicata, fra sostegno a chi difende la libertà, come i curdi di Kobane, e chi li ritiene di fatto nemici dello Stato. Ma il Califfato “minaccia tutti, è una forma di terrorismo inedita”, un terrorismo che vorrebbe assumere le fattezze di uno Stato senza rispettare il diritto internazionale, né tanto meno le minoranze, comprese le minoranze religiose presenti in Medio Oriente. “Occorre – aggiunge Schulz – un’alleanza regionale solida”, che coinvolga i Paesi vicini, cui l’Ue può dare un sostegno diplomatico ma anche concreto.

Il futuro dell’Europa. Tunisia e Ucraina hanno votato domenica: pensa che la democrazia sia in marcia nel vicinato europeo? “Sulla Tunisia direi anzitutto che abbiamo avuto un risultato incoraggiante, con il prevalere di un movimento laico” in un Paese in cui esiste anche una forza politica islamica. “Significa che la democrazia funziona, che è in atto un dialogo corretto tra le forze politiche e ora si attende un governo di coalizione” che assicuri futuro al Paese. Ma l’Ue starà a guardare? “L’Europa ha trovato, in passato, molti soldi per finanziare i dittatori” dei Paesi della primavera araba. “Spero che troveremo non meno fondi per sostenere il rafforzamento di queste democrazie”. Sull’Ucraina le attese non sono inferiori: “Proprio ieri ho avuto una lunga telefonata con Petro Poroshenko”, chiarisce Schulz. “Alle elezioni si è espressa una forte maggioranza pro-Europa. La Rada è legittimata a rappresentare tutti gli ucraini, e spero che anche Mosca lo riconosca, rispettando la sovranità territoriale” ucraina. “Anche in questo caso ora serve un governo che affronti i problemi concreti della gente”. C’è tempo per un’ultima domanda: il Papa ha parlato più volte di un’Europa stanca, lei cosa ne pensa? “Ritengo che il Papa abbia ragione”. E il discorso si allarga all’invecchiamento demografico, alla mancanza di lavoro per i giovani, alle ricadute della crisi, ai nazionalismi diffusi. E non può mancare un richiamo “alla necessità di investire, di sostenere l’economia reale”, di favorire la crescita, confidando nel piano Juncker con 300 miliardi di investimenti promessi. Ma questo è un altro capitolo…