Aldo Cazzullo sold out all’auditorium Varrone: «Lo smartphone è uno specchio di noi stessi»

Macchinetta diabolica o prezioso strumento di emancipazione? La festa del patrono dei giornalisti ha offerto alla Chiesa di Rieti la possibilità di entrare nel vivo di un tema ricorrente tra le famiglie: quello dell’invadenza del telefonino nella vita degli adolescenti.

Un argomento affrontato con l’aiuto del giornalista Aldo Cazzullo, che sul tormentone «Metti via quel cellulare» ha costruito insieme ai figli Francesco e Rossana un utile dialogo, poi messo su carta.

In tanti non sono riusciti a entrare nell’Auditorium Varrone, “sold out” in occasione della presentazione del libro, segno che l’argomento tocca una corda sensibile nella vita di tanti, e che la chiave di un libro insolito, costruito “in famiglia”, con le voci di padre e figli che si alternano, era quella giusta.

Perché di sicuro in tante case genitori e figli discutono sulla bontà o meno di strumenti che sembrano ormai vere e proprie appendici tecnologiche, soprattutto fra i giovani, e il libro licenziato dall’editorialista de «Il Corriere della Sera» ha il pregio di rendere questo dialogo sistematico, capace di ritrarre uno spaccato della contemporaneità.

Cazzullo parla di «una generazione con lo sguardo basso», intravvedendo però che «il cellulare in realtà è uno specchio», osservando non solo che i telefonini hanno rubato la scena perfino agli specchietti da trucco nelle borse, ma più profondamente che sono oramai strumenti in cui cerchiamo più noi stessi che gli altri.

Il giornalista ha spiegato con disincanto il meccanismo con il quale gli smartphone offrono l’illusione della gratuità: in realtà la moneta siamo «noi stessi», che inconsapevolmente mettiamo a disposizione «informazioni su di noi, sui nostri gusti, sulle nostre opinioni».

E poi i piccoli schermi che portiamo in tasca o nella borsa non ci dicono tutta la verità, ma ci raccontano piuttosto quello che vogliamo sentirci dire e quello che i grandi gestori della rete, «i nuovi padroni del mondo», vogliono raccontarci.

L’autore – aiutato dalla visione delle cose dei figli – riconosce però anche i vantaggi della tecnologia, riuscendo a presentare il fenomeno senza allarmismi, con equilibrio.

Il linguaggio efficace e la capacità critica del giornalista lo hanno aiutato a offrire un quadro ricco e obiettivo della situazione, anche mettendo in relazione gli aspetti quotidiani della rete – della quale il telefonino è una porta – con una dimensione più generale e politica: da Trump ai capi della rivoluzione digitale: uomini d’affari che costruiscono monopoli, travestiti da chiese.

Ad esempio, Bill Gates, che Cazzullo ricorda di aver intervistato rimanendo deluso: «Pensavo di trovarmi di fronte a un nuovo Leonardo, e invece è uno che parla solo di soldi».

Lasciando emergere di tanto in tanto il controcanto ironico, spiritoso, dei figli Francesco e Rossana, l’autore ha però evitato il tono del predicozzo, portando alla luce anche, insieme a tanti difetti, anche gli anticorpi critici delle nuove generazioni.

Serrato, nella seconda parte del pomeriggio, il dialogo con il pubblico, interessato anche a risposte pratiche su questioni di base: sul cellulare a scuola, sui videogiochi, sull’età in cui mettere il telefonino a disposizione dei bambini.

Segno che, come tutte le rivoluzioni, anche quella apparentemente pacifica del mondo digitale, oltre ai grandi problemi lascia sul campo inquietudini, dubbi e paure. E della difficile relazione tra le generazioni, cambia forse la forma, ma assai meno la sostanza.