Alla Messa Crismale: riportare Dio tra gli uomini per suscitare speranza

Si è svolta con una grande partecipazione, nel pomeriggio del Mercoledì Santo, la Messa Crismale nella Basilica Cattedrale di Rieti: un’occasione speciale che porta alla luce l’unità della Chiesa locale, raccolta intorno al proprio Vescovo, durante la quale i presbiteri rinnovano le promesse fatte nel giorno della loro ordinazione. Non a caso, come di consueto, la celebrazione è iniziata con la processione dei sacerdoti, dei religiosi e dei diaconi. Partita dal palazzo papale, è giunta all’interno di Santa Maria accompagnata, oltre che dai fedeli, dal suono dell’organo e dal canto dbella Schola Cantorum «Chiesa di Rieti».

E non solo il canto e la musica hanno impreziosito la liturgia e sostenuto il raccoglimento, ma coinvolgendo l’assemblea hanno offerto un ulteriore segno di unità del popolo di Dio. Un popolo, ha spiegato mons Pompili, che trova nutrimento nelle Scritture. Commentando le letture, infatti, don Domenico ha sottolineato che «la Parola di Dio non è mai parola morta, ma parola viva e, nel suo caso, addirittura vivente».

«Leggere la Parola – ha aggiunto il vescovo – non è un atto inoperante e innocente; è liberare una forza che immediatamente entra in azione. Per questo la Parola di Dio è l’unica in grado di ri-unire la Chiesa e il nostro cibo quotidiano (insieme a quello materiale) è prestare ascolto ad “ogni parola che esce dalla bocca di Dio”».

Ciò detto, mons Pompili non ha nascosto le difficoltà, ha riconosciuto che «oggi la Parola di Dio sembra diventata rara: pochi sono quelli che la ascoltano, e ancor meno quelli che cercano di metterla in pratica. Ma ciò non toglie che a sostenere la nostra vita rendendola forte, trasparente e, perfino, interessante, sia soltanto la pratica della Parola».

Una prospettiva che chiarisce come «l’azione del pastore e di ogni cristiano» non sia «tanto “produttiva” quanto “rappresentativa”», perché «rimanda a Gesù Cristo, il quale dice di essere inviato: “a portare ai poveri il lieto annunzio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista, a rimettere in libertà gli oppressi”». Tutte azioni che non “producono” nulla di materiale, ma rappresentano beni di prima necessità: la fiducia, la libertà, lo sguardo, la creatività.

«Oggi – ha incalzato il vescovo – ancor prima delle difficoltà materiali, sono quelle immateriali che ci fanno girare a vuoto: non c’è fiducia in giro e la vita è vista più come minaccia che come promessa; non c’è libertà in circolazione, ma ci sentiamo in gabbia; non c’è uno “sguardo” profondo sulle cose perché nessuno va oltre il proprio naso; non c’è creatività, ma registriamo solo stagnazione e ripetizione».

Una situazione che può trovare rimedio solo nel «profumo di Cristo», che è decisivo «per purificare l’atmosfera pesante e viziata che si fa irrespirabile». Il profumo del Signore, evocato dalle essenze che si sprigionano durante il rito di consacrazione degli olii santi del crisma, dei catecumeni e degli infermi, è ciò che «fa superare d’incanto sia la nevrosi che l’indolenza pastorale, che sono le due facce della stessa medaglia. E cioè, il senso di avvilimento e di inutilità dato che ci sentiamo spesso ignorati, che è quasi peggio che essere contestati. Sembra qualche volta di essere diventati “invisibili”».

«Magari fossimo “invisibili”» ha concluso a sorpresa don Domenico: vorrebbe dire «mettersi da parte per dare spazio solo a Dio, con la Parola, i sacramenti, la carità. Così Dio potrebbe tornare tra gli uomini, come quel giorno nella sinagoga di Nazareth. E suscitare scandalo e speranza per rimettere in movimento l’esistenza di molti, anzi di tutti».

Al termine della celebrazione eucaristica, mons Pompili ha voluto ringraziare ciascuno per la propria presenza: a partire «dalle donne e dagli uomini che ogni giorno spandono il profumo del Vangelo nella famiglia e nel mondo del lavoro, nella scuola e nel mondo della salute, nello sport e nel mondo delle istituzioni», per poi passare «alla religiose e ai religiosi che vivono i consigli evangelici per indicare a tutti l’orizzonte eterno» e chiudere con i diaconi permanenti e i presbiteri «per il loro impegno pastorale che è ‘trasparenza’ di Cristo». Ed un augurio in particolare, il vescovo lo ha rivolto a quanti fra i preti ricordano quest’anno il loro venticinquesimo di ordinazione: don Claudio Nascimben, don Denny Thakidyl, don Carlo Dalla Palma, don Matheu Panackal. E per il suo cinquantesimo, mons Gottardo Patacchiola.