Alle Querce di Mamre

Lettera Pastorale per la conclusione della Sacra Visita Pastorale, dell’Anno Eucaristico diocesano, e per la inaugurazione dell’Anno della Fede.

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Ai presbiteri e ai diaconi della Chiesa di Rieti, ai religiosi e alle religiose, a tutti i fedeli laici: pace e salute nella fede del Signore, Uno e Trino.

Motivo della Lettera

1. L’occasione della conclusione della Visita Pastorale e dell’Anno Eucaristico che ho voluto indire per ravvivare la fede nell’Eucaristia, come pure l’Anno della Fede indetto per la Chiesa universale dal Sommo Pontefice Benedetto XVI, mi ha fatto determinare a rivolgermi ancora una volta alla Chiesa reatina per leggere con lo sguardo della Sacra Scrittura la realtà attuale e dare alcune indicazioni per il futuro della nostra Comunità diocesana.

Premessa

2. Ci lasceremo guidare da un testo piuttosto noto della Genesi che, mi sembra, possa offrire numerosi spunti di riflessione.

3. Abramo e Sara sono avanti negli anni e non hanno ancora il figlio della promessa, ma ricevono la visita di tre uomini, alle Querce di Mamre, a circa quattro chilometri da Ebron, uomini che promettono loro una discendenza a nome di Dio.

4. In realtà Abramo è già padre di Ismaele, avuto da Agar, la serva che Sara gli ha offerto per rendere umanamente possibile la promessa; ma Dio ha in serbo un piano diverso che sconvolgerà le sicurezze e anche le paure della coppia di anziani.

5.Questo brano che quasi per caso, ma noi sappiamo che non sempre è solo il caso a guidare le nostre scelte, mi si è ripresentato dinanzi, contiene alcuni spunti importanti relativi alla fede, al pane, all’attività nella fedeltà all’Alleanza, alla famiglia; pertanto vi invito a rileggere questo episodio, per poi lasciare spazio al commento e alle suggestioni per la nostra attività pastorale.

Il Testo Gen 18, 1-16

[1] … il Signore apparve a lui (Abramo) alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno. 
[2] Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall’ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, 
[3] dicendo: «Mio Signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passar oltre senza fermarti dal tuo servo. 
[4] Si vada a prendere un po’ di acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l’albero. 
[5] Permettete che vada a prendere un boccone di pane e rinfrancatevi il cuore; dopo, potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo».

Quelli dissero: «Fa’ pure come hai detto». 
[6] Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: «Presto, tre staia di fior di farina, impastala e fanne focacce». 
[7] All’armento corse lui stesso, Abramo, prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo.

[8] Prese latte acido e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse a loro. Così, mentr’egli stava in piedi presso di loro sotto l’albero, quelli mangiarono. 
[9] Poi gli dissero: «Dov’è Sara, tua moglie?». Rispose: «È là nella tenda».

[10] Il Signore riprese: «Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio». Intanto Sara stava ad ascoltare all’ingresso della tenda ed era dietro di lui. 
[11] Abramo e Sara erano vecchi, avanti negli anni; era cessato a Sara ciò che avviene regolarmente alle donne.

[12] Allora Sara rise dentro di sé e disse: «Avvizzita come sono dovrei provare il piacere, mentre il mio signore è vecchio!». 
[13] Ma il Signore disse ad Abramo: «Perché Sara ha riso dicendo: Potrò davvero partorire, mentre sono vecchia? 
[14] C’è forse qualche cosa impossibile per il Signore? Al tempo fissato tornerò da te alla stessa data e Sara avrà un figlio».

[15] Allora Sara negò: «Non ho riso!», perché aveva paura; ma quegli disse: «Sì, hai proprio riso». 
[16] Quegli uomini si alzarono e andarono a contemplare Sòdoma dall’alto, mentre Abramo li accompagnava per congedarli.

Le attese e l’atteggiamento di Abramo

6. Abramo non attende soltanto un figlio, né solo il semplice avverarsi di una promessa di ordine politico o religioso.È un uomo per molti versi amareggiato e deluso, per una vita peregrinante e senza risultati visibili e concreti.

7. È la sfida e il rischio ineludibile di ogni credente, sperare contro ogni speranza, ma anche restare al termine della vita con le stesse attese non appagate della giovinezza.È anche la sfida e il rischio della Chiesa Cattolica e di questa nostra piccola porzione di popolo di Dio.

8. Abbiamo tante attese che non si sono ancora realizzare e vorremmo che, invece, vi fosse una soluzione ai tanti problemi e una gratificazione del lavoro pastorale che svolgiamo e che abbiamo svolto nel corso degli anni e dei decenni. Può esserci molto utile l’atteggiamento di Abramo.

I. All’ingresso della tenda

9. Abramo si pone all’ingresso della tenda, nell’ora in cui si sosta dalle fatiche del lavoro quotidiano; nomade che vive fino in fondo la precarietà della vita e anche della fede, a cui Dio ha fatto una promessa irrazionale. Insieme a sua moglie ha speso gran parte della vita ad inseguire un sogno che, forse, non vedrà mai realizzato.

10. Deve essere anche questo il nostro atteggiamento: essere capaci di sostare dopo le nostre fatiche quotidiane e pastorali per cercare di capirne il senso, ma anche per sentirci nomadi in questo peregrinare nel mondo, consapevoli che il nostro destino, chiamiamolo così, è nel Regno ove sarà realizzata anche per noi la promessa.

11. La tenda indica l’abitazione precaria dell’uomo biblico, che lavora e che è in balìa dei fenomeni naturali e degli eventi della storia che non può controllare. Essa indica anche la condizione di estrema caducità della nostra vita e delle nostre certezze.

12. Quello di Abramo non è ozio che segue lo sconforto del fallimento; è riposo a seguito di fatiche e di speranze al momento disattese. Ma è un riposo in cui, seppur l’ottimismo della prima ora ha lasciato spazio ad una certa delusione, non manca la speranza nell’intervento di Dio.

13. È questo di cui ha bisogno la nostra Chiesa locale: la speranza nell’intervento di Dio dopo il lavoro e le fatiche che ci siamo lasciati alle spalle e che ancora sono davanti a noi. La sosta all’ingresso della tenda è l’immagine del nostro atteggiamento di verifica, anzitutto della nostra vita cristiana e poi della nostra attività pastorale. La verifica porta con sé la convinzione interiore di aver fatto quanto era nelle nostre possibilità, ma anche la critica visione retrospettiva degli errori fatti e delle mancanze inevitabili.

14. Lo stare di Abramo è pensoso e trepidante: egli non si pone solo il problema – potremmo dire – “politico” dell’Alleanza con Dio, ma anche il problema della sua discendenza e della sua famiglia: i tentativi del Faraone di sottrargli la moglie Sara durante la permanenza in Egitto; Ismaele, il figlio avuto dalla schiava che poi sarà allontanato, sempre per rispondere alla volontà del Signore.

15. Questo sostare di Abramo è il nostro attuale sostare di fronte alle problematiche della famiglia e dei giovani.

16. La vita e l’esperienza itinerante di Abramo ci dicono che i problemi e le vicende dell’umanità sono e saranno sempre sotto la minaccia della sconfitta e del peccato; ma ci dicono anche che è sempre possibile un nuovo inizio. Ma questo non deve farci abituare a ciò che è oggettivamente sbagliato, piuttosto deve stimolarci a rinnovare sempre le relazioni e i rapporti, sperando contro ogni speranza (spes contra spem).

17. I problemi della famiglia e dei giovani devono essere al primo posto nell’agenda delle nostre parrocchie tentando ogni via e ogni possibile iniziativa. Questi devono essere i capisaldi del nostro progetto pastorale, che è ad un tempo anche culturale!

18. Quanto ai giovani, vanno cercate modalità antiche e nuove per coinvolgerli in iniziative e progetti adatti a loro, che abbiano il sapore di un’amicizia autentica della Chiesa verso di loro, ma che siano altresì ricchi di valore formativo ed educativo. La pura attenzione all’aspetto catechistico ha mostrato, negli anni, tutti i limiti di una impostazione parziale e incompleta sia sotto l’aspetto contenutistico che metodologico. O abbiamo dimenticato aspetti importanti dei contenuti, in favore di metodi nuovi, o abbiamo mantenuto i contenuti veicolati, però, con metodi vecchi: è ora di innovare e osare!

19. Per le famiglie non è più sufficiente limitarsi alla preparazione prossima al matrimonio, ma bisogna trovare occasioni di accompagnamento durante la vita coniugale, di incontri formativi e di crescita comune, di condivisione di esperienze, per accrescere il senso di responsabilità e di donazione. Per questi ambiti il servizio diocesano di pastorale giovanile e quello per la famiglia dovranno promuovere e incrementare iniziative sul piano diocesano, vicariale e parrocchiale.È necessario un maggior coordinamento soprattutto di alcuni uffici pastorali e tra questi ed altre realtà, non solo ecclesiali, che si occupano di ambiti affini; non può essere solo sollecitudine del Vescovo, ma è urgente che siano operative “reti” fra soggetti che hanno a cuore gli stessi problemi. I responsabili devono essere attivi e intraprendenti, senza aspettare troppo indicazioni dall’alto che già ci sono. Durante la Visita Pastorale ho potuto toccare con mano queste necessità, come pure un certo smarrimento di operatori pastorali (e quindi anche dei sacerdoti), genitori e giovani.

20. Abramo vede tre uomini, va loro incontro e si prostra fino a terra. La ricerca esegetica più avveduta esclude nei tre uomini una prefigurazione della Trinità, che invece i Padri hanno voluto cogliere in questo episodio, ma tuttavia il fatto che siano ospiti misteriosi, o angeli, dei quali ora si parla al singolare, ora al plurale, (alcuni hanno voluto vedervi due angeli che accompagnano il Signore) ci invita a soffermarci su alcuni aspetti: la fede e l’ospitalità, ben significata dal profondo inchino di Abramo, che per gli esegeti non è adorazione. Ma noi leggeremo questi elementi anche andando oltre la pura esegesi per contemplare il testo da angolazioni più esistenziali e spirituali.

21. Tutta l’esistenza e l’esperienza di Abramo ci dicono che la vita è ricerca, itinerario, anche sofferto e faticoso: essa non può essere solo puro “fideismo” o “devozionalismo”: l’Anno della Fede dovrà vederci impegnati sia, per un verso, a cogliere le grandi opportunità che offre la religiosità popolare rettamente orientata, sia la dimensione culturale e teologica della fede cristiana. Anzitutto dobbiamo riscoprire il grande valore educativo dei dogmi, a cominciare da quello trinitario, e dal significato profondo del Battesimo nel nome della Trinità. A tale proposito riveste un significato non secondario il mio recente documento dal titolo «Acqua viva come dono».

22. Pur tenendo conto della imprescindibile importanza delle regole o norme anche nell’amministrazione dei Sacramenti, dobbiamo sempre privilegiare l’aspetto esperienziale e della testimonianza, della significatività più profonda che i gesti e i segni sacramentali possono rivestire per coloro che li recepiscono.

23. Anche l’ospitalità di Abramo deve essere emblematica e programmatica: penso a quanti immigrati giungono nella nostra Città e nei nostri centri della periferia, anche di religioni non cristiane. Le nostre parrocchie devono escogitare forme di avvicinamento e di conoscenza, se necessario anche di tipo materiale. Ciò potrà essere fatto solo attraverso le Caritas parrocchiali o vicariali. La fede e l’ospitalità sono due facce di una medesima medaglia, sono aspetti inseparabili: esse possono essere approfondite e ravvivate solo con una paziente opera di formazione, attraverso incontri, omelie, occasioni di confronto e di dibattito.

24. Ho notato che i nostri fedeli, pur rispettando sempre la predicazione classica unilaterale, apprezzano sempre di più momenti di confronto e di dibattito su temi anche di scottante attualità e di interesse sociale ed ecclesiale. Bisogna partire da questo per rilanciare quel primo annuncio di cui tutti avvertiamo il bisogno. Sul piano pratico ciò richiede di rivedere modalità e occasioni di annuncio e di proposta della Parola: penso alle catechesi pubbliche sui temi della fede e della partecipazione alla vita ecclesiale; ai gruppi di ascolto della Parola, ai cammini di fede, a momenti di incontro con le famiglie e con i giovani, ridotti nel numero (tre o quattro), ma ripetuti nel tempo (tempi forti, occasioni particolari).

25. Per fare questo le sole forze del sacerdote non bastano: i vari collaboratori delle parrocchie devono essere organizzati nei Consigli Pastorali e degli Affari Economici. Un annuncio ad ampio raggio si realizza anche valorizzando al massimo i beni, anche artistici e storici, le biblioteche, laddove vi sono: il profumo e la bellezza di ciò che abbiamo e che ci è stato tramandato.

26. A tale proposito, il lavoro di archiviazione informatica dei frontespizi dei registri e dei libri parrocchiali, fatto durante la Visita, è da considerare molto utile e importante, esemplare. Non possiamo neppure liquidare come sorpassata l’esperienza delle confraternite e il ricco patrimonio di religiosità popolare, che dà ancora qualche problema qua e là, ma che può offrire occasioni irripetibili di annuncio e di evangelizzazione.

II. In piedi sotto l’albero

27. Abramo si ritrova in piedi presso i suoi ospiti sotto l’albero, dopo che in poco tempo, così sembra dalla descrizione frenetica del testo, ha preparato per loro un vero banchetto. Il desiderio di compiere il dovere sacro dell’ospitalità ha fatto smuovere, in Abramo e in tutti i suoi familiari, ogni giuntura dei corpi e delle menti, ma soprattutto dei cuori.

28. L’attività apostolica e pastorale non è solo contemplazione ma anche attività, corale, anche frenetica, operativa, efficiente ed efficace.

29. Abramo riesce ad organizzare l’accoglienza perché è già organizzato: un’organizzazione semplice, quella che può avere una tenda e un piccolo clan, ma organizzazione che consenta di far fronte alle necessità.

30. È ciò che si richiede alle nostre parrocchie. Che abbiano spazi, strumenti, risorse per accogliere, promuovere e programmare. È significativa la lavanda dei piedi agli ospiti, come segno di apertura e servizio verso lo straniero e il diverso, che porta con sé un’impronta indelebile e incancellabile: quella di figlio di Dio, fratello e amico di ognuno di noi.

31. Le nostre parrocchie devono essere più accoglienti ed ospitali. Spesso sembra prevalere l’aspetto aziendale e organizzativo, rispetto a quello più cristiano e cordiale. Sono aspetti che devono stare in equilibrio, tenendo sempre presente il bene di chi ci sta davanti.

32. Il pranzo imbandito da Abramo e la sua famiglia fa pensare molto al nostro convito eucaristico: l’accoglienza festosa è presupposto e fondamento della condivisione della mensa in cui viene dato a tutti il cibo del Pane e della Parola. Non sembri superfluo ribadire la centralità dell’Eucaristia e dell’ascolto della Parola. È proprio lì che abbiamo la promessa, la rivelazione del disegno di Dio, la comunicazione del suo progetto di salvezza per ogni uomo e quindi per ciascuno di noi.

33. Quando Abramo ha preparato tutto, resta in piedi e vede mangiare i suoi ospiti. È l’atteggiamento che dovremmo avere noi operatori pastorali; sempre pronti e vigilanti. Abramo, ora che ha assolto anche dal punto di vista pratico al dovere dell’accoglienza, si predispone all’ascolto e attende con impazienza l’annuncio di quelle novità che cambieranno la sua vita e la sua storia, e che saranno l’inizio di una vita e di una storia di un popolo nuovo.

34. Stare in piedi è l’atteggiamento di chi sa che non è ancora finito il suo compito, che è sempre in procinto di essere chiamato a svolgere altre mansioni. Sul piano pratico, a livello ecclesiale e parrocchiale questo richiede anzitutto una rinnovata attenzione alle nostre Celebrazioni, secondo quanto ho scritto anche nel documento “Dignità e decoro delle Celebrazioni Liturgiche”, senza bisogno che venga di nuovo ripetuto. La cura dei luoghi, il canto, una buona predicazione, l’attenzione alla carità e alle missioni, sono aspetti da curare maggiormente e senza mai abbassare il livello di guardia. Vuol dire anche capacità di operare cambiamenti nei modelli comportamentali e negli approcci con i nostri fedeli: non possiamo dare sempre per scontato che tutti siano disposti ad accoglierci e ad ascoltarci.

35. Durante il pranzo gli ospiti di Abramo introducono il dialogo che sanno sarà poco piacevole, perché toccheranno un argomento che potrebbe ferire i due anziani coniugi: quello del figlio e della discendenza. Cercano la moglie che è dietro ad Abramo e ascolta tutto, ascolta la promessa di un figlio. Le promesse di Dio superano ogni attesa umana e suscitano a volte anche ilarità. Abramo è vecchio e Sara si chiede se ancora potrà provare il piacere dell’unione con il marito.

36. L’annuncio della Parola deve sempre partire, sul piano pratico, da ciò che interessa e sta a cuore alla nostra gente, suscitare l’interesse, perfino sfiorare l’impossibile.

37. È vero che in questo testo Dio è attento alla vicenda di una famiglia per costruire un popolo, ma è anche vero che forse un’attenzione più mirata alla famiglia ci darà la possibilità di ricostruire e rimodellare le nostre comunità. Dobbiamo anche, per certi versi, non accontentarci più di edificare le nostre comunità partendo dalle comunità stesse, ma dalle famiglie come cellule primordiali. A volte non abbiamo le comunità perché non ci sono più famiglie. Le Vicarie devono escogitare modalità e occasioni per far riflettere sulla famiglia, con i giovani e con le famiglie stesse. La prima cosa che dobbiamo fare noi sacerdoti, anzitutto, è di conoscere bene i documenti del Magistero in tale ambito, soprattutto per quanto riguarda i casi difficili e le soluzioni che vengono proposte, così pure le accortezze pastorali da adottare per avvicinare famiglie in difficoltà e in crisi. In questo ambito il Consultorio Familiare di ispirazione cristiana e il Servizio diocesano per la Pastorale Familiare devono essere coinvolti dalle parrocchie e devono saper proporre significative iniziative in tal senso.

III. Accompagnamento e congedo

38. Vorrei ora occuparmi dell’ultimo e per certi versi inquietante versetto del brano che abbiamo esaminato. Gli uomini vanno a contemplare Sòdoma dall’alto ed Abramo li accompagna e li congeda.

39. Contemplare Sòdoma dall’alto è come dire: non c’è più speranza, si va a vedere ciò di cui non rimarrà più nulla. Il peccato di Sòdoma non fu solo quello della inospitalità e, per certi versi, di un uso distorto della libertà – diciamo così – ma fu soprattutto una totale mancanza di attenzione da parte di tutti al richiamo del Signore. A volte il nostro mondo e la nostra società sembrano come Sòdoma, cioè sordi al richiamo di Dio, al suo messaggio, alla sua Parola; ma noi sappiamo che, in realtà, non è così.

40. Per non essere pessimisti, ma aperti al bene e al futuro, possiamo interpretare in questo modo il versetto: la vista di Sòdoma è una «minaccia», più che un ineludibile destino, per la nostra società e per la Chiesa, e sarà scongiurata nella misura in cui sapremo optare seriamente per il Vangelo e per il Signore. Ma l’icona, se così vogliamo chiamarla, che ci “prefigura” in certo senso, è quella di Abramo, che accompagna, fino alla soglia, fino al limite, e poi, fatto ciò che doveva fare, si tira indietro con onestà e rigore. Ha fatto quanto doveva, forse avrà qualche rimorso e qualche rimpianto, ma si è fidato del Signore e gli ha risposto con generosità.

41. L’atteggiamento di Abramo è anche prefigurazione del mio stato d’animo di pastore di questa Chiesa da ormai quasi sedici anni. Anche se so di avere ancora del tempo, sono anche consapevole che è molto di più quello che è passato che quello che mi resta come Vescovo di questa Comunità. Non è ancora tempo, ritengo, di fare bilanci, ma di fornire qualche ulteriore stimolo per l’azione pastorale e l’evangelizzazione del nostro popolo. Pertanto, ritengo di proporre alla Chiesa di Rieti un progetto pastorale che si articolerà in sette anni, senza voler caricare i miei successori e la stessa Diocesi di oneri che, se vorranno, potranno benissimo lasciar cadere.

42. Abbiamo visto che negli ultimi tempi la Santa Sede ha indetto, a seconda delle ricorrenze e delle necessità, degli «Anni» dedicati ora all’uno ora all’altro tema. Negli ultimi due la nostra Diocesi ha vissuto un anno Eucaristico e, a livello universale, vivremo l’Anno della Fede che sta per iniziare. Anche a seguito della mia lettera ai Cresimandi, «Sette più sette uguale l’arcobaleno della vita», in cui ho illustrato in modo dialogico sia i sacramenti che i doni dello Spirito, vorrei proporre un programma pastorale che sia proprio impostato sui sacramenti, che sono i beni a noi più cari, a ciascuno dei quali si può associare uno dei doni dello Spirito, secondo quanto indicato nella tabella. Ogni sacramento dovrebbe servire, nel corso dell’anno, ad approfondire anche aspetti sociali, ecumenici, interreligiosi, interculturali, oltre che teologici, biblici e catechetici, coniugato anche secondo il “dono” corrispondente. Non mi dilungo nel presentare per ogni singolo sacramento-dono ogni aspetto che può essere approfondito; mi limito solo a presentarli sommariamente in una tabella, tenendo presente che questi saranno i contenuti, declinati sempre con quegli “indicatori” di cui parlavo nella lettera “Ora vi precede in Galilea”: formazione, comunione e comunicazione.

43. Si tratterebbe ogni anno di approfondire un sacramento sotto varie angolature, come stiamo facendo in questo anno Eucaristico e come dovrebbe avvenire in occasione del Congresso Eucaristico. Ogni ufficio di curia per le sue competenze, ogni parrocchia e ogni vicaria sarebbero guidati a cogliere i molteplici aspetti di questo nostro ricco patrimonio di fede e di cultura.

44. Per quanto riguarda l’aspetto celebrativo di alcuni sacramenti intendo pubblicare, a breve, alcune indicazioni, poiché ho notato che ancora si fa fatica a distinguere ciò che è doveroso compiere tutti allo stesso modo e ciò che è possibile cambiare. Darò indicazioni sulle modalità di ornare le chiese, di disciplinare il canto dei solisti e delle musiche, e per orientare fotografi e cineoperatori in occasione di Battesimi, Cresime e Matrimoni.

45. Non posso concludere senza fare uno schema sulle necessità improcrastinabili delle parrocchie, sotto il profilo amministrativo e pastorale.

Conclusione

Ho scelto come criterio guida di questo documento la brevità, la sintesi, l’aggancio alla Scrittura, l’aderenza alla vita pratica e ai problemi dell’esistenza dei singoli e delle comunità. Non ho voluto usare un linguaggio troppo ecclesiale o troppo esegetico, ho evitato annotazioni e richiami che possono distrarre dalla lettura. Lo ritengo, tuttavia, denso e operativo, aperto al futuro e ottimista, almeno per alcuni aspetti.

Esso, come altri documenti richiede di essere assimilato, comunicato, digerito, attuato, anche con un po’ di fiducia nei confronti del Vescovo. Lo affido ai sacerdoti, anzitutto, ai diaconi e a tutti gli operatori pastorali; lo affido ai nostri Santi e principalmente alla Beata Vergine Maria, della quale tutti sperimentiamo la vicinanza materna e la sollecitudine della fede.

A tutti impartisco di cuore la benedizione del Signore!

Rieti, 9 settembre 2012
Solennità della Dedicazione della Basilica Cattedrale