A due mesi dal sisma, la Chiesa resta accanto

L’impegno della Chiesa di Rieti sui luoghi colpiti dal terremoto del 24 agosto non viene meno, ma va continuamente rimodulandosi seguendo l’evoluzione della situazione

È salendo in questi giorni ad Amatrice e Accumoli che si percepisce davvero la devastazione del terremoto. La polvere si è posata, le tende quasi non ci sono più, tutto è “messo in sicurezza”, ma c’è un silenzio insopportabile: la calma piatta del dramma consumato.

Con la maggior parte dei media, se n’è andato il clamore. La Chiesa rimane. Restano la tenda della Caritas e quella per la messa. Il sentimento e l’esperienza della condivisione, della speranza, della preghiera non sono esauriti. Non cambiano la presenza e l’impegno dei volontari, il supporto alle persone, l’attenzione per la situazione.

E non si fermano i piccoli aiuti concreti: dai generi alimentari al vestiario, ma anche casalinghi, saponi, accessori. Esigenze minute, che talvolta sfuggono alla rete degli aiuti di Stato, ma che non escludono la progettazione di qualcosa di più grande.

A patto di restare in ascolto della realtà del territorio. Un esercizio utile anche più in generale, perché, a ben vedere, l’area del “cratere” riproduce in scala un contesto più ampio. Ad Amatrice e Accumoli ci sono i familiari delle vittime, i residenti nelle frazioni, quelli che vivono in case sparse. Molti sono stati costretti a nuovi luoghi di residenza.

Anche se in forme meno drammatiche, questa frammentazione si riproduce tale e quale anche nelle zone della diocesi risparmiate dai movimenti della terra. E in qualche modo sembra che il fronte aperto dal sisma sia quasi una palestra per affrontare più in generale il tempo presente.

Che per la Chiesa vuol dire esserci, ma senza risultare invadente. Vuol dire riuscire attraente perché portatrice di una Parola capace di tradursi in azione concreta e duratura: ci sono da curare i cuori, ma insieme bisogna ricostruire le case e le imprese.

Attraverso la Caritas è stata fatta una ricognizione accurata delle realtà esistenti e si incomincia a dare vita a diverse soluzioni materiali: contributi a fondo perduto, acquisto diretto di beni e servizi, aiuti per la nascita di nuova imprenditoria.

Una cura per la ripresa economica da inquadrare in un più ampio intervento di costruzione e ricostruzione. Perché lo stare in comunità ha bisogno di assumere forme e luoghi.

La promessa è di rimettere in piedi le chiese nelle piazze. Nell’attesa occorrono strutture polifunzionali, provvisorie ma accoglienti. Saranno utili al culto, ma anche come luogo di incontro, come spazio per incontrarsi e discutere. Per ragionare insieme su una rinnovata responsabilità verso il creato, che tenga conto della storia, delle bellezze e delle fragilità del territorio. Con la prospettiva di una struttura stabile nel punto di incontro di Marche, Umbria, Abruzzo e Lazio. Un complesso in grado di raccogliere il sentimento cristiano degli “uomini dell’Appennino”, di calarlo nelle intuizioni della Laudato si’, di tradurlo in accoglienza, in esperienza di vita per i giovani.

Una casa del futuro da iniziare a sperimentare già nei primi giorni del prossimo gennaio. Proprio ad Amatrice, dal 6 all’8 gennaio, si terrà la seconda edizione del Meeting dei Giovani.

Un’esperienza aperta ai ragazzi di tutta Italia che nella prima edizione, a Greccio, ha incontrato la benedizione di papa Francesco. La tre giorni sarà realizzata con l’aiuto delle Misericordie d’Italia, e sarà centrata sul grande tema dell’amore. Quello di Amoris lætitia, ma anche quello che migliaia di gesti volontari hanno già fatto sentire sui luoghi del disastro.