“La ragazza delle arance”: l’inno alla vita di Jostein Gaarder

Come potreste reagire nel ricevere una lettera scritta da una persona defunta da anni?

È quello che è successo a Georg Røed, un ragazzino di quindici anni, che un bel giorno di metà novembre, tornando a casa, trova tutta la famiglia riunita in soggiorno ad aspettarlo con solenne gravità, per consegnargli una lettera scritta dal padre prima di morire. Sono passati undici anni dalla morte di suo padre, avvenuta, dopo mesi di malattia, quando Georg aveva appena quattro anni, e di lui ha solo un vago ricordo, rafforzato per lo più dalle foto e dalle videocassette che conserva. Trovarsi tra le mani un mazzo di fogli in cui il padre, Jan Olaf, si rivolge a lui direttamente come se fosse sempre stato lì non è cosa da poco e, dopo l’iniziale trasalimento, Georg si chiude in camera sua per leggere in pace e ascoltare quel che il genitore vuole raccontargli.

La storia che il genitore desidera rivelargli è quella della “ragazza delle arance”, che, quando era ancora uno studente universitario, ha visto per caso su un tram ad Oslo. Jan Olaf si innamora di quella donna, del suo sguardo, ed è incuriosito dal sacco pieno fino all’orlo di arance che porta con sé, che fa anche involontariamente cadere nel tentativo di aiutarla. Inizia così una misteriosa avventura alla ricerca di questa ragazza per tutta la città, arricchita dalle supposizioni di Jan sulla sua identità e le sue origini, sul perché avesse tutte quelle arance. Nel tentativo di rivederla, combattuto dai sensi di colpa per l’incidente causato sul tram, la incontra di nuovo, questa volta in un bar, dove riescono a scambiarsi qualche parola guardandosi a lungo, ma, la giovane donna, dopo aver tenuto la mano di Jan, si alza e se ne va con le lacrime agli occhi e il solito sacco di agrumi. Jan Olaf riuscirà a ritrovare la ragazza che lo ha affascinato con la sua bellezza, che lo ha conquistato con quel “qualcosa di insondabilmente magico e incantevole” che ha subito visto in lei? Potrà farsi perdonare per la sua timidezza e la sua goffaggine? Perché la ragazza piangeva? E perché aveva sempre tutte quelle arance con sé? Georg scoprirà la verità dei fatti leggendo e seguendo le peripezie del padre e il corso degli eventi.

“La ragazza delle arance” è un libro scritto a quattro mani, in cui la narrazione di Georg si alterna alla lunga lettera del padre, la quale diventa per lui una lezione di vita, oltre che il racconto del suo passato. Nello stile appassionato e delicato che lo contraddistingue, Jostein Gaarder riflette sul significato più profondo dell’esistenza, costruendo un dialogo impossibile tra un padre, consapevole di non poter vedere il proprio figlio crescere, e che in punto di morte decide di scrivergli per lasciargli ricordi e insegnamenti, che altrimenti non gli avrebbe mai potuto dare, e un ragazzino, che non avrebbe mai creduto di conoscere il papà, dopo la sua prematura scomparsa. A distanza di anni, Jan Olaf riesce a comunicare con il figlio, ora che lui è abbastanza grande per capire e scoprire la storia di suo padre, i suoi interessi, le sue paure, le sue convinzioni. E con questa sorta di testamento che lascia al figlio, gli pone un importantissimo interrogativo, chiedendogli se avrebbe scelto di trascorrere ugualmente la sua vita sulla terra, anche solo per un breve e fugace momento, sapendo però di dover perdere tutto quello che avrebbe provato e vissuto. “Avrei scelto di vivere una vita sulla terra ben sapendo che all’improvviso mi sarebbe stata strappata via, forse proprio nel bel mezzo dell’ebbrezza della felicità? Oppure già in punto di partenza avrei rifiutato tutto questo gioco azzardato del ‘dai e togli’?” domanda Jan Olaf e Georg, alla fine, riesce a trovare la risposta e a comprendere la saggezza del padre che, sapendo di dover morire, era tuttavia grato alla vita per aver ricevuto il magnifico dono dell’amore. “Ho ereditato un dolore profondo da mio padre, un dolore per il fatto che un giorno dovrò lasciare questo mondo. Ho imparato a pensare a «sere come questa, quando non mi è dato di vivere». Ma ho anche ereditato la capacità di vedere quanto sia meravigliosa la vita.” scrive Georg che, grazie al padre, è riuscito ad apprezzare maggiormente ogni piccola cosa del suo mondo, ma anche le persone che gli sono vicino e che lo amano, e ha perfino acquistato coraggio e una grande maturità. C’è dolore in questo romanzo, ma c’è anche speranza e, fino all’ultima pagina del libro, la parole di Gaarder non possono fare altro che emozionare.

One thought on ““La ragazza delle arance”: l’inno alla vita di Jostein Gaarder”

  1. Daddo

    Una recensione bellissima di un romanzo che sembra fantastico. La domanda che spesso ci tormenta quando perdiamo una persona cara è sempre la stessa, riflettiamo su cos’altro avrebbe potuto dirci quella persona, e così restiamo a pensare ai mille se che non hanno soluzione. Questo libro riesce a trovare la risposta ai se. Bravissima Jessica, continua così!!!!

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