92. “Caritas in Veritate”. Papa Benedetto XVI e il danno del “supersviluppo” arrecato allo sviluppo autentico

Una delle questioni centrali nella riflessione del Magistero della Chiesa è quella relativa al rispetto della libertà religiosa.

Nella Caritas in Veritate, Benedetto XVI, esponendo la sua riflessione circa lo sviluppo umano, tocca gli aspetti strettamente legati a questioni di bioetica, ma affronta in modo deciso anche il difficile capitolo della libertà religiosa. Sostiene che le due realtà sono collegate e l’una esprime il progresso e l’avanzamento dell’altra. Poter professare la propria fede nel rispetto delle convinzioni altrui e delle norme vigenti in un contesto condiviso da comunità diverse, è il segno evidente del percorso che l’umanità sta compiendo verso lo sviluppo pieno e integrale. È cronaca di questi giorni, purtroppo, lo scenario che invece si afferma se non si è attenti alla dimensione fondamentale della libertà religiosa.

È chiaro che molti conflitti sono solo apparentemente di origine religiosa. Spesso le vere cause delle guerre e delle contrapposizioni, anche le più violente, risiedono in interessi economici enormi, mascherati ad arte in modo da far ricadere colpe e moventi su popoli e comunità storicamente lontane e avversarie per problematiche di carattere religioso. I burattinai occulti di molte guerre e conflitti rimangono nascosti e solo il proseguo delle vicende umane permette di svelarli. Ma avviene tardi, spesso quando i responsabili non ci sono più o si sono resi irriconoscibili e imprendibili. A questo proposito il principio, più volte affrontato dal magistero della Chiesa, della legittimità dell’uccisione in nome del sacro nome di Dio, è da rigettare senza incertezze e con assoluta fermezza.

L’Enciclica sviluppa ulteriormente il tema della negazione del diritto alla libertà religiosa: se da una parte la violenza «frena lo sviluppo autentico e impediscono l’evoluzione dei popoli verso un maggiore benessere socio-economico e spirituale» e «blocca il dialogo tra le Nazioni e distoglie grandi risorse dal loro impiego pacifico e civile», dall’altra «la promozione programmata dell’indifferenza religiosa o dell’ateismo pratico da parte di molti Paesi contrasta con le necessità dello sviluppo dei popoli, sottraendo loro risorse spirituali e umane” (n. 29). Promuovere l’uomo, in quanto creatura di Dio, è l’unica ragionevole strada che conduce allo sviluppo umano. Viceversa, secondo il Papa, si scade e ci si rinchiude nella riduttiva ottica dell’incremento o, al massimo all’interno di una semplicistica e casuale prospettiva evolutiva.

Se «l’uomo fosse solo frutto o del caso o della necessità, oppure se dovesse ridurre le sue aspirazioni all’orizzonte ristretto delle situazioni in cui vive, se tutto fosse solo storia e cultura, e l’uomo non avesse una natura destinata a trascendersi in una vita soprannaturale, si potrebbe parlare di incremento o di evoluzione, ma non di sviluppo». L’ottica appena descritta capita di rintracciarla sia nei Paesi economicamente sviluppati che in quelli emergenti, uniti nel progresso tecnico e scientifico, soprattutto nel rapido accumulo di ricchezze, produzione e espansione economica nei mercati mondiali. Uniti purtroppo anche in questa banalizzazione di una delle questioni più importanti che interessano l’umanità, anzi la più importante: l’uomo e il suo destino. «È il danno che il “supersviluppo” procura allo sviluppo autentico, quando è accompagnato dal “sottosviluppo morale”». Un principio che se guida la società si traduce in un’imposizione di forme di ateismo pratico ad intere comunità umane.

Tutto questo comporta la sottrazione, o quanto meno il depotenziamento, di quella forza morale e spirituale indispensabile per impegnarsi in modo personale e associato, nello sviluppo umano integrale. Tra le pieghe di siffatta ambiguità, si cela l’azione di coloro che meglio sanno sfruttare il disorientamento umano, ingannando e illudendo, non favorendo la riflessione interiore intorno all’esistenza umana