101. “Caritas in Veritate”. Della redistribuzione

Papa Benedetto XVI nella “Caritas in Veritate”. La globalizzazione deve favorire la redistribuzione della ricchezza, non della povertà.

Nella “Caritas in Veritate”, Benedetto XVI pone il tema della globalizzazione al centro della riflessione. La prima considerazione che intuitivamente è immediatamente accettabile, anche solo per conoscenza di senso comune, riguarda il fatto che l’interpretazione della globalizzazione non può essere ridotta alla “semplice” lettura in termini economici. La dimensione socio-economica è certamente importante ma non è l’unica. Il Papa sottolinea che «sotto il processo» si trova una umanità costituita da «da persone e da popoli a cui quel processo deve essere di utilità e di sviluppo».

In continuità con i principi e le indicazioni che da sempre ispirano la Dottrina Sociale della Chiesa, si sottolinea quindi la bontà del processo nella misura in cui è a servizio dell’umanità, non per pochi eletti straricchi che fanno del mondo il proprio giocattolo; la globalizzazione non è né buona né cattiva, essa «Sarà ciò che le persone ne faranno». L’indicazione è chiara: gli effetti della globalizzazione devono essere ricompresi all’interno dell’utilità sociale e lo sviluppo dei popoli, altro e diverso orizzonte è aberrante e antievangelico. La parola chiave in questa sfida epocale è “responsabilità”.

Afferma il Papa: «La verità della globalizzazione come processo e il suo criterio etico fondamentale sono dati dall’unità della famiglia umana e dal suo sviluppo nel bene». Questo significa che occorre confrontarsi con culture, storie, vicende umane che necessitano di essere lette con discernimento e rispetto. L’orientamento personalista e comunitario, «aperto alla trascendenza, del processo di integrazione planetaria», deve essere il fattore ineludibile di ogni politica economica mondiale.

Una tale indicazione non è tanto e solo provocatoria, ma soprattutto scomoda e considerata pericolosa per le regole del libero mercato. Eppure Papa Benedetto XVI insiste: «Non dobbiamo esserne vittime, ma protagonisti, procedendo con ragionevolezza, guidati dalla carità e dalla verità».

I processi collegati alla globalizzazione sono una grande opportunità, una grande occasione per permettere la redistribuzione della ricchezza in un modo mai conosciuto prima dall’umanità. «Se mal gestiti, possono invece far crescere povertà e disuguaglianza, nonché contagiare con una crisi l’intero mondo» in un modo mai conosciuto prima dall’umanità.

Oggi le forze che possono davvero cambiare le sorti dei popoli poveri sono disponibili e potenzialmente possibili più che in passato, sono anche e soprattutto di carattere materiale, «ma di esse hanno finito per avvalersi prevalentemente gli stessi popoli dei Paesi sviluppati, che hanno potuto sfruttare meglio il processo di liberalizzazione dei movimenti di capitali e del lavoro».

Ci si può fermare e tornare a guidare il processo con responsabilità solidale. L’anima antropologica ed etica, continua il Papa, non può essere oppressa da impostazioni individualistiche e utilitaristiche, deve piuttosto sospingere la globalizzazione verso traguardi di umanizzazione solidale. Occorre quindi riconoscere che la globalizzazione è un processo multidimensionale e che la dimensione teologica deve essere presa in forte considerazione per evitare al mondo intero di perdere questa grande occasione che sta attraversando, per combattere povertà e ingiustizia.