48. Il messaggio finale della Centesimus Annus

Senso e valore della Dottrina Sociale e centralità dell’uomo nella riflessione della Chiesa.

L’uomo di cui parla la Chiesa non è “astratto” ma “reale”, legato e inserito nella concretezza della storia, nella gioia e nel dolore della sua esistenza. Diversamente non potrebbe essere perché si tradirebbe l’esempio principe e l’indicazione fondamentale di Gesù stesso: farsi uomo tra gli uomini, condividere con essi tutto fuorché il peccato. Incarnare questo messaggio significa occuparsi dell’uomo in ogni circostanza e con tutti i mezzi, anche quindi tramite i pronunciamenti del magistero, tutti orientati a sposare l’uomo nella sua concretezza storica. Non a caso, papa Leone XIII, parlando della questione sociale, affermava “Affrontiamo con fiducia questo argomento e con pieno nostro diritto … Ci parrebbe di mancare al nostro ufficio se tacessimo” (R. Novaruma n. 107). Scopo unico della Chiesa, per usare le parole di papa Giovanni Paolo II, è quindi “(…) la cura e la responsabilità per l’uomo, a lei affidato da Cristo stesso, per questo uomo che, come il Concilio Vaticano II ricorda, è la sola creatura che Dio abbia voluto per se stessa e per cui Dio ha il suo progetto, cioè la partecipazione all’eterna salvezza” (Centesimus Annus n. 53). È l’uomo la via della Chiesa, il centro della missione affidatele da Cristo, il centro anche della Dottrina sociale, nient’altro, né sistemi economici, né sistemi filosofici o politici, solo l’uomo. Le Scienze Umane e sociali sono importanti e di supporto per capire come l’uomo è inserito in società e quali problematiche lo riguardano, ma solo la fede “gli rivela pienamente la sua identità vera”. Per questo, continua il papa, la dottrina sociale ha un valore di evangelizzazione, annuncia infatti Dio ed il mistero di salvezza, rivela l’uomo a se stesso e quindi ha pieno di diritto di parlare di diritti umani, “(…) della famiglia e dell’educazione, dei doveri dello Stato, dell’ordinamento della società nazionale e internazionale, della vita economica, della cultura, della guerra e della pace, del rispetto alla vita dal momento del concepimento fino alla morte” (n. 54). A partire da questa impostazione lo sguardo quindi si allarga, si tratta di approfondire la questione dell’antropologia cristiana. Se il senso dell’uomo è svelato all’uomo stesso nel rapporto con Dio in quanto suo creatore, come infatti ricorda papa Paolo VI quando afferma che «Per conoscere l’uomo, l’uomo vero, l’uomo integrale, bisogna conoscere Dio», la stessa antropologia cristiana risulta un capitolo della teologia. Da ciò si deduce che anche la dottrina sociale della Chiesa appartiene alla teologia e in particolare della teologia morale. Si tratta di far emergere i punti di riferimento fondamentali per rispondere ad altre visioni sull’uomo: dall’ateismo ai sistemi legati al consumismo fino a quelli permissivisti. La Chiesa infonde nella società gli anticorpi necessari per reagire a tutte quelle dimensioni umane che non si aprono alla trascendenza e sviluppano una prospettiva egoista e narcisista piuttosto che solidale e altruista. Per questo la Dottrina sociale va diffusa, conosciuta e applicata non solo nei paesi civilizzati e moderni ma anche e soprattutto in quelli dove la democrazia e la libertà rimane un miraggio, dove lo sviluppo economico non ha raggiunto quei livelli minimi per assicurare un benessere generalizzato, dove i diritti umani non sono rispettati. La preoccupazione di papa Giovanni Paolo II riguarda le difficoltà che incontra una tale diffusione nonché il ritardo che si accumula anno dopo anno nei confronti dei paesi più sfortunati. Al centro rimane infatti la scelta preferenziale per i poveri, in esso la Chiesa vede Cristo, tale scelta “(…) non è mai esclusiva né discriminante verso altri gruppi. (…) la povertà minaccia di assumere forme gigantesche. Nei Paesi occidentali c’è la povertà multiforme dei gruppi emarginati, degli anziani e malati, delle vittime del consumismo e, più ancora, quella dei tanti profughi ed emigrati; nei Paesi in via di sviluppo si profilano all’orizzonte crisi drammatiche, se non si prenderanno in tempo misure internazionalmente coordinate” (n. 57). La Dottrina sociale è sempre più elemento di riflessione e ispirazione per politiche vicino al povero. Non si tratta tanto di sostenerlo con il superfluo, ma di praticare la giustizia a cui egli legittimamente aspira. Occorre andare oltre il superfluo: “(…) cambiando gli stili di vita, i modelli di produzione e di consumo, le strutture consolidate di potere che oggi reggono le società” per creare straordinarie occasioni di maggior benessere. Oggi, più di ieri, è possibile “andare oltre il superfluo” perché siamo di fronte ad un’internazionalizzazione dell’economia come mai è accaduto nella storia dell’umanità, è quindi il momento delle scelte che potranno fondare un futuro e un ordine diverso a favore dell’edificazione del bene comune, non più circoscritto ad una città o ad una nazione, ma la mondo intero.